Paolo Albani
L'OMBRA

                                                                                     
                                                                      Bisognerebbe essere le nostre ombre,

                                                                                                   per cambiare forma e dimensione,
                                                                                                pur rimanendo noi stessi.
                                                                                                                
                                                                                                                 Michéa Jacobi

 



    Un tale s'innamorò follemente della propria ombra.
    Un'ombra flessuosa, languida, di cui s'intuivano appena i contorni sfuggenti. C'era in quell'ombra qualcosa di misterioso che l'attraeva. 
    Giorno e notte cominciò a seguirla senza perderla mai di vista. Si era talmente affezionato a lei da non riuscire più a separarsi dal suo fianco. Ovunque andasse si tranquillizzava solo sapendo di averla vicina. Per paura di essere abbandonato ne controllava di persona i minimi spostamenti. La spiava, con discrezione, pedinandola ogni volta che l'ombra minacciava di allungare il passo e di fuggire. 
    Accecato dalla gelosia, sarebbe impazzito se avesse scoperto che l'ombra lo tradiva.
    Quando il cielo si rannuvolava ed i raggi del sole facevano fatica ad uscire allo scoperto, si chiudeva nello studio. Fermati gli scuri delle finestre, accendeva una lampada il cui braccio arcuato penzolava sul centro di una grossa poltrona in pelle e se ne stava lì delle ore, seduto in silenzio ad ammirare le curve morbide e sensuali del profilo dell'ombra.
Forse vedeva nell'ombra l'espressione mutevole della propria angolosità sentimentale.
    Lei però non voleva saperne di quel corteggiamento ossessivo e si teneva sempre a distanza aggirando con rapide fughe laterali le insistenti effusioni dell'uomo.
    Quest'ultimo, dopo molti tentativi di avvicinamento andati a vuoto, si sentì rifiutato e fu preso dallo sconforto. Decise allora che era meglio lasciarsi morire piuttosto che sopportare quel distacco umiliante.
   In poco tempo si ammalò gravemente riducendosi all'ombra di se stesso.

   Quando ogni approccio sembrava compromesso e la gravità della malattia lasciava presagire un cupo finale, l'ombra ebbe uno slancio di tenerezza. Di fronte all'ostinato attaccamento dell'uomo, accettò di diventarne l'amante.
    La straordinaria somiglianza fra i due infiammò la loro passione.



"il Cavallo di Troia", 4, inverno/primavera 1982-1983, p. 136.




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Il racconto è uscito anche

in Il corteggiatore e altri racconti, Campanotto 2000.



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