Paolo Albani
UNA RECENSIONE 
IN FORMA DI LETTERA


 Caro Walter,
 ho pensato di mandarti per la rivista una recensione. Il fatto è che in questi giorni ho finito di leggere un libro straordinario, un romanzo che mi piacerebbe far conoscere ai lettori de il Caffè illustrato. Premetto subito, a scanso di equivoci, che non si tratta di un libro inesistente, immaginario, inventato; perciò la recensione che ho scritto non è uno di quei sotterfugi per cui mi sono guadagnato la cattiva reputazione di «falsario».
No, il libro è vero, verissimo, e mi ha deliziosamente folgorato.
 Era da tempo che non mi succedeva di leggere un libro così interessante, un degno esemplare di quella categoria di libri da cui, una volta iniziati, non riesci più a separarti, che ti catturano, ti magnetizzano, che non vedi l'ora di riprendere in mano, un libro che quando ti metti a leggerlo in poltrona o sulla panchina di un giardino pubblico o altrove, nessuno ti deve disturbare, caschi pure il mondo.
 Insomma un libro avvincente, scritto bene, con un linguaggio comprensibile, ma non banale, uno di quei libri (sempre più rari di questi tempi) che ti dispiace che a un certo punto finisca, perché un attimo dopo che l'hai finito ti prende una specie di smarrimento, di vuoto, di panico che si esterna nella frase: «Oddio, e ora cosa farò!»
 Quello che ho appena finito di leggere è un libro che ti viene voglia di consigliare agli amici, di cui senti il desiderio di parlare in ogni occasione, dovunque ti capita, in treno o in metropolitana, anche su brevi tragitti; mentre fai colazione al bar tirando per il gilè il giovane barista che non sta a sentirti perché indaffarato a velocizzare gli sbuffi vaporosi della macchina del caffè e perché di letteratura e di libri in genere a lui, al giovane barista, non gliene frega niente, oppure durante l'intervallo di un film, o mentre aspetti tuo figlio davanti a scuola, o sei in fila alle poste o in banca; dall’ortolano mentre scegli personalmente la frutta e c’è un signore lì, vicino a te, dall’aria melanconica, che potrebbe essere un lettore potenziale del libro di cui ti sei innamorato; e ne parli volentieri anche con il casellante dell'autostrada mentre sei in attesa degli spiccioli di resto e dietro di te gli automobilisti strombazzano e ti maledicono infuriati, e ti viene voglia di parlarne persino al tuo medico che sai benissimo che non legge un romanzo da una vita, e infatti, mentre gli parli del libro, lui continua a scrivere le ricette senza mai alzare lo sguardo verso di te che intanto ti ostini a spiegargli la bellezza di quel romanzo, che è un romanzo - ti sforzi di fargli capire - stupendo, impareggiabile, come non se ne scrivevano da anni.
 E in effetti è da anni che non provavo la gioia d'immergermi in una lettura così esaltante, istruttiva, tonica. Alla fine, mi rendo conto che è una banalità, ma non c'è niente di meglio che un buon libro per disporti felicemente verso il mondo, per avere nuovi stimoli, per farti riflettere in modo costruttivo su quelle che retoricamente si chiamano «le traversie della vita».
 Quello che ho finito di leggere soltanto l’altro ieri è un romanzo che si potrebbe definire formativo, riflesso delle aspettative e dei turbamenti di un'intera generazione, che poi è la mia generazione, e forse anche per questo mi è piaciuto tanto. Perché un po’ mi sono identificato nel protagonista, nel suo modo di affrontare le difficoltà, di relazionarsi con gli altri, in particolare con le donne, di vivere le proprie contraddizioni e debolezze. 
 Ho trascorso delle belle serate in compagnia di questo libro, e adesso mi manca. Confesso che è il primo romanzo che leggo di questo autore. Avevo visto delle buone recensioni sulle pagine culturali di alcuni quotidiani, ma non credevo, al momento della lettura, si rivelasse così piacevole. Certamente, prima o poi, ne faranno un film, è una storia che si presta magnificamente a una riduzione cinematografica. A dirigerlo, il film, ci vedrei bene Patrice Leconte, che io adoro.
 A questo punto, che altro dire? Una raccomandazione: non lasciatevi sfuggire questo libro, appena avete un po’ di tempo leggetelo, merita, ve lo garantisco.

il Caffè Illustrato, 45, novembre/dicembre 2008, p. 8.



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