Paolo Albani
UN COMPAGNO DI GIOCHI
 



 Eugenio è stato un maestro per me. Non è la solita frase fatta, lo dico fuor di retorica, dovete credermi. Davvero, non lo dico con lo spirito commemorativo, celebrativo dell’occasione ufficiale (l’uscita di questo catalogo), che se fosse così sarebbe una roba da ridere, o meglio da piangere, patetica. Eugenio per primo avrebbe ridicolizzato un mio (improbabile) atteggiamento biecamente mieloso, reverenziale.
Me ne sono accorto di questa percezione del “maestro” una volta che, appena finito un pezzo, cioè una “poesia visiva”, lo misi sopra uno sgabello, appoggiandolo al muro (come del resto faccio sempre al termine di un lavoro) e restai qualche minuto a guardamelo il pezzo appena finito, perché non ero sicuro che fosse proprio finito, che funzionasse in modo soddisfacente, insomma, sì, che avesse la declinazione giusta; forse gli mancava qualcosa: a volte, si sa, basta un piccolo cambiamento, una sciocchezza, un’aggiunta o una sottrazione minimali perché il pezzo assuma, quasi per incanto, un altro aspetto, prenda una fisionomia imprevista. 
Allora, dicevo, me ne stavo lì a osservare il pezzo nel mio laboratorio improvvisato, con l’aria di quello che è indeciso, perplesso, titubante, che poi fa sempre bene in queste cose artistiche (e nelle altre) essere dubbiosi (e non prendersi troppo sul serio), che mi venne spontanea questa riflessione: “Chissà cosa ne penserebbe Eugenio. Gli piacerebbe?” In fondo è da queste piccolezze, da queste domande ingenue che ti accorgi quanto sia importante una persona per te, sul piano artistico, e non solo.
Ecco, questo volevo dire quando prima ho detto che Eugenio è stato un maestro per me.
 Mi fece un grande piacere quando, in una breve presentazione composta per la prima mostra che tenni nel 1989 a Ca’ Bianca, nello spazio di Adriano Spatola a Sant’Ilario d’Enza, Eugenio scrisse: “Paolo è un mio compagno di giochi”. Sentirselo dire da lui che di gioco, di ludico, di spiazzamenti e slittamenti comici se n’intendeva, che aveva una disposizione arguta, intelligente verso l’ironia (anche nel quotidiano), una pratica sovversiva, irriverente del linguaggio, visivo e non, maneggiato spesso in chiave comica, fu per me molto gratificante. 
È bello ripensare a Eugenio come a un compagno di giochi.
 In fondo uno dei tratti della personalità di Eugenio che mi piaceva (mi piace) di più, oltre, va da sé, alla sua ricerca artistica e alla sua rigorosa e penetrante capacità di elaborazione teorica, dote rara negli artisti, era (è) quella sua sapiente abitudine di spalmare in modo leggero un’impercettibile patina di umorismo, di distaccato umorismo, sugli oggetti, le parole, i colori, i gesti, i suoni che si divertiva a manipolare.



Testo apparso in:
Carlo Palli, a cura di, Catalogo generale delle opere di Eugenio Miccini, 2° volume dal 1962 al 2005, Parise editore, Colognola ai Colli (Verona), 2010, p. 10.

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