Paolo Albani
MONTALE,
CHE POETA FANTASCIENTIFICO!
   
   

    Non posso escludere che mentre io sto scrivendo questa recensione, altrove, in un mondo parallelo, ci sia un altro me stesso, una copia, un doppione che sta scrivendo la stessa recensione, che non è detto, tuttavia, abbia lo stesso contenuto di questa in corso di stesura.
    L’esistenza di universi paralleli, di esotiche dimensioni spazio-temporali, di viaggi nel tempo e simili, è un classico bagaglio di temi trattati dalla fantascienza, o science fiction. Di fantascienza, –constatazione non so quanto nota – era appassionato il poeta e premio Nobel per la letteratura Eugenio Montale, quello dei meravigliosi versi, questi sì arcinoti, «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale» o «Meriggiare pallido e assorto».
   Sono «destini incrociati» (espressione tratta dal montaliano Racconto di uno sconosciuto, 1946, che evoca suggestioni borgesiane e calviniane) quelli che si intrecciano in modo non episodico fra la fantascienza e la poesia montaliana e anche, come vedremo, la sua prosa. Destini ricostruiti in un libro stimolante, dotato di uno sguardo analitico rigoroso, interpretazioni accurate, ampi riferimenti bibliografici. Non è un caso che l’autore di Destini incrociati. Montale e la fantascienza, Renato Giovannoli, sia, fra l’altro, un esperto di fantascienza, a cui si deve un libro bellissimo (non esagero!) sul pianeta fantascienza, La scienza della fantascienza (2015) (ma voglio anche ricordare, a testimonianza della sua estrosità, un altro titolo: Il vampiro innominato. Il Caso Manzoni-Dracula e altri casi di vampirismo letterario, 2008).





   Nella sua ricognizione all’interno del vasto campionario poetico montaliano, Giovannoli riporta numerosi esempi di poesia fantascientifica di Montale, in cui cioè compaiono speculazioni-riflessioni che il poeta fa su problematiche attribuibili alla fantascienza. Ad esempio, in Tempo e tempi (1968), qui presa a modello esemplificativo, Montale scrive: «Non c’è un unico tempo: ci sono molti nastri / che paralleli slittano / spesso in senso contrario e raramente / s’intersecano […]». Non mancano richiami espliciti a teorie scientifiche come quella del big bang, o “grande scoppio” come lo definisce il poeta ligure: «Il grande scoppio iniziale / non dette origine a nulla di concreto. / Una spruzzaglia di pianeti e di stelle, [..]», o ancora, con un taglio ironico: «Se l’universo nacque / da una zuffa di gas / zuffa non zuppa / […]».
    Da questi indizi poetici, qui appena evocati, Giovannoli ragiona sul rapporto fra lo gnosticismo montaliano (c’è un errore di calcolo alla base dell’universo) e quello che segna la fantascienza “neognostica” (il mondo è una simulazione) di autori come Fredric Brown e Philip K. Dick.
    Sulle influenze fantascientifiche che attraggono Montale, all’inizio alquanto scettico su questo genere di letteratura, ci sono gli scritti di Borges, il suo Giardino dei sentieri che si biforcano, e anche il Calvino delle Cosmicomiche, ma soprattutto quel Sergio Solmi che, insieme a Carlo Fruttero, cura Le meraviglie del possibile (1959), la prima antologia italiana di fantascienza che segna uno snodo importante per i cultori della science fiction.
    Né si deve dimenticare che Montale, insieme a altri straordinari scrittori: Buzzati, Landolfi (che a Montale dedica una sezione del suo Il mar delle blatte e altre storie), Primo Levi, ecc., si cimenta tra gli anni Quaranta e Cinquanta nella stesura di racconti di fantascienza “sociologica” «davvero stupefacenti», come Il disco volante, Grafologia futura, Colpo di luna.
    A proposito della luna, Giovannoli si sofferma sul tema catastrofistico della caduta della luna che attraversa tutto il Novecento italiano e che ricorre, fra gli altri, in Calvino e Buzzati, e ha fra i suoi nobili precursori Giacomo Leopardi. Lo ricordo, questo tema, per motivi personali, perché da bambino, un mio fratello maggiore, davvero sadico, durante il fragoroso sconquasso di un temporale, mi terrorizzava gridando: «Cade la luna! Cade la luna!».
    Il libro si chiude affrontando due argomenti cari a Montale, uno sul dramma fantascientifico dell’ultimo uomo rimasto sulla terra (insieme a Dissipatio H.G. di Guido Morselli, cito anche La coda della cometa di Italo Cremona), l’altro sulla robotizzazione dell’uomo, e qui segnalo come spesso, navigando in rete, ci venga chiesto di dichiarare: NON SONO UN ROBOT. Ecco, da parte mia, nell’epoca del politically correct, se fossi nei panni di un robot, macchina a suo modo intelligente, mi offenderei non poco.




Renato Giovannoli
Destini incrociati.
Montale e la fantascienza

Medusa, pagg. 369, € 26



«Domenica - Il Sole 24 Ore», N. 269,
29 Settembre 2024, p. IV.


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