Paolo Albani
SINDROME 
DEL BIBLIOFILO INAPPAGATO

 



Népomucène-Auguste Pichauld, conte di Fortsas (1770-1839), arrivava a distruggere dei libri rari pagati a peso d'oro non appena veniva a conoscenza che erano stati segnalati in qualche catalogo, ovvero - orribile sorpresa! - quando scopriva di non esserne l'unico possessore. L'insana passione per i libri può arrivare fino al punto estremo di spingere il bibliofilo a mangiarseli i libri, in un gesto di sublime possesso, di totale fusione con la carta stampata: la «bibliofagia», cioè l’atto o la consuetudine di mangiare i libri, è pratica antica e molto più diffusa di quanto non si creda.
 La sindrome che forse meglio ritrae l'emblematica figura del bibliofilo è il «senso di castrazione libraria», cioè la sofferenza, lo smarrimento che il bibliofilo vive di fronte alla mancanza di un libro fortemente desiderato. Il non possesso di un libro vagheggiato da anni, di cui si è seguito inutilmente le tracce nei magazzi
 I bibliofili, è noto, sono gente strana, eccentrica, inaffidabile. L'amore morboso, irrefrenabile per i libri, per i libri in quanto oggetti, di cui amano tutto anche i tarli («Io, lo confesso oggi, amo anche quelli» ha scritto Eco), porta spesso il bibliofilo a commettere le nefandezze più riprovevoli. 
 Guglielmo Libri, nomen omen, fu al centro di un famoso scandalo nel XIX secolo, accusato di aver sottratto un'enorme quantità di libri dalle biblioteche pubbliche francesi; Jean-
ni più sperduti delle librerie antiquarie e dei collezionisti di tutto il mondo, è causa di un malessere che qualcuno ha paragonato, e non a torto, al complesso di castrazione, allo scacco che la bambina prova, secondo Freud, di fronte alla mancanza del pene (nel nostro caso il libro).
 Il libro amato, ma non posseduto, che sciaguratamente resta ancora lontano dagli scaffali della propria biblioteca, di cui è privato a dispetto della sua volontà, diventa per il bibliofilo un'idea fissa, un supplizio mentale, si trasforma piano piano in un tarlo demoniaco, fonte di un'angoscia e di una tristezza incolmabili, e a volte, come si è detto, di scelte improbe.
 Del resto, senza il possesso di quel libro, senza poterne gustare da solo l'inconfondibile corporatura, il bibliofilo si sente perduto, non realizzato, sospeso nello spazio di un'incompletezza cosmica.


Psicologia cacopedica, divertissement, citazioni, cultura cacopedica, 2, gennaio 2007, pp. 8-9.


Questo testo è stato ripubblicato su Corto circuito. Rivista di cultura ludica, cacopedica e potenziale, numero 1, ottobre 2007, pp. 36-37, e in seguito su Bibliofilia curiosa. Libri immaginari, bizzarri, mai scritti & falsi, apice libri, Sesto fiorentino (Fi), 2018, pp. 104-105.

Un ampio stralcio di questo testo compare anche nel Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo (Sellerio, Palermo, 2021) alle pp. 415-416.




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