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Lucilla Saccà

NOTE PER LA RACCOLTA DI CARLO PALLI

 

La collezione di Carlo Palli, dalla quale provengono le opere in mostra, è incentrata principalmente su quei movimenti degli anni sessanta e settanta, che hanno voluto sottolineare il superamento delle categorie tradizionali dell'arte e della loro codificata espressione estetica e che hanno mirato all'unione radicale tra arte e vita: Fluxus, le nascenti poetiche dell'oggetto come il Nouveau Realisme e le Scritture Verbo Visive in tutte le diverse declinazioni. Sono espressioni che incarnano lo spirito di quegli anni, anni di sperimentazione, di contaminazioni e di vitali quanto utopiche speranze.

 

Si tratta di movimenti che hanno fatto la storia della cultura occidentale e che vedono il proprio sviluppo in un periodo complesso e molto significativo per la nascita e la presa di coscienza delle neoavanguardie del secondo dopoguerra. L'interesse che caratterizza questi anni è dovuto, oltre che alla innegabile portata innovativa, all'intreccio, agli scambi e ai parallelismi, che si verificano tra le varie correnti in Europa e negli Stati Uniti e al ruolo senza dubbio non secondario giocato dal nostro paese.

 

Ricordiamo che Piero Manzoni apre Azimut e l'omonima rivista a Milano, dove il clima è stimolante e in stretto contatto con il resto dell'Europa: la galleria Apollinaire di Guido le Noci, accoglie Klein e le prime mostre del Nouveau Realisme, il Naviglio, già nel '49 aveva presentato il memorabile Ambiente Nero di Lucio Fontana, mentre lo spazio di Arturo Schwarz, sostiene Spoerri con i suoi tableaux pièges. Di là dal mare a New York nel clima fervente di Fluxus, Tinguely mette in scena il suo autodistruttivo Homage to New York, Kaprow dà vita ai primi happening e George Brecht ai suoi event, brevi brani teatrali che conoscono gli insegnamenti di John Cage e rivivono le provocazioni dada.

 

Tornando alla collezione pratese, Palli racconta come l'interesse per la Poesia Visiva, uno dei nuclei più importanti della raccolta, sia nato quasi per caso: un giorno mentre stava seguendo a Milano un'asta della Finarte venne proposto un lavoro di Pignotti della metà degli anni '60, che trovò molto interessante e ad un prezzo talmente abbordabile, da non poter fare a meno di acquistarlo. Ancora oggi Di scena il peggio, fa parte della collezione e può essere considerato l'inizio di una grande passione.

 

La Poesia Visiva e il fiorentino Gruppo 70 sono dunque la chiave di volta su cui nasce e si organizza tutta la collezione. Nel 1963 il Gruppo '70 aveva esordito al Forte di Belvedere a Firenze con il convegno interdisciplinare Arte e Comunicazione. In città il clima culturale è vivacissimo: nasce l'Architettura Radicale con i gruppi Archizoom, Superstudio, UFO e al Conservatorio Luigi Cherubini, Pietro Grossi, grande esponente della Homeart, tiene i primi corsi di musica elettronica. L'associazione Vita Musicale Contemporanea da lui promossa, diventa un punto di riferimento e di confronto; la frequentano i più vivaci intellettuali e molti artisti collegati a Fluxus tra i quali John Cage, Luciano Berio, Katy Barberian, Sylvano Bussotti, Nam Jun Paik, Charlotte Moorman e George Maciunas.

 

La Poesia Visiva subisce un effetto centrifugo e coinvolge, oltre a Firenze, altri centri come Milano con Ugo Carrega, Verona con Sarenco, Genova con Anna e Martino Oberto. Napoli con la celebre libreria Guida e Stelio Maria Martini e Roma da dove proviene un poeta d'eccezione il giovane Achille Bonito Oliva. Oggigiorno costituiscono un esauriente punto di riferimento dei protagonisti delle scritture verbo visive italiane le collezioni del museo MART di Trento e Rovereto e quelle della Banca Commerciale Italiana, che comprende, oltre al gruppo fiorentino, artisti come Baruchello, Costa, Isgrò, gli Oberto, Sarenco, Sanesi, Simonetti, Spatola, Xerra e altri ancora.

 

Il sodalizio tra arte e letteratura è antico e annovera storici e celebri esempi; Picasso e Cocteau collaborano ai balletti russi di Diaghilev, Garcia Lorca lavora con Salvador Dalì e famoso è il romanzo-collage di Max Ernst. Solo alcuni esempi che andrebbero estesi alla multiforme produzione dei collages cubisti e futuristi, testimonianti una sempre più stretta integrazione tra parola e immagine. Emblematico, a questo riguardo, "il libro simultaneo" La prose du Transsibérien et de la Petite Jehanne de France, nato dalla collaborazione di Sonia Delaunay e Blaise Cendrars. Un sodalizio, quello della commistione verbo- visiva, che ha dato frutti fecondi e soluzioni originali soprattutto negli anni che riguardano la raccolta Palli. A partire dagli anni Cinquanta prima era nato il Lettrismo in Francia, poi la Poesia Concreta tedesca e svizzera, fino a giungere alla Poesia Visiva in Italia, a quella Concreta in Brasile ed alla diffusione avuta da questo genere artistico in Giappone. In questo multiforme panorama, gli esempi italiani e brasiliani, mi riferisco ai poeti del Gruppo di Noigrandes, si caratterizzano e si distaccano dalle altre esperienze similari, sta per il vigore inventivo e per l'originale capacità di indagare le connessioni strutturali tra scrittura e immagine, sia per la vitalità perpetuata in ambito più specificamente artistico.

 

La matrice comune è per entrambi la lezione futurista, alla quale si unisce il gusto per la dissacrazione di stampo dadaista: le soluzioni prescelte, nel corso del tempo, seguono cammini indipendenti, a volte complementari. Sicuramente la pittura da leggere o poesia da guardare, ovvero la Poesia Visiva fiorentina si caratterizza per una presa di posizione ideologica fortemente polemica. Da un lato i riferimenti sono diretti, la guerra del Vietnam, lo sfruttamento dei più deboli, la situazione femminile, il potere temporale della Chiesa (come avviene nelle opere di Ketty La Rocca, Lucia Marcucci ed Eugenio Miccini), dall'altro il processo critico è realizzato per induzione (mi riferisco a Luciano Ori ed a Lamberto Pignotti) ed alle immagini vengono associate scritte con messaggi di contrasto e di spaesamento. Nell'Europa scossa dai venti del sessantotto questi artisti portano avanti la propria rivoluzione colta: l'intelligenza della parola, in linea con la cultura di un luogo che è stato la culla del dibattito sulla lingua italiana, assume un'importanza predominante. La tecnica del collage, attuata, per lo più, nella realizzazione artistica, è raffinata; le immagini. scelte accuratamente dal vasto parco degli oggetti della comunicazione di massa, conducono alla critica ironica e interlocutoria del sistema dei consumi: l'impianto di tutta la composizione, equilibrata tra parole e immagini, è narrativo, secondo un tipo di narrazione che procede per subitanei flash e rapide impennate.

 

Per Miccini l'esperienza della Poesia Visiva è arte contro lo strapotere dei mass media, capace dunque di cambiare la società e realizzare un mondo migliore. Quanto a Pignotti, puntualizza le caratteristiche della poesia tecnologica in tre momenti fondamentali: il rapporto diretto tra operazione estetica e società tecnologica di massa, l'interdisciplinarietà / interartisticità e l'assunzione dei linguaggi tecnologici. Entrano a far parte del collage, secondo una autonoma rivisitazione delle esperienze duchampiane, il linguaggio pubblicitario, quello giornalistico, i linguaggi della narrativa rosa, fantascientifica, il linguaggio della moda, dell'oroscopo, i linguaggi logo-matematico-scientifici. il linguaggio della burocrazia, del commercio, dell'economia del diritto e cosi via.

 

L'intento è quello di definire una forma d'arte tecnologica, ricavata da prodotti d'origine pubblicitaria e consumistica, che dirottati dalle loro normali funzioni, subiscono una sorta di variazione d'uso.

 

La filiazione dalle, già citate, avanguardie primo-novecentesche, intese come tavole parolibere futuriste e come dislocazione dada, sono evidenti e molti sono anche i punti di contatto con le poetiche Fluxus, che puntano su forme in divenire, sottese tra musica, poesia e teatro. In particolare l'utilizzo del concetto di interartisticità, che viene a precisare quello di interdisciplinarietà, dichiara come sia opportuno evidenziare quanto labili siano nella contemporaneità i confini tra le diverse forme artistiche.

 

Stimolanti dunque si rivelano i punti di contatto tra la Poesia Visiva e Fluxus, quel movimento effervescente, che diviene una scelta di vita e che vede i suoi adepti sparsi in tutto il mondo. Giuseppe Chiari, tra i fondatori del Gruppo '70 con Marcucci, Miccini e Pignotti, diventerà con Bussotti e Simonetti uno dei rappresentanti Fluxus per la sezione Europa Ovest. Secondo l'attitudine Fluxus utilizza materiali di facile diffusione come fotografie, partiture musicali, fotocopie per mettere in discussione il sistema dell'arte, della comunicazione e del conformismo sonoro: ne è un esempio Art is to say del '64. Si esprime per paradossi e la sua dichiarazione "la musica è facile" trova un immediato corrispettivo nella inconfondibile scrittura di Ben Vautier, che proclama, una volta di più, che L'artista si serve del caso.

 

Tra scritture verbo-visive e intenti di stampo Fluxus, il doppio codice logo-iconico e l'uso di materiale tecnologico prestampato, si rivelano un costante punto di contatto. L'uso di grafie personalizzate e/o di oggetti decontestualizzati, è tipico sia delle scritture visuali che delle rivisitazioni neo-dadaiste. Domina in New York Brooklyn Bridge di George Brecht, nel libro cancellato Dopo il bomb di Emilio Isgrò e nella cartina geografica Paris di Henry Chopin, presenti in questa mostra.

 

Nulla ha più influenzato l'espressione artistica contemporanea della coscienza della ricerca duchampiana e della conseguente trasmigrazione oggettuale, che segnano tutte le espressioni del periodo. L'oggetto assume una nuova valenza, diventa ironica protesta nel Violoncello di Charlotte Moorman, mentre l'uso della fotografia indica molteplici messaggi per Beuys e Yoko Ono. È uno spirito vivificante quello con il quale gioca la neoavanguardia di questi anni, che vuole il sovvertimento dei criteri di lettura dell'arte e della scrittura tradizionale.

 

L'arte e la cultura sud americana hanno avuto un ruolo di scambio e di stimolo con il nostro paese. Questa realtà non riguarda soltanto la grande figura di Fontana, che pubblica e firma a Buenos Aires nel '46 il Manifiesto Blanco e poi torna per sempre a Milano o il Gruppo Madì, che arriva a Firenze nella galleria di Fiamma Vigo, ma anche molti altri esempi, forse meno conosciuti, ma non per questo meno significativi.

 

Sarà pertanto la permanenza in Brasile a determinare una vera e propria "impennata" nella poesia e nell'arte di Emilio Villa. Egli "scopre", nel suo viaggio a San Paolo dal '51 al '52, le procedure tipiche della poesia concreta e, sorretto dalla sua inesausta capacità mimetica, scrive alcune poesie in portoghese. Dal vivace e burrascoso contatto con l'avanguardia letteraria brasiliana, ovvero col Gruppo Noigrandes, costituitosi nel '52, Villa ricava un rinnovato impulso alla sperimentazione. che lo induce a sfruttare gli effetti visivi, oltre a quelli sonori, e a scandire con maggiore attenzione i segmenti semantici e/o i grumi fonetici sulla pagina bianca.

 

In sintonia con i precetti di Duchamp, "suo fratello spirituale", si spinge nella creazione di un linguaggio magmatico ed enigmatico, ed è soprattutto l'esperienza brasiliana, che lo conduce verso soluzioni poetiche più radicali. L'ispirazione duchampiana è sempre presente, ma sì tratta di un Dada liberato da ogni amara ironia, che lascia spazio, piuttosto, a una inesauribile sperimentazione.

 

Nei corsi e ricorsi della cultura e nel gioco delle influenze e delle contaminazioni, se accettiamo l'ipotesi dell' origine futurista, possiamo indicare, in questo caso, una sorta di boomerang culturale, che dalle sponde del sud America, torna indietro più arricchito e rivoluzionario.


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