Recensioni a
La Biblioteca Oplepiana
primo volume
Zanichelli 2005
«La Biblioteca Oplepiana», un
discorso
letterario sull'invenzione delle regole
LA SCIENZA
APPLICATA ALLA FANTASIA
di
Stefano Bartezzaghi
Chi leggendo un titolo come La
Biblioteca Oplepiana pensasse
che l'editore Zanichelli si sia inopinatamente dato alla letteratura
fantascientifica
anni Sessanta avrebbe certo torto: ma torto solo nel regno, poco
letterario,
dei Sensi Letterali e del Pane al Pane.
L'«Opificio di Letteratura Potenziale» (da cui l'acronimo
Oplepo, da cui l'aggettivo «oplepiana») non è
un'invenzione
transgalattica, né ha a che fare con i film in costume del
genere
peplum,
ma in fondo deriva proprio da un'idea anni Sessanta di scienza
applicata
alla fantasia.
L'idea era quella dei francesi dell'Oulipo, con l'incontro nel
1960 tra una letteratura a vocazione matematico-scientifica
(rappresentata
da Raymond Queneau) e una matematica a vocazione letteraria
(rappresentata
da François Le Lionnais): ed è un'idea che nel presente
volume
Edoardo Sanguineti (che dell'italiano Oplepo è attualmente
presidente
onorario) riassume con una formula: «L'invenzione non è
più
nel testo, ma nella regola: io devo inventare la regola, il testo vale
solo come sua esplicazione». Esempi di regola del gioco: scrivere
eliminando una lettera dell'alfabeto, ridurre poesie note alle
parole-rima
di ogni verso, costruire una macchina per scrivere aforismi.
Nell'attività degli oplepiani (almeno i maggiori: Queneau,
Perec,
Calvino) questa idea valeva come provocazione, spunto sperimentale di
laboratorio:
nelle loro opere maggiori il testo si prendeva poi la sua brava
rivincita
sulla regola, deviandone il decorso secondo il proprio personale clinamen.
L'esperienza italiana, animata da enigmisti e professori di
università
più che da scrittori, è nata trent'anni dopo, con intenti
dichiaratamente epigonali rispetto all'Oulipo (che nel frattempo
era sopravvissuto al proprio decennio d'oro, assestandosi a sua volta
su
dignitose posizioni di testimonianza).
Il volume di Zanichelli raccoglie i lavori dei membri dell'Oplepo
finora
uscite in plaquettes. Si registrano punte di virtuosismo con il
«Canto tenero» di Giuseppe Varaldo (poemetto in 56
endecasillabi
rimati, composto tramite una scirada continuata di nomi tratti dalla
mitologia)
e con le «Forme for me» di Elena Addomine (poesie
che
si possono leggere sia in italiano che in inglese); e punte di umorismo
con gli «slittamenti proverbiali» di Ermanno Cavazzoni, lo
scrittore capace di inventare regole che sono a loro volta parodie di
regole.
Lo slittamento proverbiale, in particolare, legge un romanzo parola per
parola e lo traduce in una demente sequenza di proverbi immaginari. Dai
Promessi sposi, «promessi» origina: «I
promessi
a due consorti, non s'illudan, sono già morti»;
«sposi»
origina: «Sposi bagnati, sposi fortunati»; la prima parola
«quel» origina: «Quel che mangia un solo bue,
più
non basta se son due»...
L'inesausta ammirazione dell'Oplepo per i suoi precedenti francesi
si esprime nel continuo riferimento a moduli anche editoriali inventati
dall'Oulipo. L'Oplepo reinventa l'Oulipo come l'Oulipo
reinventava la letteratura.
Ciò che può rendere questi giochi interessanti anche
per chi non fa parte dell'Oplepo è la possibilità di
ispirarsi
a essi per trovarne di propri, come esercizio di stile e scuola di
scrittura.
Nella pratica, l'esempio non pare abbastanza forte per riaffermare
l'idea
di una letteratura come campo di attività e non come rigurgito
di
anime belle. Proprio oggi ce ne sarebbe una grande necessità. Se
sia Queneau sia Calvino, ognuno a proprio modo, cercavano di sottrarre
almeno per il tempo di un gioco la scrittura al dominio mitico
dell'Autore,
questo feticcio è attualmente venerato tanto dallo star-system
letterario
quanto dai suoi pretesi antagonisti.
Recensione apparsa su la
Repubblica - Almanacco dei libri, 12
novembre 2005, p. 46.
Il volume Zanichelli sugli scrittori dell’Oplepo,
fondato
in Italia nel 1990
LA LETTERATURA
POTENZIALE
DELLA LINGUA INVENTATA
di
Mario Turello
Risale nel 1990 la fondazione, a
opera di Ruggero Campagnoli, Domenico
D'Oria e Raffaele Aragona, dell'Opificio di Letteratura Potenziale, in
acronimo Oplepo, sul modello dell'Oulipo, l'Ouvroir de
Littérature
Potentielle fondato trent'anni prima dal matematico-scacchista
François
Le Lionnais, che ebbe suoi membri, tra molti altri, Raymond Queneau,
Georges
Perec, Jacques Roubaud, Paul Fournel, Harry Mathews e il nostro Italo
Calvino.
Scopo degli oulipiani fu, ed è, quello di sperimentare nuovi
meccanismi
e forme di produzione letteraria attraverso l'adozione di nuove regole
(contraintes) lessicali,
grammaticali, strutturali arbitrarie quali l'acrostico,
il lipogramma, l'anagramma, il palindromo ed altre assai più
sofisticate,
derivate dalla matematica, dalla topologia, dalla combinatoria.
Le opere più note della letteratura oulipiana sono i Centomila
miliardi di sonetti e gli Esercizi di stile di Queneau, La
bella Ortensia di Jacques Roubaud e gli stupefacenti romanzi di
Perec:
La
vita. Istruzioni per l'uso, costruito su un complicato modello
scacchistico;
La
disparition, un lungo romanzo lipogrammatico in cui non compare mai
la vocale e, la più frequente in francese (impresa
difficilissima,
ma così ben riuscita che vi furono critici che lessero e
giudicarono
– positivamente – il romanzo senza accorgersi della “scomparsa”) e il
più
breve Les revenentes in cui invece la e è
l'unica
vocale utilizzata. E se tutta l'opera di Calvino, dalla trilogia degli
Antenati in poi, è intrinsecamente oulipiana in quanto
deliberatamente
soggetta a contraintes di varia natura, divertentissimi sono i
suoi
tours de force accolti nella Bibliothèque Oulipienne (sino a ora
sei volumi) e nell'Atlas de Littérature potentielle
(Gallimard),
o il saggio sulla letteratura come anticombinatoria, da leggersi
assieme
al celebre "Cibernetica e fantasmi".
Nel 1990, dunque, a imitazione dell'Oulipo nacque il nostrano Oplepo,
e negli anni successivi vi aderirono tra gli altri scrittori come
Ermanno
Cavazzoni ed Edoardo Sanguineti, matematici come Piergiorgio Odifreddi,
informatici come Marco Maiocchi: a questi ultimi si deve la creazione
di
Teano (Telematica, Elettronica e Analisi nell'Opificio), analogo al
francese
Alamo. Ma vi sono anche il Mupo (Musica Potenziale), il Pipo (Pittura
Potenziale),
il Cupo (Cucina Potenziale), il Lepopo (Letteratura Poliziesca
Potenziale)
e il Perpo (Performance Potenziale): laboratori tutti che applicano le
contraintes
oulipiane
e molte altre di nuova invenzione ricavandone performances stupefacenti
e per lo più divertentissime.
L'editore Zanichelli, che già tre anni fa propose Oplepiana.
Dizionario di Letteratura Potenziale, curato da Raffaele Aragona,
un
repertorio-campionario di mnemosonetti e rigrafie, ircocervi e
tautogrammi,
false etimologie e misteri obbligati, pubblica ora La Biblioteca
Oplepiana,
che fin dalla grafica s'impronta alla Bibliothèque Oulipienne e
raccoglie l'intera produzione quindecennale degli oplepiani: testi
apparsi
e sin qui rimasti dispersi in riviste e plaquettes, per un totale di
quasi
settecento fitte pagine. Ne indico alcuni tra i più curiosi ed
elaborati:
le prodezze fantafilologiche di Luca Chiti, che sovverte l'esegesi
dantesca
con la “scoperta” del Centunesimo canto della Divina commedia, composto
da versi disseminati nei cento conosciuti, e quella leopardiana
pubblicando
i brogliacci di ben quindici versioni – potenziali esperimenti metrici
del recanatese – dell'Infinito, da quella bisillabica a quella
in
settenari doppi (L'infinito futuro); i “misteri obbligati” di
Elerna
Addomine, Raffaele Aragona, Brunella Eruli, Piero Falchetta, Sal
Kierkia e Giuseppe Varaldo (sei prove di letteratura poliziesca
potenziale
scritti nel rispetto di regole cogentissime, dal numero di battute
all'ambientazione
al nome dei personaggi); i sonetti palindromici (Deliri edipici)
di Ruggero Campagnoli e i diari minimi di viaggio di Piergiorgio
Oddifreddi
(Riflessi in uno zaffiro orientale); il revisionismo
storico-artistico
di Giulio Bizzarri, che onora il suo nome in Art Caveau.
L'invisibile
pittura; i "mitografemi" di Giuseppe Varaldo e le “sestine per modo
di dire” in cui ben diciotto oplepiani riscrivono l'incipit dell'Isola
del giorno prima di Eco (uno degli anticipatori, anzi del “plagiari
per anticipazione” dell'Oplepo, con Tullio De Mauro, Nanni Balestrini,
Giorgio Manganelli, Edoardo Sanguineti, Rodolfo J. Wilcock e altri su
cui
si sofferma in prefazione Paolo Albani. Ma, osservo io, l'intera
tradizione
del manierismo letterario conosce fasi oulipiste: il poeta barocco
friulano
Leporeo, per esempio, motivava le sue oltranze formali in termini assai
prossimi ai manifesti dell'Oulipo). Il volume comprende brevi note
sugli
autori, una cronologia dell'Oplepo e una vasta bibliografia per quanti
vogliano costituire una biblioteca di letteratura potenziale.
Altro non aggiungo sui contenuti, che lascio al lettore scoprire e
godere nel loro serissimo carattere parodistico, sperimentale, ludico
(secondo
Gérard Genette, «tra le espressioni moderne della parodia,
o trasformazione testuale ludica, la più rilevante – e forse
quella
che più corrisponde alla definizione – ci viene fornita dalla
pratica...
oulipiana». Voglio piuttosto sottolineare il senso di queste
operazioni,
che sono ben più che ingegnosi divertissements. Come scrivono
Sanguineti
ed Eruli nell'introduzione al volume, l'adozione delle contraintes
come fondamento della creazione poetica e artistica nasce dal rifiuto
dell'idea
che essa dipenda da fattori esterni – la cosiddetta ispirazione – e
dalla
convinzione che sia piuttosto e innanzitutto un fatto di artigianato,
di
esercizio formale, di tecnica (secondo l'antica accezione di poiesis).
Un salutare richiamo alla padronanza dei mezzi espressivi, al paziente
lavorio, alla continua sperimentazione, soprattutto in un paese come il
nostro in cui si scrivono «belle storie» che «sono
poi
sempre storie da giornali femminili», come provocatoriamente
scriveva
Guido Almansi (C'è bisogno di Oplepo in Italia). E sottoscrivo
senz'altro
l'opinione di Raffaele Aragona: «Credo che se oggi vi sono
più
premi letterari di poesia che lettori, ciò può anche
dipendere
dal fatto che il pubblico non ha più consapevolezza dei
meccanismi
della poesia. Il lavoro sulle regole della creatività è
un
lavoro che cerca di fare violenza, in modo paradossale, ai luoghi
comuni
e alle banalità correnti sul filo di una creatività
completamente
libera». Come sostenne e dimostrò Calvino, la struttura
è
(le regole sono) libertà. E viceversa.
Dal Messaggero Veneto del
22 novembre 2005, p. 16.
L'OPLEPO?
CERCALO IN BIBLIOTECA
di
Stefano Bartezzaghi
Come già l'Oulipo
francese, l'Oplepo italiano pubblica prima
i propri lavori in forma di opuscoli a distribuzione limitata, per
raccoglierli
poi in volume. È appena uscita La Biblioteca Oplepiana, la prima
raccolta italiana, aperta da prefazioni di Sanguineti, Raffaele
Aragona,
Brunella Eruli e Paolo Albani. Vi si trovano tutti i lavori usciti dal
1990 a oggi, tranne quelli del fondatore Ruggero Campagnoli, poi
distaccatosi
dal gruppo (e non compreso nell'elenco dei diciannove autori). Il
lavoro
di Elena Addomine è quello tecnicamente più arduo,
assieme
ai "mitografemi" di Giuseppe Varaldo: gli altri propongono regole del
gioco
meno stringenti. Ne esce un libro curioso, che può servire per
ispirare
giochi propri.
* * *
Quando il rebus diventa
(anche)
poesia
Con la raccolta e la
pubblicazione dei lavori finora usciti in plaquette
a tiratura limitata sarà possibile fare il punto sull'Oplepo:
l'Opificio
di letteratura potenziale fondato quindici anni fa in Italia, vagamente
sul modello dell'Oulipo francese. L'Oulipo era nato nel 1960, e vi
partecipano
scrittori e matematici: era un vero esperimento. L'Oplepo (su cui vedi
anche il sito www.oplepo.com)
è
stato fondato da professori e enigmisti, con intenti chiaramente
più
giocosi e meno ambiziosi nell'orizzonte culturale italiano (anche se ha
poi cooptato scrittori come Edoardo Sanguineti ed Ermanno Cavazzoni).
Il
principio è scrivere seguendo nuove regole formali: ciò
che
nel 1960 poteva essere una per quanto buffa dichiarazione di poetica e
oggi è, per quanto poetico, un modo di giocare con la scrittura.
Recensione apparsa su il
Venerdì de la Repubblica
del 25 novembre 2005, p. 216.
LETTERATURA
LUDICA
LA BIBLIOTECA OPLEPIANA
di
Ennio Peres
Nel 1990, in occasione del
trentennale della nascita dell'Oulipo, il
celebre laboratorio francese di sperimentazione letteraria, viene
fondata
a Capri una sua filiazione italiana, denominata Opificio di Letteratura
Potenziale (OpLePo). Da allora, questo gruppo ha pubblicato i risultati
delle proprie ricerche, producendo una serie di plaquettes in
edizione
numerata e fuori commercio. La Biblioteca Oplepiana
(Zanichelli,
pp. 670, € 48,00) contiene la raccolta completa di tale originale
materiale, messo a punto da prestigiosi autori di varia estrazione
culturale,
tra i quali: Paolo Albani, Raffaele Aragona, Ermanno Cavazzoni,
Piergiorgio
Odifreddi, Edoardo Sanguineti e Aldo Spinelli.
ttL, tutto Libritempolibero,
supplemento a La Stampa del
26 novembre 2005, p. 8.
GIOIELLO PATAFISICO
di
Piergiorgio Odifreddi
Nel novembre 1960 il matematico
François Le Lionnais e lo scrittore
Raymond Queneau fondarono l'Oulipo, nel miglior spirito patafisico: di
creare, cioè, una soluzione immaginaria ai problemi della
scrittura,
inventando restrizioni matematiche dalle quali cercare di evadere
mediante
la creatività artistica. Oggi il gruppo vanta una nutrita serie
di importanti realizzazioni letterarie dei suoi più autorevoli
membri:
che sono, oltre a Queneau stesso, Georges Perec e Italo Calvino. Nel
novembre
19901'ingegner Raffaele Aragona e i francesisti Ruggero Campagnoli e
Domenico
D'Oria fondarono l'Oplepo: un analogo italiano dell'Oulipo, oggi
presieduto
da Edoardo Sanguineti. Finora gli oplepiani si erano limitati a
pubblicare
le loro (ri)creazioni in "plaquettes" fuori commercio, ma ora i
gioielli
di famiglia sono esibiti in "La biblioteca oplepiana" (Zanichelli,
2005),
che avvicinerà finalmente il pubblico italiano alle divertenti
opere
di questo singolare gruppo. Nella miglior tradizione musicale delle
raccolte
di Bach o Chopin, il libro si compone di 24 esercizi su temi diversi,
che
vanno dall'omonimario illustrato di Aragona all'alfabeto figurato di
Paolo
Albani, dai mitografemi di Giuseppe Varaldo ai testi omografi in
italiano
e inglese di Elena Addomine, dalla riscrittura dell'"Infinito" in n-sillabi
(per ogni n tra 1 e 12) di
Luca Chiti allo slittamento proverbiale dell'inizio
dei "Promessi Sposi" di Ermanno Cavazzoni. Non mancano le opere
collettive
del gruppo, a più mani: un giallo di misteri obbligati, una
serie
di acronimi elogiativi, e una collezione di testi doppi. A siglare il
parallelo
musicale, il libro si conclude con una serie di 24 preludi a tempo
obbligato
di Sal Kierkia, la lettura di ciascuno dei quali dura esattamente
quanto
l'esecuzione di un corrispondente preludio di Chopin. Auguriamo dunque
all'Oplepo, che annovera fra i suoi plagiari per anticipazione Umberto
Eco e Giorgio Manganelli, lunga vita e altre 23 collezioni di 24
"plaquettes"
ciascuna!
Da L'espresso, 49/50, 22
dicembre 2005, p. 191.
OPLEPO,
LA SCRITTURA DIVENTA
GIOCO
di
Salvo Vitrano
Ai dibattiti su impegno e
letteratura che da qualche mese di nuovo imperversano
in Italia sembra rispondere allegramente - ma per motivi cronologici lo
fa certo involontariamente - il volume La Biblioteca Oplepiana,
curato dal napoletano Raffaele Aragona per Zanichelli (pagg. 670, euro
48), che sarà presentato alla Feltrinelli International di Roma,
alla presenza degli autori, mercoledì 25 gennaio (ore 18, con
interventi
di Sandra Petrignani, Màrius Serra e Sergio Valzania coordinati
da Aragona). Le sue pagine sono un trionfo della letteratura per gioco,
per beffa, per capriccio di rigide regole sregolatamente inventate. Una
letteratura in apparenza così frivola, sebbene in qualche caso
burlescamente
dotta, da non poter essere considerata letteratura da chi nei libri
cerca
messaggi maestosi. Gli italici scrittori oplepiani - la Biblioteca
ne mette insieme diciannove, compreso l’attuale loro presidente Edoardo
Sanguineti - non intimano al lettore aut aut sociopolitici o
metafisici.
Mirano soprattutto a costruire stravaganti macchine di parole, a volte
molto complesse, il cui preciso funzionamento non garantisce, anzi
sembra
negare, che esse riusciranno mai utili a qualcosa. Proprio come accade
con certe opere di Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati
o Se una notte d’inverno un viaggiatore. Il Calvino
«oulipiano»
e «potenziale» deplorato oggi da critici neoimpegnati, a
partire
da Carla Benedetti, lo scrittore venerato dagli oplepiani - quasi tutti
- che gli hanno dedicato nell’ottobre scorso un convegno a Napoli. La
storia
di queste macchine letterarie comincia - precursori a parte - nel 1960
a Parigi, quando il matematico-scacchista François Le Lionnais
crea
l’Oulipo, Ouvroir de Littérature Potentielle, al quale
aderiscono
sei amici tra i quali il transfuga dal surrealismo Raymond Queneau, poi
autore degli Esercizi di stile. Più tardi arrivano
Georges
Perec e Calvino. L’intento dell’Oulipo e della sua «sezione
italiana»
Oplepo, Opificio di Letteratura Potenziale (creata a Capri nel 1990),
lo
chiarisce l’oplepiano Aragona nei Prolegomeni a una logomachia
che
introducono alla Biblioteca: «Esplorare sistematicamente
le
potenzialità della lingua con l’obiettivo di produrre nuovi
procedimenti,
nuove forme e strutture letterarie suscettibili di generare poesie,
romanzi,
testi rispondenti a precise contraintes (costrizioni),
prescindendo
quindi, almeno in parte, dal tradizionale concetto di
ispirazione».
La
vita istruzioni per l’uso di Perec - romanzo multiplo oulipiano
costruito
immaginando ciò che avviene contemporaneamente in tutti gli
appartamenti
e spazi di un edificio parigino - venne definito da Calvino, nelle Lezioni
Americane, «l’ultimo vero avvenimento nella storia del
romanzo».
La
Biblioteca Oplepiana raccoglie i testi stampati via via in forma di
plaquettes
lungo i quindici anni di vita del gruppo italiano. Se la contrainte
di Perec era osservare in sincronia gli eventi dentro un palazzo, ora
Piergiorgio
Odifreddi registra ogni propria giornata nella paginetta invalicabile
di
una Moleskine ricevuta in regalo e nei
Riflessi in uno zaffiro orientale
allinea istantanee verbali di un istruttivo viaggio in Indocina. La sua
indignazione contro colonialismi vecchi e nuovi mostra come niente in
fondo
impedisca alla giocosità oplepiana di trasfondersi all’occasione
in discorso politico diretto. Piero Falchetta nei Frammenti in vita
prima estrae tutti i versi con rima in ”-ita” dalla Commedia di
Dante e dal Canzoniere di Petrarca, poi li rimescola in nuove
«poesie».
Raffaele Aragona (già curatore per Zanichelli di Oplepiana.
Dizionario
di letteratura potenziale) compila in La viola del bardo un
piccolo «omonimario» illustrato. Brevi testi per calamitare
parole che suonano uguali ma non sono uguali. In «Ero in Corsica
in vacanza con gli amici...» appaiono un «porto» di
mare
e un «porto» vino portoghese che viene «porto»
a un’avvenente vicina di barca. Paolo Albani traccia in Geometriche
visioni un «alfabeto raffigurato»: composizioni in
versi
con forme grafiche che contengono ciascuna il disegno di una lettera
dell’alfabeto.
Ermanno Cavazzoni spiega ed esemplifica uno spassoso metodo per
produrre
«da un romanzo noto e in via d’usura o da un romanzo ignoto e
ormai
senza speranza, un romanzo modernissimo, mai prima udito e passibile di
fama inaspettata». Luca Chiti in L’infinito futuro
immagina
di trovare in uno sgabuzzino murato di casa Leopardi, a Recanati,
quindici
tentativi di Infinito strutturati in varie salse metriche prima
della versione in endecasillabi. La prova in ottonari attacca:
«Qui
sul colle solitario, / dove siedo a notte fonda / del gran cerchio lo
scenario
/ una siepe che fa sponda / m’impedisce di veder». Tra
dichiarazioni
di rifiuto dell’ispirazione, slanci ludici e rimodellazione tecnica
della
letterarietà, gli esercizi oplepiani - soprattutto se manovrati
da autori consapevoli di tradizioni letterarie vecchie e nuove -
indicano
una scelta di campo precisa sulla scia delle avanguardie novecentesche.
A chi li accusa di essere «solo giochi» oppongono le
capacità
sovvertitrici e rigeneratrici del gioco, e del linguaggio in gioco, a
confronto
di modelli letterari alti ormai sfiatati. Edoardo Sanguineti,
intellettuale
sempre politicamente impegnatissimo, nella sua premessa alla Biblioteca
Oplepiana scrive: «la parodia è lo stato più
avanzato
del discorso sulla contrainte che oggi, mi pare, si possa
individuare».
Da Il Mattino del 18
gennaio 2006, p. 42.
DA OULIPO A OPLEPO
TRA ALAMO E TEANO
di
Carla Marello
Mi fu nel cuor /ad or ad or /quel
mio bel col /che sta da sol, / Mi
fu sempre caro / restando al riparo / di siepe modesta / sedere su
questa
/ collina foresta».
L'avrete riconosciuto. È l'Infinito di Leopardi
riscritto da Luca Chiti quindici volte a partire da versi formati da
soli
monosillabi, poi da soli bisillabi, fino ai settenari doppi martettiani
con complicazioni di rime che vi invito a scoprire nella Biblioteca
Oplepiana. Si tratta di un volume che raccoglie i fascicoli, in
alcuni
casi le plaquettes riprodotte in forma anastatica, di quindici anni di
pubblicazioni, a partire dalla fondazione nel 1990 a Capri del
laboratorio
italiano Oplepo, corrispondente italiano dell'Oulipo, Ouvroir de
Littérature
Potentielle, francese.
La felicità nella costrizione: questa è la
verità
che quanti frequentano l'Oplepo, l'Opificio di Letteratura Potenziale,
testimoniano. La letteratura che l'opificio produce è potenziale
perché i suoi prodotti sono ancora da fare attraverso l'uso di
nuovi
procedimenti o meglio ancora da scoprire in opere già esistenti.
Quindi la parodia è, insieme al lipogramma cioè la
scrittura
senza una qualche lettera, uno dei generi più praticati.
Se gli autori sono felici nel creare con tali costrizioni, i
lettori ricavano godimento dalla lettura delle loro opere? Calvino ha
cercato
nelle Lezioni americane e nelle introduzioni alle opere di
Queneau,
grande oulipiano da lui tradotto, di spiegare il «miracolo di una
poetica, apparentemente artificiosa e meccanica, che tuttavia
può
dare come risultato una libertà e una ricchezza inventiva
inesauribile».
Il pubblico giusto per questi scritti è quello che ritiene il
sudoku
troppo facile perché fatto coi numeri. È il lettore di
Eco,
un 'altro grande appassionato di questo tipo di letteratura. Se vi
è
piaciuta la sua ri-creazione in italiano di Esercizi di stile di
Queneau - sicuramente la più geniale, la più irriverente
e perciò stesso più rispettosa, delle ri-creazioni fatte
in spagnolo, tedesco e inglese da intrepidi, ma meno ri-creativi,
autori
- la Biblioteca oplepiana è il libro chea per voi.
Sanguineti, altro oplepiano, ben sintetizza nella breve
introduzione
a questa Biblioteca, che il testo oplepiano vale come
esplicazione
di una regola. Un'opera oplepiana è per eccellenza
l'incarnazione
del concetto di intertestualità. L'autore è cosciente che
creare è sempre ricreare. Il senso del testo ri-creato cerca di
essere simile al senso dell'opera originale, ma questa non è una
condizione cogente.
I testi raccolti sono di (in rigoroso ordine alfabetico del nome,
tanto per darci anche noi una regola qualsiasi): Aldo Spinelli,
Alessandra
Berardi, Anna Regina Busetto Vicari, Brunella Eruli, Domenico D'Oria,
Edoardo
Sanguineti, Elena Addomine, Ermanno Cavazzoni, Giulio Bizzarri,
Giuseppe
Varaldo, Luca Chiti, Maria Sebregondi, Paolo Albani, Raffaele Aragona,
Ruggero Campagnoli, Piergiorgio Odifreddi, Piero Falchetta, Sal
Kierkia,
Totò Radicchio.
Sono preceduti da illuminanti scritti di Aragona, Eruli e Albani
veri e propri Prolegomeni a una logomachia, perché se
alcuni
degli autori pietosamente accompagnano il lettore meno allenato alla
scoperta
della regola applicata, altri lasciano ad interrogarsi sulla natura
della
contrainte
e sull'aria di famiglia poetica che l'autore cerca di ri-creare.
Non stupisce che fra gli autori ci siano ingegneri, architetti,
matematici e informatici, gente abituata alla struttura, né che
negli anni le costrizioni siano state rispettate con l'aiuto del
computer
o siano diventate le misure consentite dall'elettronica, come per
Odifreddi
i 160 caratteri degli Sms.
Il gusto del gioco permane anche nelle sigle: il braccio armato
informatico francese dell'Oulipo si chiama ALAMO (Atelier de
Littérature
Assistée par la Mathématique et les Ordinatuers)? Qui, al
di là delle Alpi, si risponde col TEAnO (Telematica, Elettronica
e Analisi nell'Opificio), temibile incontro. In Francia c'è la
sezione
di letteratura potenziale poliziesca OULIPOPO, e noi facciamo la
letteratura
poliziesca potenziale LEPOPO, con ordine invertito delle parole, ma si
spera non pronunciato alla francese.
ttL, tutto Libritempolibero,
supplemento a La Stampa del
21 gennaio 2006, p. 4.
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