Paolo Albani
PASSIONI

 

  Le passioni sono tutto nella vita. Di più: se mi passate il gioco di parole, SENZA PASSIONI NON C’È VITA. Questo significa che fare le cose con passione è importante, decisivo, strategico; del resto nella vita riescono bene solo le cose che si fanno spinti da una passione, da una passione vera.

    La mia passione è la musica. Vivo per la musica.

   In particolare ho la passione per la musica afrocubana, più nello specifico per la salsa. Storicamente il termine «salsa» è stato usato dagli immigrati cubani a New York in analogia con lo swing. La salsa (che in senso stretto non è un genere di musica, ma un tipo di ballo) incorpora numerosi stili e varianti; il termine viene utilizzato per descrivere quasi tutti i generi musicali di derivazione cubana più popolari come son, cha cha cha e mambo.

La salsa  – inutile quasi che stia a dirvelo – è una musica piena di allegria, di ritmo, di sensualità. Fa girare la testa, elettrizza l’anima e il corpo.

C’è una canzone, intitolata Micaela, la canta il gruppo La Sonora Carruseles, una band colombiana di salsa nata nel 1995, che inizia con una serie di «uh!» e di «ah!» (la potete ascoltare su YouTube). Queste magiche interiezioni sono elementi fondamentali nella scansione del ritmo, sono delle ciliegine su una torta stuzzicante di suoni capricciosi.

In generale si può dire che non c’è musica latinoamericana che non abbia i suoi «uh!» e i suoi «ah!», ripetuti, insistiti, saporosamente distribuiti, che spezzano il fraseggio musicale e lanciano il vorticoso e irrefrenabile accadimento delle note in uno spazio armonioso. A volte gli «uh!» e gli «ah!» sono prolungati, diventano degli «uuuuuuuuuuh!» e degli «aaaaaaaaaah!» che aumentano lentamente di tono, s’inerpicano su per il cielo stellato dello spartito musicale; altre volte sono degli «uh!» e degli «ah!» brevi, concisi, duri come un colpo di bacchetta su un tamburo. Altri ancora si articolano in forma ondulatoria, salgono e scendono, palpitano, si accendono e si spengono. È il bello della salsa, questo, uno dei momenti più esaltanti.

I miei modelli di riferimento per gli «uh!» e gli «ah!» nella salsa cubana (raramente si usano gli «oh!» e le «eh!») sono due miti in questo campo, due veri campioni: Oscar Alonso e Roberto Pérez. I loro straordinari vocalizzi, gli «uh!» e gli «ah!» che uscivano dalle loro bocche e ammaliavano il pubblico dei locali notturni di L’Avana, sono stati e restano un esempio da imitare, un faro per tutti coloro che hanno pensato e tuttora pensano d’intraprendere la carriera di «vocalizzatore», come il sottoscritto che da sempre ha la passione per la salsa cubana.

Naturalmente sono stato a Cuba, è impossibile amare la salsa e non essere mai stato a Cuba. Lì, nell’isola caraibica, tutti ballano la salsa, a ogni età, in ogni luogo e in ogni momento della giornata. Entrate in un ufficio postale a L’Avana e da una radiolina esce fuori che cosa? una salsa scatenata, tutti accennano a un passo di danza, e anche l’impiegata o l’impiegato delle poste, mentre vi dà i francobolli o timbra una cartolina o raccoglie i soldi che gli porgete, non smette mai di ballare la salsa, sempre restando a sedere, agitando le spalle, il busto e le gambe.

A Firenze ho seguito un corso di salsa cubana per adulti, diviso in tre livelli, necessari per accompagnare al meglio il ballerino dai primi passi fino all’apprendimento di una tecnica avanzata. Il corso è durato due mesi, comprensivo di otto lezioni. La salsa cubana è un ballo di coppia molto ritmato e dinamico che libera la gioia di vivere, così recita lo slogan della scuola di ballo dove mi sono iscritto; l’ho frequentata con grande entusiasmo, facendo amicizia con gente simpatica di ogni tipo – studentesse, casalinghe, architetti, impiegati di banca, pensionate piene di vita, parrucchiere, estetiste, commesse di supermercati, persino un dentista e un professore di fisica quantistica –, persone che mai avrei pensato fossero appassionate di un ballo così incendiario e travolgente come la salsa.

Spinto dalla mia passione per la salsa, mi sono iscritto al Conservatorio di musica Luigi Cherubuni di Firenze. Ormai sono cinque anni che seguo le lezioni del professor Ramon Carrillo, titolare di un corso sperimentale per «Vocalizzi sudamericani». Per prima cosa, dalle lezioni del professor Carrillo, ho imparato che il son, un genere musicale e di ballo da cui nasce la salsa, era praticato dagli schiavi neri, deportati dall’Africa nei Caraibi; gli schiavi si scatenavano con il son quando facevano ritorno dai campi, dopo il lavoro, durante feste campestri e popolari. In queste feste il ballo e il canto rappresentavano uno sfogo, un modo per deridere i propri padroni, non di rado imitandoli. Va detto poi che il son è la fusione di altri due balli: il danzon, ballato dai padroni e derivato dai balli europei, e la rumba africana ben conosciuta dagli schiavi neri.

Sono tutte cose che ho appreso durante le lezioni del professor Carrillo.

È molto bravo il professor Carrillo, spiega bene e ha pazienza, ci fa ascoltare un sacco di musica sudamericana, anche pezzi rari, sconosciuti, e accompagna le dimostrazioni musicali con un inquadramento storico che trovo utile e indispensabile per capire gli sviluppi dell’esperienza della musica sudamericana, le contaminazioni e le influenze che l’hanno caratterizzata.

Da parte mia non ho mai cessato di coltivare la mia passione per la salsa. Una passione smodata. Ho deciso di specializzarmi in un campo nuovo, incoraggiato in questo dallo stesso professor Carrillo che è sempre ben disposto a esaminare e correggere la tecnica dei miei vocalizzi nel contesto della salsa. È un campo non ancora formalizzato sotto il profilo professionale.

La mia specializzazione, di cui vado orgoglioso, presso il conservatorio Cherubini, riguarda l’esecuzione vocale degli «uh» e degli «ah» distribuiti all’interno della cornice vibrante della salsa cubana. C’è chi vuole diventare maestro di triangolo, lo strumento musicale a percussione della famiglia degli idiofoni, costituito da una barretta di metallo piegata a forma di triangolo, e studia, per raggiungere lo scopo, anni e anni al conservatorio facendo enormi sacrifici, e chi, come me, vuole diventare maestro di «uh!» e di «ah!», suoni peculiari della salsa cubana, e è disposto alla stessa vita di sacrifici.

Ci pensate: sarò il primo diplomato in «uh!» e in «ah!» di un conservatorio musicale.

Mi esercito di continuo, anche fuori delle ore di lezione, sfruttando ogni spazio possibile. L’altro giorno, ad esempio, ho scandalizzato con i miei «uh!» e i miei «ah!», e le loro variazioni, eseguiti in una tonalità alta, sostenuta, i passeggeri di uno scompartimento del treno regionale Pistoia-Firenze. Mi hanno guardato tutti come se fossi ammattito, fuori di testa. Soltanto alcuni ragazzi di colore hanno sorriso alla mia performance.

Con un gruppetto di studenti del conservatorio ho messo su un complesso musicale; in omaggio a un famoso gruppo cubano, ci siamo chiamati Buona Lista Coral Pub (il logo del nostro gruppo è di fatti un corallo); suoniamo solo e esclusivamente salsa cubana, la nostra passione comune a cui dedichiamo gran parte del nostro tempo libero.

Il ruolo che mi sono ritagliato nel gruppo è quello dei vocalizzi, eseguo solo quelli, sono il «vocalizzatore» del Buona Lista Coral Pub, e non potete immaginare quanto la cosa mi renda felice. I miei «uh!» e i miei «ah!», modulati in altezze diverse, frizzanti scoppi che colorano i brani che suoniamo (alcuni di nostra invenzione), guizzi vocali ispirati a quelli di Oscar Alonso e Roberto Pérez, stanno diventando sempre più efficaci, voluttuosi. Comunque, non sono ancora soddisfatto, devo lavorarci, ci vorrà del tempo.

Non ho fretta, la passione non mi manca.


gennaio 2019

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