RECENSIONI Giovedì 2 giugno 2016 Umorismo involontario E ALTRI INTERVENTI a proposito di Paolo Albani UMORISMO INVOLONTARIO Compagnia Extra a cura di Jean Talon e Ermanno Cavazzoni Quodlibet, Macerata, 2016 , pp. 288, € 16,50 _____________________________________ è il libro del giorno a Fahrenheit, trasmissione di RaiRadio3, condotta da Loredana Lipperini, per ascoltare l'intervento clicca qui. *** "Il Mattino", 14 giugno 2016, p. 16. *** Per leggere in versione pdf la recensione di Stefano Vassere uscita
sul numero 29 di "Azione", settimanale della Migros di Ticino del 19 luglio 2016, cliccate qui. *** "Il piacere della lettura", supplemento al numero 19 di sabato 27 agosto 2016, p. 19 de QN IL GIORNO il Resto del Carlino LA NAZIONE. *** La bella locandina di Tirez sur le graphiste (alias Enrico Anzuini) per la presentazione del libro con Jacopo Narros alla libreria indipendente Les Bouquinistes di Pistoia il 17 settembre 2016. *** Marco Rossari, Guida pratica al ridicolo altrui, «Pixarthinking», 27 settembre 2016. Per leggere questa recensione cliccate qui. *** Edoardo Camurri parla della recensione di Marco Fossari al mio Umorismo involontario, ne parla a Pagina 3, programma radiofonico di approfondimento delle pagine culturali e dello spettacolo di Rai Radio 3; per ascoltare l'intervento di Camurri cliccate qui. *** Giuseppe Grattacaso, Le gaffes di stile, succedeoggi, cultura nell'informazione quotidiana
Analizzando
"L'umorismo involontario", Paolo Albani racconta errori, assurdità,
cadute di senso nella storia sociale e letteraria. Da Mike Bongiorno a Bush,
passando per Rocambole Nel suo Trattato delle barzellette, pubblicato nel 1961, Achille Campanile dedica un intero capitolo all’umorismo involontario. Campanile spiega che esso si manifesta, con effetti spesso esilaranti, «quando uno vuol fare o crede di fare una cosa seria e invece, o per errore, o per sbadataggine, o per ignoranza, o per caso, fa una cosa comica». Non c’è dubbio che di umorismo involontario sono piene le nostre giornate. O come spettatori, o in quanto protagonisti, ci troviamo spesso alle prese con una comicità per varie ragioni evitabile e comunque imprevista. La presenza di atti che, malgrado la volontà di chi li compie, sfociano nella risata, è dunque piuttosto consistente nelle nostre vite, ma i saggi dedicati all’umorismo non considerano, se non marginalmente, questo particolare tipo di manifestazione comica. Per rimediare a questa carenza, Paolo Albani ha scritto quella che lui stesso definisce “piccola antologia di gustose stupidaggini non volute”. Il libro Umorismo involontario è pubblicato da Quodlibet e si presenta come una carrellata in ordine alfabetico, e con scientifica documentazione delle fonti, di situazioni in cui l’umorismo, secondo quanto scrive l’autore nell’introduzione, si svela come «frutto di una ricreazione non voluta (inconscia, scomodando Freud) della nostra mente». Da questa forma di “ricreazione” nessuno può dirsi immune, tanto che possiamo parlare di una democrazia della comicità, «dato che può colpire implacabilmente qualsiasi individuo, in modo indistinto (è sufficiente una piccola distrazione), tanto che non è azzardato supporre che, una o più volte nella vita, tutti ne siamo rimaste vittime». Non sono dispensati da possibili scivoloni anche gli scrittori di successo. È il caso, ad esempio di Pierre-Alexis Ponson du Terrail, autore del popolare ciclo di romanzi di Rocambole. Ponson du Terrail, evidentemente a causa della velocità con cui era costretto a scrivere le proprie opere, di tanto in tanto si produce in accidentali spropositi dall’effetto sicuramente esilarante, del tipo: «Egli passeggiava su e giù per il giardino con le mani dietro la schiena, leggendo tranquillamente il giornale», «Con la mano destra afferrò il pilota, con la mano sinistra strinse a sé la fanciulla, e con l’altra chiamò al soccorso!», o ancora «Odo il passo di un mulo… È il mio amante», e infine la perla «Ah! Ah! – fece egli in portoghese». Particolarmente gustosi sono anche i giudizi critici di rara lungimiranza, che non escludono nessuna forma di arte. Scrive il critico letterario Eugène Poitou a sei anni dalla morte di Balzac, sulla Revue des deux Mondes: «Nei suoi romanzi non c’è niente che riveli particolari doti immaginative, né la trama, né i personaggi. Balzac non occuperà mai un posto di rilievo nella storia della letteratura francese». Appunto. Paolo Albani, che è poeta visivo e performer, membro dell’OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale), direttore di Techne, “rivista di bizzarrie letterarie e non” e dichiara di ricoprire la cattedra di Letteratura Fantastica presso la Facoltà di Scienze Inutili di Barcellona, non è nuovo ad imprese del genere. Già nel 1994 aveva pubblicato per Zanichelli Aga Magéra Difùra. Dizionario delle lingua immaginarie, e poi, fedele in qualche modo alla forma del dizionario e dell’elenco, Forse Queneau. Enciclopedia delle scienze anomale e Mirabilia. Catalogo ragionato dei libri introvabili, entrambi per Zanichelli, rispettivamente nel 1999 e nel 2003, fino ad arrivare ai più recenti volumi, apparsi nelle edizioni Quodlibet, Dizionario degli istituti anomali del mondo (2009) e I mattoidi italiani (2012). Umorismo involontario
è un libro godibile, una collezione ragionata di gaffes (quelle di Bush e Mike
Bongiorno campeggiano su tutte), errori, fatali imprudenze e ruzzoloni di vario
genere, che vanta un antenato illustre nel Dizionario
dei luoghi comuni di Flaubert e che rende esplicita l’idea di Manganelli
che la scrittura letteraria dovrebbe sempre essere provocatoria, disubbidiente
e beffarda. E beffardo è quello che Paolo Albani scrive, provocatorio e
disubbidiente, fino a coniugare a proprio modo, stravolgendola, la massima di
Talleyrand, inserita proprio nel dizionario di Flaubert alla voce “Errore”: «È
peggio di un delitto, è un errore».
***
Giuseppe Martini
SCRIPTA MANENT [...] Infine, uno dei pochi risvolti positivi dello scollamento fra realtà e linguaggio è l'inconsapevolezza dei suoi effetti. Paolo Albani, scrittore e poeta, ne ha raccolti parecchi in Umorismo involontario (Quodlibet, 16,50 euro), che si propone come un dizionarietto di casistica tecnica dello strafalcione, della gaffe, della ciuscherata verbale. La pratica ha quarti di nobiltà e ricadute alte. Avete presente il Mosè di Michelangelo con le corna? Nasce dal fatto che San Girolamo, traducendo, confuse la parola ebraica «qaran» (raggio di sole) con «qeren» (corno). Per non dire delle idiozie (l'ostracismo per la parola «History», troppo maschilista per via di «His»), delle delizie del T9 («written on post it» che diventa «written on pretty tits) alle sublimità di Mike e finalmente dello sciocchezzaio della titolistica: «Affitti alle stelle: riaprono le case chiuse». Questa è pura accademia, altro che no. «Arbiter», 1 settembre 2016.
*** Antonio Castronuovo
FACILE RIDERE: BASTA LEGGERE IL MONDO
C’è stato anche uno spicchio del
movimento femminista che ha rifiutato la parola “history” per via di
quel pronome “his” che rinvia troppo apertamente a una storia declinata
al maschile, e proposto di sostituirla con “herstory”, dove appunto il
pronome “her” avrebbe messo le cose a posto facendo della storia – come
in effetti è stato, si afferma da quelle parti – qualcosa di
principalmente femminile. Anche se poi la proposta ignorava bellamente
l’antica etimologia del termine “storia”, che non contiene alcun
riferimento di genere.
L’episodio
fu narrato da Umberto Eco nella “Bustina di Minerva” del 17 giugno 2004,
Pistola dell’ostrega, dove il ricordo fu usato per sottolineare come il
programma di purificazione del linguaggio perseguito dal “politically
correct” avesse prodotto uno schietto fondamentalismo. Edoardo
Crisafulli, nel sempre-verde saggio Igiene verbale (2004), propone una
cascata di simili sciocchezze, dimostrando che sì, è
possibile sospettare si sia trattato di fondamentalismo. Sarebbe
sufficiente rammentare alcuni eufemismi proposti in tal senso dalla
cultura anglosassone: come l’invito a sostituire “elderly” (anziano) con
“chronogically gifted” (dotato dal punto vista della cronologia),
oppure “fatty” (ciccione) con “horizontally challenged” (svantaggiato
sul piano orizzontale).
Non si tratta però solo dell’identificazione di un integralismo culturale: l’episodio rientra a pieno titolo in quel cosmo cromatico e copioso che Paolo Albani ha ora schedato nel suo Umorismo involontario (Quodlibet 2016), manuale arguto e spassoso, ma anche prova – purtroppo – di quanto sia comico il mondo che vorremmo serio (quello politico, il televisivo, il cosmo della comunicazione verbale e giornalistica). Manuale dal quale si esce con una tragica consapevolezza: non c’è bisogno di acquisire i mezzi per censurare la realtà, come accadeva quarant’anni fa, quando era culturalmente necessario forgiarsi i mezzi della critica dialettica, oggi l’umorismo involontario dimostra quanto la realtà sia drammaticamente fragile, qualcosa di umano-troppo-umano che non ha nemmeno bisogno di essere censurato: tutto crolla da solo con un soffio. Quel che accadde a Johannesburg il 10 dicembre 2013, e che Albani narra nel lemma Traduzione errata, ha dell’incredibile: in occasione dei funerali di Nelson Mandela parlarono in mondovisione personalità politiche di tutto il mondo, tra cui anche Obama. Per tutto il tempo in cui si susseguirono i discorsi, un traduttore che all’inizio sembrava riprodurre il codice dei segni per sordo-muti non fece altro che recitare un codice visivo inesistente e privo di qualunque significato. Nessuno se ne rese conto lungo le quattro ore di allocuzioni e così il traduttore, tale Thamsanqa Jantjie, riuscì a realizzare il primo sketch straordinariamente comico del nuovo millennio. Ora, nel cosmo dell’umorismo involontario cadono anche le false etimologie (come quelle create da un professore del primo Novecento che riteneva “capitale” la città cui era “capitato” di essere sede del governo), i favolosi refusi giornalistici (“Il Papa è entrato in San Pietro mentre tutti i cardinali gli facevano corna”, dove l’ultima parola doveva essere “corona”), gli svarioni del linguaggio scientifico (“Ho la vagina pectoris”, “Mio padre ha il morbo di Pakistan”), o anche i più famosi errori di giudizio letterario (come il precoce rifiuto editoriale del romanzo di Proust, o tutte gli svarioni pronunciati all’insegna dell’Ulisse di Joyce). Un mondo parallelo, quello dell’umorismo involontario, che dal glossario di Albani affiora in tutta la sua poderosa quantità e dimostra che non c’è nulla da fare: il mondo è ben più comico di quel che sembra. Lo grida quel titolo di giornale che, per descrivere il grave evento atmosferico del giorno prima, apparve in questi caratteri cubitali “TROMBA MARINA PER UN QUARTO D’ORA”. Qualcuno si sarà anche chiesto chi fosse l’autore del gesto – troppo breve o troppo lungo, a seconda dei gusti – ma il succo della questione è che la realtà fa ridere. E che lo faccia involontariamente è cosa ancor più funesta, e fatale. «La Confederazione italiana», rivista on line fondata e diretta da Geminello Alvi (purtroppo ha sospeso le pubblicazioni), mercoledì 19 ottobre 2016. *** LITURATERRE
rotocalco di informazione letteraria di Radio statale di Milano La ciurma di Lituraterre
prende il largo in questa terza stagione di dirette radiofoniche da Via
Festa del Perdono con nuovi compagni di viaggio: Sara, Cristiana e
Marcello ci aiuteranno a tenere la rotta e a sfidare mari sempre
più impegnativi. Nella prima puntata troverete molte risate non
pre-registrate causate da un'epidemia di Umorismo Involontario (Paolo
Albani, Quodibet) e le nostre riflessioni sull'ultimo trionfatore
dell'ultimo Premio Campiello: La prima verità (Simona Vinci,
Einaudi). Per continuare a onorare le nostre tradizioni più
rispettabili chiudiamo con la rubrica di fumetti migliore d'Europa,
quella della nostra beloved Daria. Il tutto condito da una playlist
sindrome di Stendhal.
Per ascoltare la puntata radiofonica andata in ondata il 10 novembre 2016 cliccate qui. *** Serena Bedini
LA DEMOCRAZIA DELL'UMORISMO INVOLONTARIO Se è vero che oggi scrivere sembra
essere una delle attività più comuni e inflazionate, non deve essere affatto
semplice redigere un testo originale, innovativo, che vada a colmare un vuoto
editoriale e sia anche piacevole da leggere. Paolo Albani ci è riuscito con
Umorismo involontario, un’opera piacevole che annovera al suo interno un
esaustivo elenco di autori e situazioni involontariamente umoristiche, ed è
stata pubblicata da Quodlibet. Bisogna prima di tutto dire che ridere
non è facile e far ridere lo è ancora di meno: eppure a volte capita di
suscitare il riso senza accorgercene, divenendo noi stessi i primi attori della
gag che abbiamo inscenato non volendo. Una caduta accidentale e priva di
conseguenze sul fisico, la sbagliata pronuncia di una parola, un lapsus, un
refuso in un testo che si scrive e, accorgendocene, cominciamo a divertirci,
forse anche arriviamo a raccontare agli altri la nostra disavventura per svagare
anche loro. Ebbene Paolo Albani, all’interno del suo volume Umorismo involontario, annovera in
rigoroso ordine alfabetico, una gamma completa di gaffe, strafalcioni, errori,
non-sense e chi più ne ha più ne metta, scaturiti dalla fervida immaginazione
del caso o della distrazione e che hanno finito per coinvolgere persone comuni,
grandi scrittori, professori, politici, personaggi televisivi. Questo libro
insomma, in cui a dire la verità si ride dall’inizio alla fine, ospita ogni
sorta di umoristi involontari che tuttavia non vengono guardati con distacco e
superiorità, né giudicati e messi in ridicolo, ma piuttosto raccontati in tono
benevolo, quel tono insomma di chi è grato per aver sorriso, persino riso, in
maniera inaspettata e dunque preziosa. La sbadataggine, l’ignoranza, a volte lo
scarso acume, lontani da essere considerati difetti, divengono in questo volume
gli strumenti, i mezzi per indurre il buonumore e, a volte, per spiegare degli
imperdonabili svarioni: «Al termine del suo saggio sugli “spropositi” Scarlatti
cita le improprietà e le imbecillità del linguaggio divenute d’uso corrente
[…]; così ad esempio d’una ragazza non bella, ma che tuttavia possiede la
ricchezza della gioventù, si dice che ha “la bellezza dell’asino”, errore di
traduzione del francese “la beauté de l’âge”; la parola “âge, pronunciata “as”
in Piemonte, è diventata “aso”, cioè “asino”» (Paolo Albani, Umorismo involontario, p.224-225).
Talora l’assurdità di certi testi diviene persino la fonte d’ispirazione di
grandi opere letterarie, come nel caso di Ionesco che decide di scrivere La cantatrice calva, dopo aver letto un
manuale di conversazione per apprendere l’inglese, involontariamente comico per
l’estrema ovvietà delle situazioni proposte. Del resto, ci ricorda Paolo Albani,
l’umorismo involontario, oltre che «profondamente umano», è «“democratico”,
dato che può colpire implacabilmente qualsiasi individuo, in modo indistinto (è
sufficiente una piccola distrazione), tanto che non è azzardato supporre che,
una o più volte nella vita, tutti ne siamo rimasti vittime» (Premessa in Umorismo involontario, p. 13). Non prendiamoci troppo sul serio,
quindi, tanto capita a tutti! – sembra dirci l’autore che scandaglia senza
pietà testi in “burocratese”, cartelli pubblicitari, discorsi politici,
testamenti, romanzi classici e contemporanei, difetti di pronuncia e molto
altro ancora, alla ricerca di umoristi sotto mentite spoglie, talmente ben
nascosti da non rendersi nemmeno conto di quanto involontariamente divengano divertenti.
E così dalle “frasi matte” alle “italianizzazioni fasciste”, dalla Piquiponada
allo Spoonerismo, passando per la Sintassi ingannevole, Paolo Albani ci solleva
l’animo dalla pesantezza dei giorni in un succedersi esilarante di esempi che ci
parla, tra le righe anche di un mondo che cambia, ma che pure è sempre uguale
nella spontaneità delle gaffe. Soprattutto l’autore ci dimostra con la
leggerezza del sorriso che con un accurato metodo di ricerca non si rischia di
tralasciare nessun ambito e si può redigere un testo valido, perché, se per
diventare dei bravi umoristi involontari bastano pochi istanti di distrazione,
per essere scrittori occorre tempo e fatica. E infine una recensione come questa, su
una rivista di critica letteraria, non può che concludersi con un riferimento
all’umorismo involontario dei giudizi di lettura, tra cui ne riportiamo uno
quanto mai eclatante e gustoso: «Nel 1856 viene rifiutata la pubblicazione di Madame Bovary di Gustave Flaubert con
questa lettera: “Signore, avete seppellito il vostro romanzo in un cumulo di
dettagli che sono ben designati ma del tutto superflui”» (Umorismo involontario, p. 84). Anche i critici letterari spesso –
ben lo dimostra Paolo Albani nella sezione dedicata del suo volume - riescono ad essere involontariamente comici!
«Qui Libri», la rivista di chi legge, Anno VIII, 39, gennaio-febbraio 2017, p. 49. *** Nella rubrica di Francesco Merlo La carezza su "la Repubblica" del 13 giugno 2022 (p. 28), intitolata Come è grottesca l'invettiva su Telegram, è citato il mio dizionario:
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