Ditemi cosa fate nel tempo libero (o liberato) – suggerisce
chi studia i comportamenti umani – e vi dirò chi siete. In genere, nel
tempo libero, coltiviamo le nostre passioni-ossessioni, collezioniamo
francobolli o farfalle, passeggiamo nei boschi, leggiamo libri,
guardiamo le serie in tv, o magari, perché no?, ci giriamo i pollici,
comodamente stravaccati sul divano. A ogni passatempo è lecito associare
un profilo esistenziale del tempoliberista che mostra, una volta fuori
dal lavoro, a seconda dei casi, inclinazioni schizofreniche o
contemplative, rasserenanti o grintose.
Se penso a certi scritti di Georges Perec (1936-1982)
pubblicati su giornali e riviste tra il 1973 e il 1981, usciti postumi
da Seuil nel 1989 con il titolo L’infra-ordinario, e ora ristampati da Quodlibet Compagnia Extra, mi piace pensare che lo scrittore francese, autore di La vita istruzioni per l’uso
(1978), l’ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo, come lo
definì il suo amico Italo Calvino, li abbia concepiti, quegli scritti,
durante il tempo libero, nelle pause dal lavoro di documentaliste
(intermediario nella comunicazione), svolto in un laboratorio di
neurofisiologia presso il CNRS (Centre National de la Recherche
Scientifique).
L’occhio di Perec è concentrato, come lui stesso ci spiega, su quello
che succede e si ripete ogni giorno, il banale, l’evidente, il comune,
l’abituale: è questo l’infra-ordinario. Che ognuno di noi vive come se
non contenesse né domande né risposte, come se non trasportasse nessuna
informazione, mentre è importante per fondare la nostra antropologia,
che parla di noi: non più l’esotico, ma l’endotico (il pezzettino di
mondo che abbiamo sotto il naso), per uscire da quel sonno senza sogni
che è la nostra vita.
Così, in una pausa del lavoro, mi sembra di vederlo
Perec recarsi in rue Vilin, a Parigi, una strada che in origine partiva
da rue des Couronnes, per proseguire in linea retta verso nord-est, in
leggera pendenza, per circa 200 metri, prima di terminare con una
scalinata di cinquantina gradini. È qui, al n. 1, che Perec passa
l’infanzia; poi, fino al 1941, si trasferisce al n. 24 dove la madre
Cyrla gestisce un negozio di parrucchiere. Ora la strada, mentre Perec
la percorre descrivendone ogni angolo in mesi, giorni e ore diversi, è
semi-distrutta. Proprio La rue Vilin è il primo scritto che compone L’infra-ordinario.
Il secondo, dedicato a Italo Calvino, è il resoconto di un tempo libero vacanziero, ovvero Duecentoquarantré cartoline illustrate a colori autentici,
ottenute combinando frasi stereotipate tipo: “ho una bella scottatura”,
“dolce far niente”, “si mangia stupendamente”, ecc. (tre varianti di
cinque situazioni relative a luogo, paesaggio, impiego del tempo, stato
fisico e saluti finali, 3 elevato alla quinta = 243). Magia della
letteratura combinatoria di cui Perec è stato un interprete formidabile
(dal 1967, insieme a Raymond Queneau, lo stesso Calvino e altri, ha
animato le attività dell’OuLiPo, Ouvroir de Littérature Potentielle, una consorteria di letterati intenti a costruire bizzarri testi partendo da regole formali).
Seguono due scritti, Tutt’intorno a Beauborg e Passeggiate londinesi, in cui Perec si abbandona all’essenza stessa del tempo libero, la più gradevole, ossia deambulare (quasi alla maniera dei flâneur)
in spazi da cui lasciarsi catturare, come sono, da un lato, l’aria di
quel grosso extraterrestre chiamato Centre Georges Pompidou, brulicante
tutt’intorno di giocolieri e saltimbanchi, accerchiato da dimore
sovraccariche di storia e di leggenda, e dall’altro il gigantesco
microcosmo, tentacolare e incompiuto, che è Londra, simbolo della città
moderna.
Parlando di tempo libero, non si può ignorare quello in cui ci sediamo a tavola, il piacere del cibo: in Tentativo d’inventario degli alimenti liquidi e solidi che ho ingurgitato durante l’anno millenovencentosettanquattro, Perec snocciola un lungo e stuzzicante menu di alimenti assaporati in un anno, da fare invidia al pingue Balzac.
Dopo Sancta sanctorum, un brano dedicato agli uffici direttoriali, simboli di potenza, il libro si chiude con Still life/Style leaf,
esibizione di un’altra lista (come Rabelais, Perec è un vero campione
di liste), quella degli oggetti disposti sulla sua scrivania di lavoro.
Se queste, con un pizzico di fantasia, possiamo
ritenere le attività infra-ordinarie compiute da Perec nel tempo libero,
non di meno resta il fatto che la vera attività libera di uno scrittore
è la sua stessa scrittura.
Georges Perec
L'infra-ordinario
Traduzione di Roberta Delbono
Quodlibet, pagg. 112, € 13