Paolo Albani
OSSIMORI NASCOSTI
Gli "pseudo-haiku" che seguono,
raccolti in un libretto (ancora inedito)
intitolato Le svagate stagioni, sono costruiti sulla base del
gioco
- da me inventato nel 1987 - dell'"ossimoro nascosto", che consiste
nell'accostare
due parole all'interno delle quali si nascondono altre due parole,
più
brevi, che formano un ossimoro, cioè l'unione paradossale di due
termini antitetici. Senza andare
troppo lontano, nella stessa locuzione
"ossimoro nascosto", sono occultate due parole antitètiche:
cioè
"mòro", termine dialettale che sta per "muoio", e "nasco".
Poiché
si risolve nel tagliare in fette le parole, il gioco può essere
incluso nel campo delle "pseudosciarade".
Li ho chiamati "pseudo-haiku" in quanto, pur essendo composti di tre
versi e affrontando il tema palpitante delle stagioni, dei "veri" haiku
giapponesi non rispettano la classica distribuzione (5, 7, 5) delle
sillabe.
Ogni verso, formato da una coppia di parole in grado di generare un
"ossimoro nascosto", è congegnato in modo da rispettare alcune
precise
restrizioni (o "contraintes").
In sintesi si tratta di questo. Le parole "nascoste" devono concordare
nel genere e nel numero in caso di nomi, aggettivi e pronomi; nel modo,
nel tempo e nella persona in caso di verbi; inoltre fra la parola
"contenuta"
e la parola "contenente" non deve sussistere omogeneità
etimologica
(o "equipollenza" per usare un termine dell'enigmistica classica).
I testi di riferimento per la costruzione degli "ossimori nascosti"
sono stati: Il Nuovo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana
(Zanichelli, 1990) e Giuseppe Pittàno, Sinonimi e contrari.
Dizionario
fraseologico delle parole equivalenti, analoghe e contrarie
(Zanichelli,
1987).
Sferràta primavera
scimmiotta il suono
d'inaffidabili giardinetti
Arcadici greggi
sfarfallano al margine
di una poiètica infanzia
Morbidi ceràsi
sovrastano efficaci
l'afasìa di un angelo
Carambola prudente
in un fittizio paradiso
una canìcola micidiale
Focosamente temeraria
scomoda un incendio
la processata caldura
Frizzante cicalàta
esplode in lontananza
la calma di un poggetto
S'invetera il castagno
in cortesie parsimoniose
e poemetti verginali
Al cambio del confine
s'apposta il rampicante
lentigginoso e celestiale
S'accapigliano trèmuli
nel ristòro della penombra
telai di crisantemi
Sibili d'inverno
s'alternano triviali
fra gli speroni offesi
S'avvita un'invernata
di falchi insoddisfatti
e disparite apparizioni
Spira rapace
e s'aggraticcia in lacrime
un parcato febbraio
"L'indice dei libri del mese", 7, luglio 1996, p. 51.
La sezione de L'Indice del luglio 1996
dedicata
a "Il tema del mese"
presenta una serie di giochi proposti
da Giovanni Mariotti, da Giorgio Calcagno e da me,
e si apre, a pagina 49, con questo scritto di
Giampaolo
Dossena
intitolato Giochi
d'autore:
Diceva Roger Caillois: "Il
gioco è circondato dal discredito".
Credo di poter controfirmare questa affermazione perché ho visto
come sono andate in un quarto di secolo le rubriche di giochi che ho
tenuto
su Linus, Il Mondo, L'Espresso, L'Europeo,
La
Stampa, Il Venerdì di Repubblica. Per ora tutto fila
liscio su Il Sole Ventiquattrore.
Si parlava con un direttore che voleva la mia rubrica di giochi,
poi cambiavano il direttore o il redattore-capo e la rubrica cominciava
a incontrare difficoltà. Non ce l'avevano con me, che sapevo
fare
anche altre cose: proprio, non volevano uno spazio per il gioco nel
loro
giornale.
Le cose non cambiavano se si passava dai giornali ai libri.
Uscì
un mio libro e Franco Fortini decise di parlarne bene in un elzeviro di
terza pagina sul vecchio Corriere della sera: il più
alto
minareto che avessimo in Italia, e Fortini era un muezzin di voce
potente.
Le parti più alte dell'elogio furono un rimprovero per il fatto
che io mi occupassi anche di giochi invece di dedicarmi interamente
alla
letteratura.
Circondato dal discredito, non faccio la vittima. Ho sempre avuto
una fitta posta con lettori di ogni tipo. Le lettere più
geniali,
le soluzioni più efficaci, i suggerimenti più fertili mi
sono venuti dagli ospedali e dai gerontocomi. Qualcuno dice che la
letteratura
è consolatoria, e non dovrebbe. Io so che il gioco è
consolatorio
e me ne rallegro.
Se qualcuno insistesse, non mi piacerebbe dover fare un elenco
di persone note che ho avute complici nei miei giochi perché
davvero
per me contano di più il pensionato di Cuneo e la casalinga di
Novi
Ligure. Mi limiterò ai morti: Italo Calvino, Primo Levi, Giorgio
Manganelli.
Su supporto cartaceo si fanno meglio di altri i giochi di parole.
Scelgo oggi qui un gioco che mi aveva proposto Nicoletta Francovich, e
che ebbe poco successo, forse perché più difficile di
altri,
forse perché io lo spiegai male.
Si basa sulle coppie di suoni vocàlici. Tutti i sette
suoni vocàlici e due semivocàlici possono incontrarsi con
tutti gli altri, producendo dittonghi e iati; l'accento può
essere
sul primo elemento della coppia o sul secondo; oppure possono essere
àtoni
tutti e due. I suoni vocàlici aperti non esistono in posizione
àtona.
Con la I, accento sul secondo elemento, si trova facilmente la
serie completa: piano pieno zietta piissimo bionda pioggia fiuto.
Con accento sul primo elemento abbiamo zia zie zii zio ma per ìu
l'esempio manca. Chi lo trova?
Sono una dozzina gli esempi mancanti, nell'intera serie, che
dovrebbe comprendere più di cento coppie. Cominciate a cercare
sussurrando
tra voi Sahara aedi saetta faina baraonda Aosta paura...
Fin qui siamo al "cercar parole", cercarle a tentoni, nella
memoria
nella fantasia, nelle corde vocali. Seconda possibilità di
gioco:
costruire, con le parole che si sono trovate, qualche storia più
o meno sensata.
La stessa Nicoletta Francovich ha costruito una storia abbastanza
sensata stipando i 30 fonemi della cosiddetta lingua italiana in una
frase
di 63 lettere: Qui nella zona c'è una fonte piena di pesci
svegli
e gnomi saggi di razza gobba.
Il primato resiste dal 1984. Si può lambiccare una frase
"panfonemàtica" in meno di 63 lettere?
Ma perché spostarsi dal 63? Per chi appena crede un po'
alla numerologia il 63 è magico, è 7 per 9. Ancora
Petrarca
visse con ansia i mesi tra il sessantaduesimo compleanno e l'inizio del
sessantaquattresimo anno di vita (lettera al Boccaccio del 20 luglio
1304),
e dicono i Beatles: "When I'm sixty four". Sessantatré sono le
caselle
del Gioco dell'Oca, si vince superando la casella 63, e 64 sono le
caselle
della scacchiera.
Spero di essermi guadagnato con ciò ulteriore discredito.
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