Oplepo
La
Biblioteca Oplepiana
primo volume
Zanichelli 2005
Il volume, pp. 668, € 48,00, raccoglie
ventiquattro
"esercizi" dell'Oplepo,
cioè le plaquettes
oplepiane
uscite
dal 1990 fino al 2005.
Sommario
Edoardo Sanguineti
Introduzione
Alla domanda "cosa e la poesia?",
la mia tesi può riassumersi
molto brevemente in questa formula: la poesia è una
mnemotecnica,
una tecnica del ricordo, un'arte della memoria.
Alla domanda: "allora, perché la contrainte?",
"perché
la contrainte poetica in particolare?", può rispondersi
che
questa ha una finalità precisa: si usano delle contraintes
per meglio memorizzare. Naturalmente le diverse culture producono, nei
diversi tempi, differenti modalità, perché la memoria
umana
non esiste come tale in assoluto, ma vi sono varie mnemotecniche che si
adattano plasticamente nello spazio e nel tempo e producono, quindi,
nozioni
e pratiche molto diverse da quello che potrei chiamare in modo generico
"verso" e, ancora, categorie metriche accompagnate da differenti
prescrizioni;
in comune c'è precisamente una contrainte. Tutto
ciò
può riguardare il numero, la lunghezza, la durata sillabica, i
modi
ritmici, l'impiego di allitterazioni o l'organizzazione strofica,
l'omoteleuto,
la rima, la costituzione di un lessico politico, radicalmente altro da
un lessico quotidiano.
La memoria di vita è socialmente definibile con tratti
storico-culturali.
Per qualcuno, per una cultura (non parlo di elementi individuali),
qualcosa
può essere agevolmente memorizzabile e altre cose impossibili a
ricordarsi; passando da una cultura all'altra, i criteri, i modi e le
forme
della memorabilità, dunque le contraintes che ne possono
nascere, sono totalmente diverse.
Cosa vale tutto ciò nel momento in cui si genera la scrittura?
quando, potrebbe dirsi, "la musa impara a scrivere". Evidentemente
tutte
queste contraintes mnemotecniche diventano superflue. Io
scrivo
un testo, non ho più bisogno di memorizzarlo. La scrittura, tra
l'altro, è un caso di notazione molto imperfetto; come devo
leggere
una poesia di Leopardi? La notazione scrittoria è infinitamente
più vaga rispetto al tipo di sistemazione che noi abbiamo
acquisito:
bene o male, io so come si deve eseguire Chopin, naturalmente in un
vasto
àmbito di interpretazionc, ma entro limiti contenuti.
«Sempre
caro mi fu quest'ermo colle», può invece essere letto in
mille
modi diversi perché, oltre tutto, non si dispone della
registrazione
della voce di Leopardi il quale, per altro, una volta lesse in pubblico
(si esibì a Bologna in una riunione diciamo arcadica o
accademica):
insomma, si tratta di partiture molto imperfette.
Le contraintes sono sopravvissute e il carattere mnemotecnico
della poesia rimane intatto; la poesia è fatta per essere
memorizzata
e, anche se ce l'ho lì scritta sulla carta, il corretto uso
della
poesia è quello: "io me la devo ricantare dentro..., altrimenti
non funziona".
Oggi si vive in un'età che aspira alla dissoluzione della contrainte
e fenomeni come quelli dell'Oulipo e dell'Oplepo si spiegano come
fenomeni
di reazione di fronte al per così dire "fa quel che vuoi", che
è
molto bello, rabelaisiano, secondo me, ma contemporaneamente genera il
terrore della libertà.
"Cosa fare?" E' la grande domanda che si pone, non solo ai politici,
ma a chiunque perché, se la tradizione non offre più
delle
contraintes
moralizzanti, salvo che minacciose, la responsabilità
dell'invenzione
dei comportamenti (e quindi anche sul terreno dell'arte), il "che
fare?"
diventa spaventevole, bisogna rifugiarsi nella contrainte.
Il passaggio dell'Oulipo e dell'Oplepo lo interpreto nel senso che
l'invenzione non è più nel testo, ma nella regola; io
devo
inventare la regola, il testo vale solo come sua esplicazione, laddove
prima la regola, la contrainte, era il punto di partenza, ma
essa
naturalmente esisteva e aveva senso perché produceva testi, qui
accade il contrario: ciò che è importante è la
regola,
il testo è relativamente indifferente.
La cultura moderna è davvero una cultura dell'anarchia, nel
senso forte della parola, cioè del rifiuto delle regole, salvo
quelle
che si autoelaborano: nascono così delle autocostrizioni e,
quanto
alle forme del passato, possono scriversi sonetti a patto di
considerarli
assolutamente innaturali. E' chiaro che, quando Carducci scriveva un
sonetto,
ci si ealava tutto dentro; ma, se un poeta d'oggi scrive un sonetto, sa
benissimo che è assolutamente innaturale e artificiale e pur
senza
pensare tutte le cose che ho detto fin qui e che fanno parte della mia
perversione soggettiva, deve sentire come non naturale questa forma,
deve
prendere le distanze, in qualche modo deve essere parodista. E la
parodia
è lo stato più avanzato del discorso sulla contrainte
che oggi, mi pare, si possa individuare.
Sul libro si vedano le recensioni di
Stefano
Bartezzaghi, Piergiorgio Odifreddi, Ennio Peres e altri.
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La
Biblioteca Oplepiana
secondo volume
Nel 2022 esce La Biblioteca Oplepiana, secondo volume, edita da in riga edizioni,
pp. 549, € 24,00, che raccoglie 12 plaquette oplepiane pubblicate dal 2005 al 2014, alle
quali, per quanto riguarda i collettanei, hanno partecipato anche alcuni
membri dell’Oulipo e dell’Oupeinpo (gruppi francesi, il secondo dedicato alla pittura potenziale), oltre a patafisici e altri cultori del potenziale.
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