Paolo Albani
RICORDI


Una volta io l'ho visto Alberto Moravia, di persona, al Club Nautico Versilia di Viareggio, una palazzina su tre piani accanto al faro che c'è sul molo. 
 Era l'estate del 1985. Un pomeriggio. Lui stava lì, seduto dietro un tavolo, le grandi sopracciglia bianche sporgenti in avanti e l'espressione seria, immusonita, a presentare un suo libro, L'uomo che guarda, in una sala luminosa piena di gente. 
 Aveva un doppiopetto blu con i bottoni d'oro, o forse argentati, e dei pantaloni bianchi con la piega dritta, impeccabile, e le scarpe da ginnastica anche quelle bianche, che sembrava il capitano di un panfilo, forse in omaggio al luogo della presentazione, non so.
 Alla fine dell'incontro (se non mi sbaglio lo presentò l'assessore alla cultura del comune di Viareggio insieme a un giornalista locale), Moravia si mise a firmare delle copie del libro. A un certo punto, si presenta davanti al tavolo dove lui sta firmando i libri, un giovane con i capelli neri riccioluti e la barba folta, bello abbronzato, in canottiera, e gli dice a Moravia in un accento apertamente viareggino:
 - Mi piacerebbe che firmasse la mia copia con questa penna - e porge a Moravia una penna, senza nascondere un sorrisetto beffardo.
 Di fronte all'insolita richiesta, Moravia non si scompone. Alza lentamente gli occhi verso il ragazzo e, con l'aria di uno che è sempre annoiato, depresso, prende la penna. Per un attimo se la rigira fra le mani, la guarda attentamente. 
 Era una penna stilografica nera, di quelle con il pennino triangolare dorato e il serbatoio strano, che se le capovolgevi l'inchiostro defluiva in basso e appariva il disegno a colori di una donnina completamente nuda, in genere bionda. Oggi credo non si trovino più.
 Dopo averla ispezionata, Moravia poggia la penna del ragazzo sul tavolo, prende un libro da una pila di copie e poi, con calma, s'infila una mano nel taschino interno della giacca e ne estrae una penna.
 Ricordo perfettamente la scena, perché ero lì a due passi, in attesa del mio turno per l'autografo dello scrittore. Anche la penna di Moravia era una stilografica nera, simile a quella del ragazzo, solo che, invece di una donna nuda, una volta sparito l'inchiostro ne apparivano due di donne nude, che si baciavano.

"L'accalappiacani", settemestrale di letteratura comparata al nulla, DeriveApprodi, 2, agosto 2008, pp. 94-95.



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