Paolo Albani
Il sequestro riguarda i sogni non realizzati, quelli che uno ha
messo in cantiere, progettato e però, a seguito d’inconvenienti, contrattempi e
incapacità personali, non è stato in grado di trasformare in realtà. I sogni non realizzati vengono confiscati
dallo Stato, in ottemperanza alla suddetta legge, perché la loro non
realizzazione causa turbamento nel titolare dei sogni, incidendo sulla qualità
della sua vita, con ricadute negative sul sistema sanitario nazionale che deve
sobbarcarsi le spese mediche da elargire ai detentori dei sogni posti sotto
sequestro. Perché i sogni non realizzati
– è provato da numerose ricerche scientifiche – lasciano strascichi dannosi, lacerano
gli animi gettando i soggetti insoddisfatti in uno stato di depressione. È la ragione per la quale il governo ha creato l’I.N.R.S.S.,
organismo preposto al sequestro dei sogni non andati a buon fine, falliti,
mettendoli in uno stato di quiescenza da cui è possibile riscattarli, seguendo
una procedura che prevede un tempo congruo fra il fallimento dei sogni e la
possibilità di una loro riattivazione, sanzionato da un’equipe di specialisti,
una task force composta da psicologi, psicanalisti, sociologi e neurologi. Sul modulo, dopo le generalità – io
sottoscritto nato a…, in provincia di…, residente in…, domiciliato in…, codice
fiscale…, stato civile…, professione…, eccetera – si elencano in dettaglio i
sogni effettuati in un dato periodo (gli anni che mi riguardano vanno dal 2014
al 2018) e di cui si richiede il dissequestro come stabilito dalla normativa
corrente, specificandone il motivo. Secondo molti dei richiedenti che ho
interpellato, la formula accolta con più benevolenza dalle autorità è: «l’insoddisfazione
personale e il malcontento non controllato». Perciò, se vi capita, suggerisco
di marcare con una X la casella in corrispondenza di quella frase prestampata. Fra i sogni non realizzati che intendo riattivare, per tramutarli in progetti
concreti, ci sono: 1. L’inizio di
una relazione con la signorina R.A. (R. sta per Romilda, ometto il cognome per
ragioni di privacy), la tabaccaia che gestisce il negozio nella via in cui
abito. È una quarantenne, capelli neri lunghi, che porta raccolti e stretti in
un fermaglio, carnagione scura. Sembra una messicana. Mi ha sempre incoraggiato,
almeno mi è parso, con sorrisini, occhiatine, battutine, sfioratine di mani
quando mi porge il resto, gesti che ho interpretato come una benevola disponibilità,
da parte sua, all’approccio amoroso. Non mi sono mai deciso a dichiararmi, per timidezza
e codardia, anche perché, se devo dirla tutta, la signorina R.A. ha un
fidanzato meridionale, originario di Torella dei Lombardi, provincia di
Avellino, un pompiere che fa culturismo e ha la reputazione di essere molto
geloso e possessivo. Voglio tornare all’attacco. Dopo tre
anni, ho ripreso a fumare per avere l’opportunità di vedere la signorina R.A.,
mi fumo due, tre pacchetti di sigarette al giorno, scrivo montagne di lettere per
poter andare in tabaccheria a comprare i francobolli, acquisto di tutto (marche
da bollo, penne, caramelle, biglietti del gratta e vinci, schedine del
totocalcio, fiammiferi, accendini, buste imbottite e buste normali,
fazzolettini di carta, ricariche per il cellulare, ecc.) pur di entrare in
tabaccheria e parlare con la signorina R.A., ma soprattutto mi sono iscritto a
una palestra, voglio buttar giù la pancia, diventare un figurino e farmi venire
degli addominali d’acciaio, la «tartaruga» come il calciatore Ronaldo. Questa volta posso farcela, lo
sento, mi piace da morire la signorina R.A. e sono disposto a tutto pur di conquistarne
il cuore e allacciare con lei una relazione seria e duratura. 2. Un altro
sogno tenuto per anni in un cassetto, e sequestratomi dai funzionari dell’I.N.R.S.S.
perché mai realizzato, è l’apertura di un’attività commerciale di
import-export. Oggi le cose sono cambiate, ho il denaro sufficiente, grazie al
prestito di una finanziaria. Ora ho le spalle coperte per iniziare
l’importazione di bradipi sul mercato italiano. In particolare intendo concentrarmi
sul bradipo pigmeo (Bradypus
pygmaeus), una specie che vive sull’isola panamense di Escudo de Veraguas,
versione miniaturizzata dei suoi “cugini” di terraferma, rispetto ai quali pesa
circa la metà. Al principio ero incerto sul tipo di bradipo da importare, le
opzioni coprivano il bradipo dal cappuccio (Bradypus torquatus), il bradipo
tridattilo (Bradypus tridactylus) e il bradipo variegato (Bradypus
variegatus), poi mi sono deciso sul bradipo pigmeo in primo luogo per un fatto
pratico, le dimensioni. L’esile corporatura, unita alla proverbiale
lentezza dei movimenti, fa sì che il bradipo pigmeo possa diventare da noi – è
il mio sogno – un animale domestico, se inserito in un habitat idoneo, rispettoso
dei parametri giusti come la temperatura di 22 gradi e altri requisiti
ambientali. Ma c’è di più. Ho scelto il bradipo perché
è un animale che può, con il suo stile di vita (dorme 16-18 ore al giorno,
mangia frutta e verdura da cui trae l’acqua necessaria, predilige la
solitudine), favorire il rilassamento degli umori, funzionare da anti stress
per chi (maschio o femmina) lo accudisce. Questo, a mio giudizio, rende il
bradipo pigmeo un buon investimento, un animale competitivo dal punto di vista
economico. Se il commercio dei bradipi, animali a
rischio estinzione, prendesse campo, come spero, e facesse breccia nelle
abitudini domestiche degli italiani, magari espandendosi in tutta l’Europa
occidentale, sarebbe un ottimo antidoto contro la minaccia della sua scomparsa.
In questo modo si prenderebbero due piccioni con una fava: da un lato gli effetti
positivi sull’uomo, blandendone le crisi di nervi e la melanconia, dall’altro
sul bradipo stesso, ostacolandone o quanto meno rallentandone la scomparsa. Sono in contatto con un esportatore
panamense di bradipi pigmei, Carlos Parris di Puerto Armuelles, imprenditore affidabile, di grande esperienza,
che ha la possibilità di fornirmi in tempi rapidi e in tutta sicurezza un
numero consistente di esemplari all’anno. 3. Un sogno che
mi ha accompagnato negli ultimi anni, e che finora non sono riuscito a
realizzare, inducendo l’I.N.R.S.S. a emettere una notifica di sequestro, è la
compilazione di guide turistiche di città in cui scrittori famosi non hanno mai soggiornato, dei baedeker sui loro
viaggi non compiuti, rimasti sulla carta. È un vuoto editoriale
meritorio da colmare. Non stupisca la formula privativa – “mai soggiornato” – perché il
non-compiuto, il non-realizzato ha rilevanza quanto, se non di più (Alberto
Giacometti, scultore svizzero, insegna), del suo opposto, il compiuto. Sull’importanza della non ubicazione, si legga quanto scrive Fëdor Dostoevskij in una
lettera al poeta russo Apollon Nikolaević
Majkov del 16 agosto 1867, spedita da Ginevra: Perché
sono a Dresda, proprio a Dresda, e non in qualche altro posto, e perché è valsa
la pena abbandonare tutto in un posto e arrivare in un altro? (1)
Anche lo scrittore russo Sergej Dovlatov, nel Libro invisibile (1985), una sorta di "commedia autobiografica", si chiede perplesso:
Comprando la mia guida (se l’I.N.R.S.S.
avrà la bontà di concedere il dissequestro del mio sogno) ne saprete tante di
cose curiose come questa, sugli scrittori e i loro non viaggi.
(1) Fëdor Dostoevskij, Lettere, a cura di Alice Farina, traduzione di Giulia De Florio,
Alice Farina e Elena Freda Pirelda, il Saggiatore, Milano, 2020, p. 595.
(2) Sergej Dovlatov, Il libro invisibile, traduzione di Laura Salmon, Sellerio editore, Palermo, 20162, p. 87.
dicembre 2020 _________________________________________
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