Pane

Autore per Zanichelli di un Dizionario delle lingue immaginarie e di una Enciclopedia delle scienze anomale, gran cerimoniere dei godibili “giochi letterari e non” annualmente offerti dalla rivista Tèchne, Paolo Albani si cimenta ora a suo modo nella difficile arte del racconto, traducendola in una serie di brillanti “esercizi di scrittura ricreativa”, come dire metanarrazioni a forte tendenza ludica [Il corteggiatore e altri racconti, Campanotto, Udine 2000]. La scommessa di questo “allibro” — che racchiude fra un “prologo” e una “postilla” i suoi quattro settori adibiti rispettivamente al “corteggiamento”, all’“apparenza”, all’“identità” e al “linguaggio” — è centrata non tanto nei singoli azzardi, a volte in affanno dietro il volo dello “spunto”, quanto nella fecondità della proposta, per l’implicito invito a ulteriori ripartenze. Un invito a “prendere alla lettera”, a “effettuare la metafora”, che Albani esemplifica in una galleria di situazioni “corsive” (l’uomo che s’innamora della propria ombra fino a ridursi “ombra di se stesso”, quello che perde la testa nel letto di una donna, il cleptoerotomane che adempie all’incontrario il nono comandamento, il bicchiere d’acqua che annega, il giorno-moviola, e via seguitando) con l’aria appunto di chi si aspetti meno l’applauso che l’immediato rimbalzo di una controfantasia. Un invito che appare quanto mai persuasivo nel reparto linguistico, il più congeniale a uno scrittore di secondo grado come Albani; che infatti sciorina tutti gli articoli della sua “giocheria”, inscenando un goliardico trambusto di lettere in rivolta, accenti perduti, punti biografati, pesci-fonemi, irredimibili lapsus, assoli di a, idee smarrite. Inutile aggiungere che simili prestidigitazioni condividono la tremenda serietà dei passatempi infantili: anche questo carnevale sa di cenere, come un sipario socchiuso sui territori arcani, sui temibili silenzi dell’oltreparola.