pagina del sito di Paolo Albani  
 
LA POESIA OGGETTO
dalla collezione Carlo Palli
a cura di Valerio Dehò



MUS.A
Museo dell'Assurdo 
di 
Castelvetro di Modena


Catalogo pubblicato dal Comune di Castelvetro

ottobre 2005

info: tel. 059758818-836


opere di: 

Paolo Albani, Alain Arias-Misson, Bernard Aubertin, 
Julien Blaine, Jean-François Bory, Ugo Carrega, 
Luciano Caruso, Guglielmo Achille Cavellini,
Paolo Francia, Emilio Isgrò, Jirí Kolár, Roberto Malquori,
Lucia Marcucci,
Stelio Maria Martini, Eugenio Miccini, Luciano Ori,  Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Sarenco, 
Adriano Spatola, Shohachiro Takahashi, Luigi Tola,
Arrigo-Lora Totino, Karel Trinkewitz, Rodolfo Vitone

 






Paolo Albani, P-oesia, 1989
scritta su segnale stradale, cm. 208 h.

"Quale codice è più interlinguistico di un segnale stradale?
Tra immagine e testo, questo indicatore di un Parcheggio
ci ricorda anche il desiderio, la sosta (mentale),
l'apertura di una possibilità
aperta sul riposo e sul piacere"
(dalla nota contenua in catalogo).



L'OGGETTO DELLA POESIA 
OVVERO LA POESIA
DELL'OGGETTO

                                                      
 

Questa lingua sarà anima per l'anima.
Arthur Rimbaud



 Certamente prima dei surrealisti, quindi dopo il 1922-24, l'idea di legare le parole agli oggetti era soltanto un tema filosofico, legato alla linguistica generale e quindi ai misteri della referenzialità. Quando parliamo cosa diciamo? Diciamo "cose" concrete o reali oppure parliamo soltanto perché condividiamo alcune definizioni comuni con il nostro interlocutore?
 Naturalmente qui si spalancano abissi di considerazioni che chiudiamo subito, ma nelle avanguardie storiche, la prima delle quali è sempre il "nostro" futurismo, mescolare generi e linguaggi andava benissimo e ha prodotto degli ibridi molto interessanti.
 Che le parole fossero pietre già lo si sapeva ma che potessero per esempio assumere la forma di quello che significavano, come nei calligrammi, o che diventassero campo di una sperimentazione che giungeva a negare la loro natura, forse non era così scontato. Certo è che i "carmi figurati" latini erano un gioco sapido e alessandrino che aveva lasciato buona memoria, ma i primi decenni del secolo scorso volevano portare la poesia su di un piano diverso e farla uscire fuori dal salotto, dalla rivista letteraria, dagli schemi borghesi secondo cui la poesia commuove mentre la prosa racconta. Le permutazioni poetiche dadaiste con le lettere legate a delle sedie che venivano rimescolate di continuo, già avevano fatto intuire che nello spettacolo del cabaret colto, la parola assumeva una novità e una potenzialità mai vista. Lo stesso termine dada pare derivasse dai primi tentativi di fonazione dei bambini che volevano così indicare un oggetto vicino. In generale in arte si cercano nuovi significati, e anche il linguaggio deve essere sovvertito per essere aggiornato sull'orologio della storia, che le avanguardie facevano girare senza sosta.
 Però i surrealisti reinventano l'oggetto, anzi con le loro tecniche di automatismo psichico, creano delle particolari associazioni, spesso chimeriche quanto improbabili, che generano degli "oggetti nuovi". Cosa significa tutto questo? L'oggetto nuovo è qualcosa che prima non esisteva, ma che comincia ad esistere grazie all'arte. È qualcosa che fa nascere una nuova categoria, che non si chiude in alcuna definizione, ma che resta sempre aperta ad una ulteriore possibilità: la novità diventa la base di una produzione autentica di senso.
 È chiaro che la poesia-oggetto schiude una serie di opere in cui la tridimensionalità dà sostanza, in termini filosofici si parla di "cosalità", all'immaterialità della poesia. Questo contrasto, tra la leggerezza e la fisicità, tra la nuance e la specificità, tra la cosa e la parola, ha fatto sì che una delle produzioni più straordinarie del novecento, sia stata offerta da questi ibridi, da questi "oggetti nuovi" che sposano la fonetica alla scultura, generando una nuova semantica. La poesia lineare al confronto sembra veramente un reperto archeologico, e appare anche come la lezione delle avanguardie storiche sia stata ripresa perfettamente dalle neo-avanguardie degli anni 60. La poesia in questa prospettiva non è soltanto una materializzazione del pensiero, è una finestra aperta direttamente nel mondo. La frattura tra vita e arte viene sanata e le nuove costruzioni liberano il linguaggio verso innumerevoli occasioni di partecipazione al gioco del senso.
 Poesia concreta, poesia visiva, e in generale tutte le ricerche logo-iconiche, ma anche i vasti confini dell'Impero Fluxus, hanno riempito l'arte e la letteratura di parti comuni in nome di una libertà che è essenzialmente comunicazione con gli altri e partecipazione alla costruzione di significati che un'arte consapevole sempre richiede.
 La parola poetica ha assunto sempre di più forza e spessore si è caricata di un oggettualità anche ideologica, partecipando alla critica sociale dei mutamenti avvenuti tra anni 60 e 70. Ma è anche diventata un terreno di frequentazione globale, ha ricoperto il mondo degli oggetti di parole, frasi, testi che richiedono doppiamente tanto una lettura che una visione. Uscendo dai libri le parole hanno seminato la propria energia nell'universo delle forme. Oggetti d'uso (scatole, bicchieri, cappelli) o forme della rappresentazione (scatole prospettiche, teatrini, sagome di animali) ricoperte dalla vegetazione linguistica diventano dei testi estetici. E tra le parole e le cose si instaura una dialettica produttiva e feconda che mette assieme occhi e intelletto. I poemi e le poesie-oggetto hanno allora l'immediatezza dell'arte e la discorsività e i tempi di un testo letterario.
 Queste nuove, diverse e colorate parole non ingannano, la verità della poesia diventa un percorso visivo, un'avventura, un rebus. L'arte è a portata di mano, si tocca con lo sguardo.

                                                                                                                  Valerio Dehò


Introduzione al catalogo POESIA OGGETTO, settembre 2005.




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