A GEORGES PEREC Biblioteca Oplepiana n. 34 (2012) _________________________________________ I miei contributi a questa plaquette sono: Paolo Albani JE ME SOUVIENS VISUELLEMENT DE GEORGES PEREC (texte qui appartient au genre artistique du fragment) Le contraintes
sono: 1. una sorta di «anafora visiva» consistente nell’uso ripetuto di alcune foto
di Perec (allo stesso modo in cui si ripete Je
me souviens nell’omonimo testo dello scrittore francese) che lo ritraggono
di fronte o di profilo, tutte eccetto una (clinamen); l’ultima foto infatti
ritrae Perec di schiena, racchiusa nel disegno raffigurante la tessera di un
puzzle, ulteriore omaggio all’autore di La vie mode d’emploi; 2. le
foto non sono mai presentate per intero, bensì in forma di frammento; da qui il
rimando all’arte del frammento (si pensi in letteratura allo Zibaldone di Leopardi e nelle arti
visive alla tecnica del collage) che contraddistingue l’originale Je me souviens perecchiano (ma non solo
quello), dove la lista dei ricordi è appunto una serie di brevi racconti frammentari,
senza alcuna concatenazione logico-narrativa. _________________________________________
SUI COMPORTAMENTI BIZZARRI TENUTI NELLA SFERA DEL PRIVATO Risultati dell'inchiesta "Demostar" Il questionario sottoposto ai soggetti del campione è stato approntato su un’unica domanda aperta, formulata in questi termini: Quali comportamenti strani, curiosi,
bizzarri siete soliti effettuare in privato, magari davanti allo specchio del
bagno mentre vi lavate i denti o in cucina quando state preparando la cena o durante
una pausa di lavoro al computer, o in macchina viaggiando da soli, azioni che
mai vi verrebbe in mente di compiere in pubblico, nemmeno in presenza dei
vostri cari o degli amici più intimi? Le risposte raccolte dall’agenzia Demostar (tutte rigorosamente anonime) sono interessanti perché fotografano da un angolo visuale inconsueto, e perciò stesso aperto a riflessioni innovative, una dimensione psicologica del singolo che si esterna in condizioni di assoluta intimità e riservatezza, vale a dire in uno stato psico-fisico ove più attenuati si presentano i freni inibitori e le autocensure di carattere socio-culturale. Dall’indagine svolta dalla Demostar emerge un primo dato significativo: i gesti più diffusi, e se vogliamo anche i più attesi e prevedibili, messi in atto nel privato, cioè al riparo da occhi indiscreti, riguardano in primo luogo la «sfera corporale» e sono suddivisi in: a) comportamenti corporali in senso stretto (33% del campione): a1) bassi: espettorazioni; fuoriuscita rumorosa di gas intestinali; investigazioni prolungate delle parti intime; pulizia manuale di entrambe le cavità del naso e dei padiglioni auricolari con relativa minuziosa osservazione del materiale organico (muco e cerume) estratto; a2) ginnici: strofinamento della schiena sullo stipite di una porta o sullo spigolo di un muro; lucidatura di una scarpa sul pantalone dell’altra gamba; frequente è anche la pratica di appoggiare una mano nell’incavo del braccio opposto a quello della suddetta mano e tenuto piegato, così da riprodurre il classico «gesto dell’ombrello», gesto solitamente rivolto all’indirizzo di un fantomatico interlocutore con cui il soggetto finge di dialogare e a cui si rivolge con un perentorio: «Tiè»; b) comportamenti espressivi (27,4% del campione): b1) facciali: occhi torti o alla cinese; gonfiamento delle gote accompagnato da sguardo ebete; espressioni di odio rivolte alla propria immagine riflessa nello specchio apostrofandosi: «Idiota! Fallito!» (classe degli autodistruttivi corrispondente a un 8,9% del sottocampione); viceversa lancio di bacini verso se stesso esclamando: «Bello! Sei bello!» (classe dei narcisisti, 18,1% del sottocampione); b2) circoscritti alla bocca: linguacce alla maniera di Einstein; smorfie di vario genere quale dilatazione estrema della bocca con gli indici delle mani; sbadigli colossali con arruffamento dei capelli per assumere l’aria da musicista esaltato o scienziato pazzo; c) comportamenti vocali (18,6% del campione): c1) propriamente sonori: imitazioni di versi di animali, in particolare di galline (nelle risposte del questionario si sprecano i «coccodè» e i «chicchirichì») e di scimmie con relativa grattata in testa; altre onomatopee (tipo «pereperepepè»; «trallalero trallalà»; ecc.); parole in libertà alla maniera futurista; urla improvvise, assordanti e spaventose; c2) ludico-infantili: filastrocche prive di senso (sulla falsa riga del celebre: «Ambarabà ciccì coccò, tre civette sul comò», analizzato da Umberto Eco); scioglilingua; cantilene; forme esotiche di grammelot (come nel caso di un macellaio di Ravenna, dal fisico corpulento, cui piace nel privato parlare in finto giapponese, muovendosi nella stanza con le cadenze tipiche dei lottatori di sumo e come questi assumendo atteggiamenti minacciosi). Il 13,8% del campione dichiara di lasciarsi andare spesso a movimenti disordinati e ridicoli quasi sempre compiuti sotto l’effetto di musiche frenetiche tipo twist, rock and roll, boogie-woogie, samba, ecc., ascoltate a volume altissimo, movimenti che producono figure e passi coreografici completamente improvvisati e a volte pericolosi, fonte spesso di cadute maldestre, come quando lo scatenamento danzante si verifica all’interno di un box doccia. Nella relazione della Demostar sono indicati con il termine di comportamenti scomposti. Un meccanico di 24 anni, abitante in provincia di Belluno, scrive che quand’è contento perché magari ha ricevuto una telefonata affettuosa della sua ragazza o ha vinto dei soldi al totocalcio o al bingo, per manifestare la sua gioia si mette a ballare intorno a un tavolo di cucina alla maniera degli indiani d’America quando invocano la pioggia e lo fa come si vede nei film western, saltellando piegato in due, le braccia che vanno avanti e indietro ritmando il canto propiziatorio dei pellerossa: «Eia eia eia eia! Eia eia eia eia ah!» C’è poi un 7,2% del campione che afferma di non saper resistere, quando si trova da solo, alla melodia di un ritornello che gli è entrato nella testa e lo perseguita ossessivamente, e di mettersi a canticchiarlo per ore e ore e di continuare a farlo, visto che tanto non può infastidire nessuno, fino alla nausea, in modo martellante. Sono questi i comportamenti definiti musicali. In una delle risposte al questionario della Demostar una signora di Lucca scrive che una volta, per tutto il tempo in cui ha rimesso a posto le piante di una serra, da sola in campagna, ha cantato per 5 ore e 39 minuti di fila, senza interrompersi mai e senza riprendere fiato, il ritornello: «Vamos a la playa / oh, oh, oh, oh, oh / vamos a la playa / oh, oh, oh, oh, oh». Una piccola percentuale di quel 7,2% del campione confessa poi che a volte gli succede di ripetere come un automa, mentre è impegnato in occupazioni domestiche, slogan pubblicitari o frasi sconnesse, incomprensibili. In quest’ultimo caso si tratta quasi sempre di parole storpiate di canzoni straniere, per lo più inglesi, o di brani sbagliati - «Amami, Alvaro, quant’io ti bramo… Addio.», «Va, sentiero, sull’Alpi dorate…» - di libretti di opere liriche. Ecco il
grafico in cui sono riassunti i risultati dell’indagine Demostar (naturalmente
le percentuali si riferiscono alle varie tipologie di «comportamenti bizzarri tenuti
nella sfera del privato»):
_____________________________________
_________________________________________
HOME PAGE TèCHNE RACCONTI POESIA VISIVA |