Un
libro illeggibile è un sorprendente ossimoro. Se un libro, inteso nell’accezione
classica («insieme di fogli che contengono un testo stampato o manoscritto,
rilegati e provvisti di copertina»), non si fa leggere che libro è? E si badi
bene, qui non stiamo parlando dell’incomprensibilità, che è un’altra faccenda,
un manierismo che può dare le vertigini e farci girare positivamente la testa
come accade quando si legge Sconclusione
di Giorgio Manganelli, con quell’incipit delirante: «Con calma, lentamente,
rimisi mio padre nel cassetto». Per
Manganelli, si sa, la chiarezza di un testo letterario convive con la qualità
più segreta e specifica del linguaggio: la complessità. In un’intervista
ebbe a dire: «Personalmente, credo che le parole siano certamente un suono, ma
non sono sicuro che abbiano un significato».
L’illeggibilità
nel caso del libro-oggetto e d’artista ha una sua specifica dimensione legata a
diversi fattori. In primo luogo l’illeggibilità può essere dovuta al materiale
con cui il libro è fatto, tale da comprometterne la connaturale sfogliabilità:
un libro di marmo, come Il cacio è il
mondo, i buchi le parole (1988) di Mirella Bentivoglio, non si lascia
aprire e consultare, dobbiamo sforzarci d’immaginarne il contenuto, magari
interrogandoci: «Le parole usate dentro questo libro saranno anch’esse di marmo
o gelate come quelle descritte da Rabelais?»
Esiste
poi un’illeggibilità provocata intenzionalmente, con l’esecuzione di gesti precisi,
calcolati, ad esempio bruciando un libro vero, tagliandolo, impacchettandolo o comunque
manipolandolo fisicamente in modo da renderlo non apribile. Al riguardo i casi
più emblematici e affascinanti, a mio parere, sono Universum (1969) di Maurizio Nannucci, un libro con una rilegatura
in pelle blu che si avvolge sulle pagine dando origine a due dorsi, rilegatura
segnata da una serie di stelle, forse a suggerire che si tratta di un libro
raffigurante il cosmo divenuto libro, illustrazione del mito del libro totale,
enciclopedia del sapere assoluto, e il Libro
circolare (1968) di Mario Mariotti, oggi esposto al pubblico presso la
Biblioteca Nazionale di Firenze, la cui particolarità è di avere il dorso
completamente circolare, dettaglio tecnico che ne rende ovviamente impossibile
la lettura.
Dall’altro
c’è un’illeggibilità dovuta, non al materiale del libro o alle sue fattezze, ma
al testo che il libro-oggetto e d’artista veicola. Dal 1949, ad esempio, Bruno Munari
inizia a creare una serie di Libri illeggibili,
così definiti perché senza testo, eppure malgrado ciò pieni di comunicazione
visiva e tattile. Questi libri comunicano qualcosa attraverso la natura e il
colore della carta, lo spessore, la trasparenza, il formato delle pagine, la
texture (trattamento per rendere ruvida una superficie liscia), la morbidezza o
la durezza, il lucido e l'opaco, le fustellature e le piegature. Un libro illeggibile comunica se stesso e
non un testo che gli è stato stampato sopra: ad esempio, fa notare Munari, un libro
di carta da lucido, quella usata da architetti e ingegneri per i loro progetti,
dà un senso di nebbia: sfogliando quelle pagine è come entrare in un luogo
avvolto nella nebbia. I libri ri-creativi di Munari si ispirano a un principio
di interattività allo stesso modo dei Cent
mille milliards de poèmes (1961) di Raymond Queneau: un libro illeggibile di
Munari «si può usare aprendo le pagine a caso, cominciando dove si vuole,
andare avanti e tornare indietro, per comporre e scomporre ogni possibile
combinazione».
A
questo genere d’illeggibilità, imputabile all’assenza di testo, appartengono a
pieno titolo i libri monocromatici, ovvero composti di pagine tutte di un
colore, senza alcun testo impresso sopra, come nel caso di Life and Work (1962) di Piero Manzoni, libro di sole pagine bianche
di cui esiste una versione del 1969 stampata da Jes Petersen a Berlino in 100
esemplari, fatta di fogli trasparenti, o l'Ur-Buch ovvero Romanzo Blu
(1997) di Irma Blank, composto di sole pagine blu, come pure i libri cancellati
di Emilio Isgrò o senza lo spazio dedicato alla stampa lasciando solo i margini
bianchi delle pagine come Il libro
dimenticato a memoria (1970) di Vincenzo Agnetti, eccetera. È questa dunque
un’illeggibilità che potremmo definire per sottrazione di testo.
Un’ulteriore
sottospecie d’illeggibilità, sempre relativa al fattore-testo, è quella
associabile ai linguaggi inventati, inesistenti e perciò non traducibili in un codice
noto. Gli artisti sono dei prodigiosi onomaturgi; in questo non fanno eccezione
gli autori di libri-oggetto e d’artista: si pensi per tutti ad esempio alla
scrittura illeggibile rappresentata nella carta scolpita del Libro-libro (1988) di Vito Capone.
L’illeggibilità
del libro-oggetto e d’artista, non più «portatore di informazioni», bensì
«produttore di sensazioni» attraverso vista, tatto, olfatto, gusto e udito, è
da un lato il sintomo di un disagio da parte degli artisti verso il libro
tradizionale di cui si contesta il decadimento a merce nella società capitalistica;
dall’altro manifesta il bisogno di sperimentare nuove forme di comunicazione,
«transmentali» e ri-creative, che si affranchino dalla banalità e dallo svuotamento
espressivo del linguaggio ordinario.
* * *
Testo scritto per il catalogo della mostra Una blioteca d'artista. La collezione e le edizioni di Danilo Montanari, Biblioteca Classense,
Ravenna, 4 maggio-1 giugno 2013. In mostra opere di Paolini,
Pistoletto, Sol Le Witt, Boetti, Cattelan, Baruchello, Parmiggiani,
Cucchi, Kounellis e altri. Il catalogo è edito da Danilo Montanari Editore, Ravenna, 2013, pp. 59-61.
Il testo è stato ripubblicato nel catalogo, curato da Mara Sorrentino, della mia mostra Ma questo è un libro?, tenuta alla Biblioteca Classense di Ravenna dal 23 settembre al 19 novembre 2017.
Questo mio contributo è citato in "Mirabili visioni": from movable books to movable texts di Gianfranco Crupi, studioso dell'Università La Sapienza di Roma, saggio pubblicato su JLIS
(Italian Journal of Library, Archives and Information Science - Rivista
italiana di biblioteconomia, archivistica e scienza dell'informazione),
Vol. 7, n. 1 (January 2016), per leggerlo cliccate qui. JLIS.it,
Italian Journal of Library, Archives, and Information Science - si
legge in rete - "is an academic journal of international scope,
peer-reviewed and open access, aiming to value international research in
Library, Archives and Information Science".
Nell'Introduzione al catalogo della mostra sui libri animati Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app, a
cura di Gianfranco Crupi e Pompeo Vagliani, all'Istituto Centrale per
la Grafica a Roma dal 9 maggio al 30 giugno 2019, i curatori Crupi e
Vagliani mi citano come studioso di "alcune espressioni della forma
mobile del libro":
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