Paolo Albani
IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA All’entrata della scuola Marco
si tolse lo zainetto dalle spalle e salutò il padre sventolando
timidamente una manina. Non appena dentro fu accolto dal sorriso di una
giovane custode che sorvegliava il flusso degli scolaretti. La custode
era bionda, un volto largo, rassicurante, punteggiato da due occhi
luminosi che avevano una forma un po’ a mandorla.
Lungo il corridoio Marco si guardò attorno, spaesato. Su una parete c’era una carta geografica dell’Italia, con le montagne in rilievo, tutte grinzose. Si fermò ad osservarla. Era come guardare la terra dal finestrino di un aereo. La bocca gli si aprì in segno di meraviglia. Poi d’un tratto si sentì prendere la mano. Alzò lo sguardo e vide la custode. «Vieni, ti porto nella tua classe». Marco si lasciò condurre, affidandosi al calore di quella mano larga e delicata. Nell’aula 11 Marco trovò altri bambini che, come lui, indossavano il grembiule nero, e vociavano festosi. Alcuni si rincorrevano fra i banchi. Un tipetto silenzioso, capelli a spazzola impomatati, sbirciava fuori della finestra, tenendo d’occhio allo stesso tempo la porta dell’aula. Quando suonò la campanella la maestra era già dietro la cattedra. I bambini si erano calmati. La maestra salutò, disse che era felice di vedere tante faccette «birichine» e che da lì a poco, ne era sicura, avrebbe fatto amicizia con tutti. Anzi, per non perdere tempo, cominciò subito a fare l’appello, per scoprire chi si nascondeva dietro i nomi scritti sul registro, alcuni davvero buffi, come Battipede, Lasciarrea o Perdichizzi. Marco si era seduto nel terzo banco della fila centrale. Accanto a lui, un mingherlino pieno di brufoli, che dondolava di continuo le gambe, e cercava di aprire un astuccio di matite. Quando sentì il suo nome Marco si alzò in piedi, come aveva detto la maestra, e disse con un filo di voce: «Presente». Fu in quel momento che focalizzò bene il volto della maestra. Era una donna giovane, bionda, con gli occhi leggermente allungati, all’orientale. Assomigliava moltissimo alla custode che lo aveva preso per mano. Proprio due gocce d’acqua. Marco non si stupì. Pensò che la maestra e la custode erano gemelle. Anche Lidia e Carmen, le due bambine che abitavano sotto di lui, erano gemelle. Due rompiscatole terribili, vestite sempre uguali, che uno faceva fatica a riconoscere chi era Lidia e chi era Carmen. Ad un tratto la porta dell’aula si aprì. Si affacciò una donna, con i capelli folti e cotonati, che sembrava portasse la parrucca. La maestra fece il gesto di alzarsi e disse: «Bambini, in piedi. Vi presento la direttrice didattica». «Seduta», intervenne con un cenno della mano la direttrice rivolta alla maestra, e poi, girandosi verso la scolaresca, ripeté: «Seduti. Buongiorno, sono venuta a darvi il benvenuto di persona». «Il primo giorno di scuola», attaccò la direttrice, «è molto importante, comincia per voi una nuova avventura che...» Marco non riuscì a seguire il discorso della direttrice. Rimase sorpreso, impressionato dalla straordinaria somiglianza che accomunava la donna appena entrata, e che ora stava parlando, alla sua maestra, e perciò, di rimando, alla custode. Anche la direttrice era giovane, bionda, e aveva gli occhi simili ad una cinese. Le tre donne erano la fotocopia l’una delle altre. Vestite allo stesso modo, come quelle smorfiose di Lidia e Carmen, si sarebbero distinte a malapena. A Marco la cosa sembrò davvero strana. Tre persone uguali, perfettamente identiche, impegnate nella stessa scuola. Una scuola pubblica, per di più. Perché nel caso di un’attività privata, di tipo familiare, allora sì, con un po’ di fantasia, si poteva anche pensare al sodalizio di tre sorelle, gemelle. Ma in una scuola statale la cosa diventava difficile da credere. Insomma, la coincidenza era bizzarra. Marco non se ne dava pace. In più, nessuno, tranne lui, sembrava aver notato quell’insolita identità femminile. Durante l’intervallo per il pranzo, Marco scappò. Fuggì scavalcando una piccola siepe che separava il giardino della scuola dalla strada provinciale. Nessuno lo vide allontanarsi. Scappò un attimo dopo che l’inserviente della mensa, una giovane donna bionda con un taglio degli occhi decisamente asiatico, gli aveva servito un piatto di pasta con il tonno. Da Il garzoncello scherzoso, rivista on-line, 2001. |