Paolo
Albani
IL RICONOSCIMENTO
Nelle pagine interne di un
giornale di Busto Arsizio, in un trafiletto
di mezza colonna, apparve anni fa la notizia che un anziano precursore,
un insegnante di matematica in pensione, consapevole di essere un
precursore
perché in ogni circostanza tutti gli ripetevano: «Ehi
amico,
rallenta, sei troppo avanti con i tempi», aveva fondato nei
locali
del circolo culturale «Enrico Berlinguer», insieme a un
gruppetto
di amici, anch'essi precursori dichiarati, e in buona fede,
l'A.N.P.N.R.,
cioè l'Associazione Nazionale dei Precursori Non Riconosciuti.
L'A.N.P.N.R. era un sodalizio di persone profondamente motivate,
un'unione sindacale ben organizzata che aveva fra i suoi obiettivi
fondamentali
il riconoscimento, da parte delle istituzioni, del lavoro svolto con
dedizione
e perseveranza dai precursori fin dall'inizio della loro particolare
carriera.
Così facendo l'A.N.P.N.R. si prefiggeva di garantire ai
propri tesserati, com'era scritto a chiare lettere nello statuto,
«una
vecchiaia tranquilla, senza preoccupazioni di sorta», ma
soprattutto
l'Associazione intendeva «battersi con ogni mezzo»
affinché
fosse «restituito ai "precursori non riconosciuti" il bene per
loro
più prezioso: la dignità perduta».
La nascita dell'A.N.P.N.R. fu accolta in modo favorevole dai
numerosi precursori sparsi sul territorio nazionale, perché se
c'è
una cosa di cui un «precursore non riconosciuto» soffre
terribilmente
quand'è in là con gli anni (come insegna il caso di
Antonio
Meucci), più ancora delle ristrettezze economiche, è il
fatto
increscioso e demoralizzante di non venire accettato dalla
società
come precursore, e quindi l'essere messo da parte, dimenticato,
relegato
ingiustamente nell'ombra.
Il risentimento contro l'oblio a cui da sempre la società
li condanna, molto forte e diffuso fra i «precursori non
riconosciuti»,
fu uno dei fattori decisivi nel favorire il successo dell'A.N.P.N.R.
che
in breve tempo raggiunse un numero consistente di adesioni e
diventò
una forza sindacale di tutto rispetto, con suoi rappresentati quasi in
ogni regione, rapporti politici ramificati, amicizie influenti anche in
Vaticano e fra le alte sfere dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri.
A pochi mesi dalla sua fondazione, l'A.N.P.N.R. si mise subito
in movimento e aprì una vertenza con il Ministero per i
Riconoscimenti
tardivi, istituito a sorpresa dalla nuova maggioranza uscita vincente
dalle
ultime elezioni. L'A.N.P.N.R. presentò una piattaforma
rivendicativa
densa e ben articolata che stabiliva al primo punto - un punto
irrinunciabile
- la costituzione della figura giuridica del «precursore non
riconosciuto»,
così da porre rimedio a un vuoto normativo ormai insopportabile
dal punto di vista economico e morale.
Per conseguire quest'obiettivo strategico l'A.N.P.N.R. era pronta
a scatenare una lotta a oltranza in tutto il paese.
A condurre i negoziati per conto del neo Ministero scese in campo
direttamente il sottosegretario Alcide Tempestini che aveva fama di
burocrate
inflessibile (durante le vertenze era solito ripetere alla controparte:
«Ho la schiena dritta come un palo della luce!»), ma al
quale
tutti, anche gli avversari politici, riconoscevano le doti di uomo
preparatissimo
sul piano dottrinale, onesto e pronto al dialogo costruttivo.
La scelta di Tempestini a capo della delegazione del Ministero
rappresentava comunque un segnale di attenzione da parte del governo,
preoccupato
che il fronte di lotta aperto dall'A.N.P.N.R. potesse innescare effetti
imitativi - chiamati dagli esperti delle politiche del lavoro
«effetti-domino»
- in altre categorie deboli (insegnanti precari, scrittori non
affermati,
economisti neokeynesiani, quadratori del cerchio, casalinghe alcoliste,
eccetera) il cui livello di insoddisfazione era pericolosamente al
limite,
come quello raggiunto dai «precursori non
riconosciuti».
Le trattative si aprirono in un clima teso.
Non appena i delegati di entrambi gli schieramenti, circa una
trentina per parte, si furono accomodati intorno all'immenso tavolo
rettangolare
posto al centro del salone ministeriale cosiddetto del «Remare
contro»
(dal titolo di un affresco del Venturini che occupava un'intera
parete),
Tempestini, in quanto responsabile della parte ospitante, chiese subito
la parola. Sbrigati in fretta i convenevoli tipici degli incontri
sindacali
(saluti ai delegati, informazioni di servizio, auspici di buon lavoro e
cose del genere), propose di mettere all'ordine del giorno una
questione
preliminare.
Nel salone del «Remare contro» si fece immediatamente
silenzio.
«Signori, se oggi noi vi concedessimo lo stato giuridico
che reclamate, per altro in modo legittimo» - disse Tempestini
con
un accento simpaticamente romagnolo passandosi le dita sugli angoli
della
bocca - «non solo verremmo meno all'impegno preso con i nostri
elettori
di ridurre la spesa pubblica, ma incorreremmo in una lampante
contraddizione:
infatti, da che mondo è mondo, un precursore ricopre il ruolo
che
ha solo dopo molti anni dalla sua scomparsa. È sempre stato
così,
storicamente parlando. Un precursore si conferma tale nelle sue
funzioni
solo a posteriori».
A questo punto, dal lato in cui erano seduti i delegati dei
«precursori
non riconosciuti», si alzò un brusio.
«Finché si trova ancora in vita» -
proseguì
Tempestini non curandosi dei mormorii che si diffondevano sempre
più
evidenti - «nessuno si sognerebbe di chiamarlo "un precursore" e
questo per un fatto molto semplice: il dato, l'elemento sulla base del
quale lo si potrebbe definire un precursore non si è ancora
verificato.
Se mi concedete ancora qualche minuto della vostra attenzione, vorrei
farvi
un esempio: Leonardo da Vinci è stato additato come un
precursore
del carro armato soltanto dopo che il carro armato è stato
effettivamente
inventato, cioè all'inizio del XIX secolo (i primi carri armati
furono impiegati in Gran Bretagna il 15 settembre 1916 durante la
battaglia
della Somme), quando Leonardo» - aggiunse il sottosegretario con
tono leggermente sarcastico, guardando dritto in faccia gli
interlocutori
seduti in prima fila dall'altra parte del tavolo - «era
già
morto da un bel po' di tempo».
Qualcuno commentò ad alta voce: «Ma di che cosa
sta blaterando? È inaudito!»
«Lo stesso ragionamento può applicarsi a Jules
Verne»
- continuò Tempestini senza scomporsi, ignorando l'interruzione
- «perché il "Nautilus" inventato dalla fantasia dello
scrittore
francese in Ventimila leghe sotto i mari, quando il sottomarino
ancora non era stato...»
«Lei non si può permettere queste
affermazioni!»
- lo interruppe il capo della delegazione dei «precursori non
riconosciuti»
scattando violentemente in piedi. Poi, avvicinatosi il microfono alle
labbra,
disse in modo concitato: «Si vergogni!», puntando,
minaccioso,
il dito indice della mano destra contro Tempestini. Lo disse con una
tale
veemenza che la sua voce uscì stridula dagli amplificatori,
impastata
in un sibilo irritante, come quando si sfrega il coltello su un piatto.
Al grido: «Si vergogni!», come se fosse stata la
parola d'ordine convenuta fra un manipolo di cospiratori, si
scatenò
il putiferio. Alcuni rappresentanti delle opposte delegazioni, i
più
facinorosi, che non aspettavano altro, in un attimo vennero alle mani.
Volarono insulti, offese truculenti; furono strappati dei fogli in
segno
di stizza; qualcuno saltò persino sul tavolo gesticolando e
pronunciando
frasi incomprensibili in bergamasco. Una sedia sorvolò le chiome
di un gruppo di scalmanati e andò a infrangersi sul quadro del
Venturini,
scalfendone un frammento in basso.
Nel tentativo di calmare gli animi, un funzionario del Ministero,
un signore paffutello, semicalvo, strabuzzando gli occhi a palla, disse
ingenuamente: «Almeno lasciatelo finire!», ma fu colpito in
volto da un pesante bloc notes e cominciò a sanguinare dal naso.
Alla vista del sangue, i contendenti ebbero dapprima un attimo
di sconcerto, poi, come se avessero ritrovato un barlume di buon senso,
smisero di azzuffarsi. Ristabilito finalmente l'ordine nel salone,
grazie
anche all'intervento di alcuni agenti di polizia chiamati dal portiere
del palazzo che ospitava il Ministero per i Riconoscimenti tardivi, la
riunione fu sospesa e si convenne, dato il clima incandescente creatosi
fra le delegazioni, che era più saggio aggiornarla a tempi
migliori.
maggio 2005
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Uscito con il titolo "Giustiza per i Precursori Non
Riconosciuti" su il
Caffè illustrato, 28, gennaio-febbraio 2006, p. 9.
Per andare al sommario de il Caffè illustrato cliccate
qui.
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Il racconto è uscito anche in
La governante di Jevons. Storie di precursori
dimenticati, Campanotto 2007.
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