IN PAROLE POVERE «In
parole povere, la questione è…». D’accordo, ma come si misura il valore
delle «parole povere», in quanto povere, rispetto a quelle che povere
non lo sono? E cosa caratterizza le «parole povere», come facciamo a
riconoscerle? C’è qualche segno che le addita come tali? Uno le vede (o
le sente) e dice: «Ah, ecco, queste sono “parole povere”».
Perché? L’espressione, com’è noto, significa che le parole che si sta usando sono parole semplici, abbordabili, chiare, sintetiche, comprensibili da tutti. È in questo elemento di semplicità che si racchiude il loro essere «parole povere». Si instaura una stretta connessione, un legame povertà-semplicità. Nel vocabolario, ad esempio lo Zingarelli del 2024, troviamo conferma di questo rapporto, là dove si specifica che in parole povere significa: «parlando senza perifrasi o metafore, volendo dire le cose semplicemente, come stanno: in parole povere, questa è una vera porcheria». Faccio un esempio. Prendiamo questa spiegazione tecnica: «La teoria della relatività si basa sul fatto che il tempo e lo spazio sono interconnessi e variano in base alla velocità di un oggetto». In parole povere, si potrebbe restringere il concetto e esprimerlo così: «Più vai veloce, più il tempo rallenta». In una sua «Bustina di Minerva», facendo ricorso all’arte della perifrasi, Umberto Eco prende l’esempio di un soggetto etichettabile in parole povere come una testa di cazzo, le cui caratteristiche sono riassumibili con la frase: «Ella ha una scatola cranica che più che alla speculazione sarebbe atta alla riproduzione», e ancora Eco sostituisce l’ingiuria volgare, sempre declinata in parole povere, Non mi rompa i coglioni con l’affermazione innocente e garbata: «La prego, non mi deteriori quelli che l’etimologia latina vuole quali testimoni». Ora voglio far notare, anche perché mi piacciono da matti le incongruenze e gli scricchiolii semantici, che il termine “povero” applicato a parole che dovrebbero essere “semplici”, “sintetiche” appare quasi un controsenso, un ossimoro, perché la povertà, sarete d’accordo con me, indica una condizione di sofferenza (economica in primo luogo), di disagio, di privazione, e comunque è povera, linguisticamente parlando, una persona che non padroneggia bene la lingua con cui si esprime, che ha carenze conoscitive del nostro lessico, tanto più pensando, come affermava Giorgio Manganelli, che esiste «tanto italiano inutilizzato». Non è questo tormento o supplizio che si vuole esprimere quando si fa ricorso all’espressione in parole povere. Per Tullio De Mauro un italiano “semplice” si discosta profondamente da un uso rozzo, trasandato, approssimativo della nostra lingua. Al contrario, la semplicità che auspica De Mauro è parte di una relazione condivisa e valutata insieme. In questo senso, l’espressione in parole povere significa per De Mauro la capacità di impossessarsi di parole appropriate, di una ricchezza non esibita, viva come la nostra lingua. Le parole povere come veicolo di una ricchezza non esibita. Che accostamento meraviglioso! «Ci sono certi scrittori», dice il perfido Karl Kraus, inneggiando alla virtù della sintesi, ovvero alla filosofia delle “parole povere”, sublime pensiero della sinteticità, «che riescono a esprimere già in venti pagine cose per cui talvolta mi ci vogliono addirittura due righe». Karl Kraus (1874-1936) Lasciami dire che, dopo un’attenta e approfondita riflessione che ha coinvolto molteplici aspetti sia razionali che emotivi, nonché una ponderata analisi delle implicazioni a breve e lungo termine, sono giunto alla conclusione che, considerando tutti i fattori in gioco, la risposta più adeguata e congruente alla tua domanda, nel rispetto delle circostanze attuali e delle variabili coinvolte, sia inequivocabilmente e senza ombra di dubbio un’affermazione chiara di consenso. Alla faccia della sintesi! Delle parole povere! Lì per lì, sono combattuto da questa alternativa: lo uccido ora o aspetto qualche minuto? Uno s’immagina, forse ingenuamente, che una «parola povera» sia una parola indigente, spiantata, misera, dedita all’accattonaggio linguistico, con un cartello esibito sul marciapiede, dove mendica tristemente. Sul cartello, per impietosire il lettore, c’è scritto: PER FAVORE, AIUTATE UNA POVERA PAROLINA BISOGNOSA. Non è così. L’idea di una parola povera come oggetto senza valore, al verde, nullatenente, sminuita nel suo significato, è – detto in parole povere – uno stereotipo.
ottobre 2024 ___________________________
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