Paolo Albani
IL
PIACERE DEL TESTO
Galleria «Il Punto»
Firenze
sabato 30 marzo 1985
Performance effettuata durante
la Seconda Edizione del Festival
di Poesia organizzato da
Ottovolante (Circuito per la
Produzione di Poesia) di Firenze.
All'incontro partecipano
Paolo Albani, Lino Di Lallo,
Massimo Migliarino, Massimo Mori,
Antonio Porta, Giovanni Raboni,
Toti Scialoja e Cesare Viviani.
L'azione performativa consiste
nel leggere da
un ampio volume questo testo:
Il piacere del
testo, il piacere della lettura, riassume
una tematica che oggi, in questa bassa congiuntura di esercizi inutili,
di buchi nell'acqua del linguaggio, di vuoti manierismi, cattura
facilmente
lo sprovveduto lettore in cerca di paradisi calligrafici e lo
circuisce,
lo disorienta, esaltandone l'insonnia fino al punto di farlo sospirare:
- Voglio leggere fino a farmi del male! Ah
sì,
fino a morirne di gioia!
Seguendo Roland Barthes, raffinato esegeta
della
sensualità narrativa, si può tentare la ricostruzione di
una tipologia dei piaceri della lettura.
Innanzi tutto c’è il feticista che,
secondo
Barthes, «si accorderebbe col testo ritagliato, con lo
spezzettamento
delle citazioni, delle formule, delle cadenze, col piacere della
parola.
L'ossessivo avrebbe la voluttà della lettera, dei linguaggi
secondi,
sfasati, dei metalinguaggi (questa classe riunirebbe tutti i logofili,
linguisti, semiologi, filologi: tutti coloro per i quali il linguaggio
ritorna). Il paranoico consumerebbe o produrebbe dei testi tortuosi,
delle
storie sviluppate come ragionamenti, delle costruzioni posate come
giuochi,
delle restrizioni segrete. Quanto all'isterico (così contrario
all'ossessivo),
sarebbe colui che prende il testo per oro colato, che entra nella
commedia
senza contenuto, senza verità, del linguaggio, che non è
più il soggetto di nessuno sguardo critico e si getta attraverso
il testo (cosa ben diversa dal proiettarvisi)».
In questo provvisorio catalogo dei piaceri
del
testo, ce n'è infine uno che potrebbe ben figurare nell'ambito
delle
perversioni, dei tic incurabili.
Un piacere che investe la
personalità di
coloro - e non sono pochi - che si avvicinano ad un testo con un
atteggiamento
cannibalesco, quasi ne volessero divorare i tessuti interni e trovare
in
esso una fonte di alimentazione alla propria insaziabile fame di
letterarietà.
[A questo punto parte una musica, un cancan, a
un
volume prima basso, poi sempre più alto, più alto].
Questi personaggi scambiano la scrittura per una
ricetta
di cucina e la masticano talmente in fretta da non digerirla bene e
s'ingrassano
di vocaboli difficili, roboanti, si riempiono la bocca di
futilità
insipide, stracotte, di volgari imitazioni o rifacimenti. Sono pronti
ad
abbuffarsi avidamente sulle ultime novità ancora calde
d'inchiostro,
appena appena uscite dal forno delle stampe, e mangiarsi con gli occhi
ogni tipo di genere letterario, di carteggio inedito, di pagina postuma
o di diario.
[Estraggo dal libro degli spaghetti e comincio
a mangiarli continuando a leggere il testo]
Nelle loro mani, un testo assume l'aspetto
di un
pic nic espressionista, e si compiacciono di una simile gastronomia
spoetizzante,
di preparare per amici e conoscenti un Majakowskij alla coque, un
Rimbaud
con le vongole, un Musil tartufato, un Beckett al vino bianco...
[Continuo a mangiare spaghetti, mentre il
cancan si
diffonde sempre più forte...]
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La serata è ricordata nel libro di Massimo Mori,
Il circuito della poesia, Manni, Lecce 1997, p. 118.
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