NON PLAGIATE LA VERA POESIA DEMENZIALE! LE VIRTÙ DI INGARRICA «Recensione è quella cosa / che se stronchi su un giornale / lo scrittor la prende male / e offende il recensor». La forma di questa (mia) insulsa poesiola è quella delle cosiddette «ingarrichiane», il cui nome deriva dal suo inventore, tale Ferdinando Ingarrica (1787-?), giudice del regno borbonico alla Gran Corte criminale nel Palazzo di Giustizia di Salerno, autore di un Opuscolo che contiene la raccolta di cento anacreontiche su di talune scienze, belle arti, virtù, vizj, e diversi altri soggetti, composto per solo uso de’ giovanetti (Napoli 1834). Le anacreontiche di Ingarrica − brevi poesie in ottonari di quattro o otto versi, spesso con l’ultimo verso apocopato, che prendono il nome dal poeta greco Anacreonte (570 a.C. ca. - 485 a.C. ca.), lo schema delle rime è ABBc – affrontano vari temi, «le cose più notabili», come la legge, le lingue, lo scrivere, la guerra, l’onore, il gioco, l’odio, la pace o lo scherzo. La prima edizione delle anacreontiche, poi chiamate ingarrichiane, o incarrighiane storpiando il nome dell’autore, fa ridere tutta Napoli e il successo del libro provoca il moltiplicarsi di composizioni apocrife; le edizioni successive del libro, non autorizzate, mettono in difficoltà Ingarrica con la corte. Pare che la famiglia dell’autore abbia cercato di togliere dalla circolazione il maggior numero possibile di copie dell’Opuscolo, per sottrarre dal ridicolo il loro congiunto. Nei primi decenni del secolo XIX le anacreontiche di Ingarrica sono riprese, con il nome di «versi maltusiani» e un diverso spirito epigrammatico, nella cerchia fiorentina della rivista «Lacerba». Il termine «maltusiano» (a volte scritto con la «h») fa riferimento all’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus (1766-1834), sostenitore della necessità della limitazione delle nascite. A quei tempi il metodo anticoncezionale più diffuso è il coitus interrupts, e di fatto le giocose poesiole maltusiane hanno la caratteristica di interrompere l’ultima parola dell’ultimo verso. Ai versi maltusiani i futuristi dedicano un Almanacco purgativo 1914 con testi, molti dei quali scritti da Luciano Folgore, come questo: «Marinetti è quella cosa / Futurismo + cazzotto / dieci pel bel giovinotto / tra-ta-ta zun-zu bun-bu.». Di versi simili ne scrive e recita Ettore Petrolini (Petrolini è quella cosa / che ti burla in ton garbato, / poi ti dice: ti è piaciato? / se ti offendi se ne freg.) e persino Antonio Gramsci in una cartolina scritta a Mosca il 16 ottobre 1922, indirizzata alla cognata Eugenia Schucht. Ne pubblica anche Benito Mussolini nella rubrica La colonna infame de «Il Popolo d’Italia». Più di recente, si sono cimentati nel gioco dell’ingarrichiana scrittori e intellettuali del calibro di Umberto Eco (Umberteco è quella cosa / che s’inventa un’abbazia / poi per colpo di pazzia / non ricorda manco il nom.), Stefano Bartezzaghi e Francesco Durante, scrittore e traduttore di John Fante. A una ricostruzione della storia della ingarrichiana ha dedicato uno studio meticoloso e godibilissimo, Poesia demenziale da Ferdinando Ingarrica a oggi (Quodlibet Compagnia Extra), Stefano Tonietto, particolarmente propenso per le opere futili e inutili, come si legge nella sua nota biografica, autore, fra l’altro, di un poema comi-cavalleresco in ottave (37.064 versi) e di una riscrittura, anche nelle note, dell’Inferno dantesco in forma di lipogramma in “a”. Il termine “demenziale” del titolo è quanto mai azzeccato poiché, oltre una buona dose di comicità involontaria, racchiude in sé due anime, evoca due irresistibili attitudini letterarie: la stupidità (“stupido” ha la stessa etimologia di “stupito”) e il nonsense, che non significano la stessa cosa, ma hanno in comune non poche suggestioni, manipolazioni e perversioni linguistiche. Un binomio che, simpaticamente, aleggia nei divertiti versi delle ingaricchiane, antiche e nuove. Stefano Tonietto (a cura di) Poesia demenziale da Ferdinando Ingarrica a oggi Quodlibet Compagnia Extra, pagg. 312, € 19
«Domenica - Il Sole 24 Ore», N. 358, 29 dicembre 2024, p. IX. Per la versione in pdf di questa recensione cliccate qui. Per andare o ritornare al menu delle mie collaborazioni alla «Domenica de Il Sole 24 Ore» cliccate qui. HOME PAGE TèCHNE RACCONTI POESIA VISIVA |