Paolo Albani
GLI STUDIOSI



Non vorrei passare per un nostalgico sostenitore delle teorie lombrosiane, ma oggi in sala di consultazione della Biblioteca Nazionale di Firenze che frequento da anni (ci ho anche lavorato come restauratore di giornali per un certo periodo alla B. N. di Firenze, ai tempi dell’alluvione), mi è venuta spontanea una riflessione, un pensierino innocuo, dopo aver sbirciato qua e là lungo i grandi tavoli di legno dove si consultano i libri. Ho girato lo sguardo e mi sono detto: «Certo che gli studiosi sono proprio brutti!»




    E quando dico brutti voglio dire fisicamente brutti, cioè malfatti, sgraziati, antiestetici.
    Naturalmente non mi tiro fuori da questa mia presa di coscienza, per carità, mi annovero anch’io fra gli studiosi brutti che frequentano la B. N. di Firenze. Non mi sogno nemmeno di considerarmi un’eccezione. No, figuriamoci, sono brutto anch’io, come tutti del resto qui in sala di consultazione. Ma non è questo il punto.
    Tanto per essere chiaro e andare subito al dunque vi faccio una breve descrizione del campionario di studiosi che mi circonda questa mattina in sala di consultazione.
    Davanti a me c’è una ragazza - non avrà più di venticinque anni - che sfoglia un libro enorme, formato 50x30, aperto su un leggio. La ragazza ha dei brufoli giganteschi sul volto paffutello, sembra la strega di Biancaneve, naso aquilino, capelli castani stiracchiati che, davanti, si raccolgono in una frangetta che le copre metà fronte, quasi a volersi nascondere il volto il più possibile. Mi spiace dirlo, accidenti, ma è proprio brutta questa giovane studiosa. Chissà se avrà un fidanzato, penso.
    Guardo la ragazza e in quel momento sento arrivare lo «strascicatore folle», un professore di Storia della Critica dell’Università di Siena. Lo riconosco perché ha un modo fastidioso, rumoroso di strascicare i piedi, cammina come se portasse delle pantofole d’acciaio o dei piccoli sci che a ogni passo stridono sul pavimento. È da quando frequento la sala di consultazione della B. N. di Firenze, saranno almeno trent’anni, che lo sento strascicare quel professore, e tutte le volte mi verrebbe voglia di fermarlo e dirgli a muso duro: «Scusi, professore, cazzo, ma non potrebbe sollevare i piedi e non fare tutto questo casino, che qui c’è gente che studia! Grazie», ma poi mi limito a guardarlo, mentre rumoreggia strascicando i piedi sul pavimento e penso che anche lui, uno spilungone con la faccia sempre imbronciata e truce, il petto in fuori in atteggiamento strafottente, gli occhi cattivi (poveri studenti che devono sorbirselo!), è davvero una persona sgradevole, brutta.
    In fondo alla sala di consultazione, sulla mia destra, vicino a una grande vetrata, c’è un signore anziano, mezzo pelato, che ha davanti a sé un gran numero di libri rilegati in pelle. Dev’essere molto miope perché ha il naso appuntito che quasi sfiora le pagine del libro che sta leggendo. Lo vedo di profilo, ha un groviglio di peli grigi che gli escono dall’orecchio e dal naso; chino sopra il libro sembra un condor che sta mangiando la carcassa di un animale. Ha le gote infossate, è bianco come uno spettro, e mi sembra che respiri male, poveraccio, dev’essere asmatico. In più tossisce di continuo disturbando gli altri studiosi, e senza mai mettersi una mano davanti alla bocca, così che, suppongo, sputacchi sopra il libro in lettura, che non è proprio un bello spettacolo, come lui d’altronde, che è brutto da far spavento, ulteriore conferma della mia teoria sulla bruttezza degli studiosi che frequentano la sala di consultazione.
    Nella parte centrale del tavolo parallelo a quello dove sto seduto io, c’è un giovane con una barbetta rada che in certi punti s'arruffa e forma dei riccioli grotteschi; il giovane maltratta velocissimo la tastiera di un piccolo computer tenendo lo sguardo incollato su un libro. Se lo incontrassi di notte all’improvviso, fermo dietro l’angolo di una strada, giuro che mi farebbe impressione da quanto è brutto, non esagero, ha una testa sproporzionata e a vederlo di fronte, come lo vedo io, sembra un maialino con tanto di orecchi a punta e naso schiacciato.
    Insomma, è inutile che continui con la mia descrizione degli studiosi che oggi sono presenti in sala di consultazione. Il livello standard di bruttezza, si sarà capito, è quello, disastroso, che ho appena abbozzato, magagna fisica in più o in meno. La mia tesi sulla bruttezza degli studiosi che, come me, frequentano la sala di consultazione trova conferme ovunque getti lo sguardo.
    Meglio perciò che riprenda le mie letture, felice di astrarmi dalle presenze inquietanti che mi stanno intorno.
    Se non che, a un tratto, mi sento toccare una spalla, mi volto e vedo, curvo a due centimetri dalla mia faccia, un bibliotecario che mi sussurra: «Guardi che le è caduto un foglio». «Grazie» rispondo io a voce bassa, e mentre mi chino a raccogliere il foglio mi viene da pensare: «Certo che anche i bibliotecari della sala di consultazione non scherzano in quanto a bruttezza!»



Questo testo è uscito anche su il Caffè illustrato, 63,  novembre-dicembre 2011, p. 6.
Per andare al sommario delle mie collaborazioni a il Caffè illustrato cliccate qui.


Si trova anche nel mio libro intitolato Fenomeni curiosi,
eBook pubblicato da Quodlibet nel 2014.
 



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