Paolo Albani
NON SOPPORTO PIÙ
LA BARCACCIA!




   Fenomeno curioso, e dalle mille sfaccettature, quello dei cult nei diversi campi della cultura e della comunicazione. Anche le trasmissioni radiofoniche non sfuggono a questo vagheggiato destino: si pensi, tanto per fare un esempio fra i più noti, al programma radiofonico settimanale Mercury Theatre on the Air, trasmesso dalla CBS (Columbia Broadcasting System), una delle maggiori emittenti statunitensi, in cui venivano proposte letture di romanzi celebri. Il 30 ottobre 1938 fu trasmesso La guerra dei mondi (War of the Worlds), un celebre sceneggiato tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza di Herbert George Wells, interpretato da Orson Welles, che scatenò il panico fra i radioascoltatori descrivendo una invasione aliena.

   Di una trasmissione cult di casa nostra che va in onda su Rai Radio 3 (attenzione a non dire solo Rai 3 che altrimenti Sinibaldi s’arrabbia!) dal lunedì al venerdì dalle 13.00 alle 13.45, sono i trionfanti (e tronfi) artefici Enrico Stinchelli e Michele Suozzo, i due conduttori de La barcaccia. La trasmissione viene presentata nell’omonimo sito enfaticamente con questo slogan: «Il più amato, il più osannato, il solo e unico varietà operistico radiofonico quotidiano».

   In genere a quell’ora io mi metto a tavola e poiché i miei apparecchi radiofonici (ne ho uno quasi in ogni stanza) sono tutti sintonizzati sulle frequenze di Rai Radio 3, mentre mangio, aspettando il giornale radio delle 13.45, ascolto mio malgrado la mitica Barcaccia (da tempo, tuttavia, non essendo masochista più di tanto, ho deciso di accendere la radio quando so che La barcaccia è già finita).




    Non c’è alcun dubbio: i due, Stinchelli e Suozzo, sono bravissimi, coltissimi, preparatissimi, ferratissimi sul mondo dell’opera lirica, ça va sans dire. Ma io − che per altro non amo l’opera lirica, e parlo da incompetente, e da loro ho quindi imparato un sacco di cose (anche se devo aggiungere, a onor del vero, che spesso si dilungano in tecnicismi così sofisticati che per noi comuni mortali suonano turchinerie) − non li sopporto più, anzi li detesto, mi fanno una rabbia ma una rabbia che non vi dico. E ora vi spiego in breve perché, premettendo che la mia non è una critica musicale, non ne avrei le capacità, ma semplicemente un pezzo di costume.

   In primo luogo, se c’è una cosa irritante e insopportabile alla radio (ma non solo) è sentire due che dall’inizio alla fine di una trasmissione sghignazzano come pazzi, ridacchiano travolti da battute insignificanti, a volte veramente stupidine e insipide, che loro stessi producono in gran quantità. Fra l’altro succede spesso che gli sghignazzi si sovrappongano al parlato, con un effetto bruttissimo e fastidioso per chi ascolta. Nemmeno nelle benemerite e intelligenti trasmissioni radiofoniche di Arbore si sono mai sentite tante risate e risatine quanto quelle che si spendono, del tutto fuori luogo, durante la settimana alla Barcaccia. Viene da dire, almeno a me: ma che hanno tanto da ridere Stinchelli e Suozzo? Si può essere spiritosi, divertenti e effervescenti senza bisogno di starnazzare in continuazione. Invece Stinchelli e Suozzo se le fanno, le battute, e se le ridono, da soli, parlandosi addosso al microfono.

   In secondo luogo i due, oltre agli appellativi sopra ricordati, ne hanno altri: sono anche presuntuosissimi, arrogantissimi e intolleranti. Ad esempio quando leggono gli sms o mandano in onda le telefonate lasciate nella segreteria telefonica, se qualcuno li omaggia e li riempie di belle parole, i due bricconi si pavoneggiano come non mai, fanno la ruota, si gonfiano, vanno in visibilio, mentre s’imbestialiscono a morte se qualcuno osa formulare una critica nei loro confronti. Non sia mai! La poveretta (o il poveretto) di turno che abbia ardito – meschina/o! − criticare i sublimi Stinchelli e Suozzo viene offeso, sbeffeggiato, preso in giro e messo alla berlina. Come avete osato! Come vi siete permessi, pusillanimi! Volete saperne di più degli impareggiabili Stinchelli e Suozzo?

  Infine, cioè in terzo luogo, quando sciorinano le loro interpretazioni tecnicamente ineccepibili (posso solo supporlo che siano tali, vista la mia assoluta incompetenza in materia), i due amabili burloni si spalleggiano l’uno con l’altro, si complimentano a vicenda, si strizzano l’occhio (ma questo non è dato vederlo distintamente poiché lo studio della trasmissione è ripreso da una webcam fissa), spesso l’uno finisce la frase dell’altro o ne ripete il finale in un affiatamento orribile e di cattivissimo gusto: in questo, Stinchelli e Suozzo, a me ricordano il Gatto e la Volpe di Pinocchio, senza tuttavia possedere l’arguta e simpatica perfidia dei due personaggi collodiani.

           

11 giugno 2014

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