Paolo Albani
IL REGNO DELL'AMBIGUO
LEZIONI E ESERCITAZIONI DI LUDOLINGUISTICA
«Ludolinguistica»:
parola che lo Zingarelli registra datandola
al 1998: «Branca della linguistica che si occupa di giochi di parole
e combinazioni lessicali».
Mentre l’enigmistica
costruisce in prevalenza indovinelli sui giochi di parole, la ludolinguistica
si occupa di giochi di parole in sé. Vedremo la classificazione
dei giochi di parola elaborata da Giampaolo
Dossena, uno dei massimi esperti nel campo dei giochi (per
chi volesse saperne di più, su ogni tema affrontato, offrirò
dei cenni bibliografici).
«In principio
era il gioco di parole», dice Samuel Beckett
nel romanzo Murphy.
Dunque, riguardo
ai giochi di e con le parole, mi occuperò principalmente di Letteratura,
ovvero di come il gioco linguistico è stato affrontato, trattato,
sviscerato dagli scrittori, da alcuni scrittori naturalmente.
Quando si parla di Letteratura si è coscienti
di entrare in un campo minato, perverso. In letteratura non ci sono soluzioni
da ricercare, è un mondo, uno spazio comunicativo aperto all’imprevisto,
all’inverosimile, al falso, all’inconcluso, ecc.
«Letteratura è un gesto non solo arbitrario,
ma anche vizioso: è sempre un gesto di disubbidienza, peggio un
lazzo, una beffa» (Giorgio Manganelli).
Il gioco di parole,
sostiene Tzvetan Todorov, «confina
con l’anormale: è la follia della parola».
Ecco, mi piacerebbe
affrontare alcuni aspetti bizzarri, insoliti, inconsueti, appunto anomali
del linguaggio, dal punto di vista sia grafico che fonetico, soffermarmi
sugli slittamenti e sugli spiazzamenti comici che il linguaggio offre,
sulle sue potenzialità inventive, e allo stesso tempo ri-creative,
e vedere tutti questi aspetti, questi fenomeni attraverso l’esperienza
di alcuni scrittori. Partire da qui per fare alcuni esercizi.
I surrealisti
ad esempio hanno dato una grande importanza al gioco con le parole. André
Breton non amava la parola «invenzione», parlava
invece di «rivelazione», (inaspettata
apparizione di qualità in una persona): il gioco di parole è
tonico, stimolante perché risveglia significati nascosti, svela,
suscita, rianima significati che abbiamo represso, taciuto...
Raymond
Roussel, un precursore dei surrealisti, ha svelato in un
testo intitolato Come ho scritto alcuni dei miei libri che lui,
in estrema sintesi, partiva da due frasi con parole simili, ma con doppio
significato per scrivere un racconto che cominciasse con la prima e finisse
con la seconda.
Vi parlerò
dunque, fra le altre cose, di letteratura
potenziale e dell’OuLiPo
(Ouvroir de Littérature Potentielle, tradotto in italiano
con Opificio di Letteratura Potenziale;
propriamente ouvroir in francese
designa il laboratorio di cucito in un convento di monache o in un istituto
di beneficenza), una singolare consorteria di letterati - fra di essi Raymond
Queneau, Georges Perec,
Italo
Calvino - dediti a escogitare bizzarre invenzioni partendo da
regole formali severamente costrittive, improntate a uno spiccato gusto
matematizzante. Vi parlerò dell’esperienza oulipiana per mettere
in luce come la creatività, la fantasia trovino uno stimolo nel
rispetto di regole, più
o meno esplicite, come quando ad esempio si scrive un testo senza mai usare
una determinata lettera (lipogramma), vincolo magistralmente messo in atto
ne La disparition di Perec.
Più in generale
vi parlerò degli aspetti nutritivi dell’ambiguità
del linguaggio (come recita il titolo di questo di ciclo d’incontri), anche
di quello visivo (pensate alle illusioni ottiche), capaci di risvegliare
la nostra attenzione, di sollecitarci a uno sforzo interpretativo che si
rinnova di continuo, perché le parole, a ogni successiva lettura
di un testo (pensate a una poesia), si caricano di nuovi significati, perché
l’ambiguità linguistica crea effetti di sorpresa, benefici spaesamenti
nella nostra mente, cortocircuiti immaginativi.
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