Ricordo
di un'avventura
colorata
quella fantastica Seurat
nello Chagall di montagna
tu, Kandisky come una nuvola Matta,
disegnata a Matisse,
prendesti il mio Picasso Grosz
sotto le Braque
decisa a farmi Gauguin
fra le tue Kokoschka
io alle Otto Dix:
"Monet! Morisot di gioia,
mia Carrà!"
e Dalì a qualche secondo
ci ritrovammo Boccioni
a Mirò il Klee della Nolde
che Léger avvolgeva il Mondrian
e mi sembrò di sentire
il Corot di un'Arp,
pizzicata con dolci Dubuffet
sulle corde
nell'attimo sublime
gridasti nella tua lingua russa:
"Da-da! Da-da!"
Attesa
d'amore
vicino a un
rovo
alla fine
d'estate
ore
ore
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ore
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ore
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ore
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amore
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Introduzione
di
Adriano Spatola
Le "parole in difficoltà" di Albani non sono
affatto in difficoltà. La confessione racchiusa
nel titolo è uno stratagemma per indurre il
lettore a credere che la semplificazione estrema di
alcuni testi di questo libro sia dovuta a una
irresolutezza dell'autore nei riguardi del materiale
da esplorare. E' vero invece il contrario: il tono
epigrafico è il risultato di una concentrazione
o meglio di una compressione dei depositi alluvionali
del linguaggio. Verità lapalissiane e lapidarie
ritrovano sulla pagina, mediante un accorgimento
tecnico scelto di solito tra i meno elaborati, una
loro fondatezza logica o iperlogica, tanto da farci
pensare che i depositi alluvionali in questione siano
stabili e orientati secondo ragione. La
semplificazione è allora anche un modo per
registrare smottamenti, frane, colate di fango:
secondo un certo numero di diagrammi che nascono dai
movimenti stessi e che anzi ne sono un'immagine
immediata. Così i procedimenti di scrittura
assumono in questo libro un'aura di oggettività
che contraddice la scaltrezza fortemente
personalizzata dell'autore in tema di allusioni,
assonanze, insinuazioni, ipotiposi assurde, gigantismi
verbali, negazioni recidive, rime per la voce o per
l'occhio, pleonasmi ecc. Una scaltrezza che porta a
quel misto d'innocenza e di perversione che fa dire a
un personaggio di W. Gombrowicz: "Ogni cosa è
foderata di bambino". Infatti un aspetto molto
interessante del lavoro di Albani è la sua
capacità di fare scivolare la scrittura poetica
verso forme di balbettamento (ma sempre per ottimi
motivi: motivi ritmici, ad esempio, o di
tambureggiamento semantico). Si veda a questo
proposito la poesia intitolata "Ri-petizione", nella
quale la chiave di lettura è un pappagallo;
oppure si consideri l'insistenza sull'alfabeto; o si
legga "Fonemologia". Certo Albani utilizza molti
stampi ricollegabili a una poesia concreta tendente
all'epigramma, ma spesso per distruggerne la
falsariga, o comunque snaturarne il senso. Qui
c'è insomma l'opera di un falsario che accetta
di essere smascherato proprio sui punti di riferimento
più espliciti: "Ricordo di un'avventura
colorata" è in generale il testo teorico che
nel libro di Albani serve da guida, da etimologia
perfino, per una ricerca su questi significati
rigorosamente spiazzati rispetto alla loro stessa
esistenza. Infatti le raffinate citazioni colte sono
immesse in una struttura fortemente plateale di vita
vissuta, una storia d'amore tra le più ovvie,
offerta al lettore senza reticenze, perché la
simulazione è già totale. E proprio con
tale accenno alla simulazione chiuderei queste mie
note, avvertendo che essa è nelle poesie di
Albani più un gioco mimetico che una profonda
menzogna.
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