GIALETTI
E L'ANACRONISMO LIBERALE In Come governerei gli uomini (1946)
Augusto Gialetti espone il suo pensiero
politico-sociale-economico, avvertendo coloro
che non fossero in grado di capirlo che la sua
opera non è per uso scolastico. Qui da
noi, afferma Gialetti, lo studio dell’economia
politica, lungi dall’essere una materia
assurta a scienza, non è che una specie
di statistica economica, perché non ha
mai cercato le cause dei fenomeni e, quel che
è peggio, si è sempre estraniata
dal diventare una scienza sociale,
mantenendosi invece strettamente nel campo
meccanico (che non si può chiamare
tecnico). # inserire foto93 #
La tesi principale del libro è che l’economia liberale è quanto di più anacronistico, retrogrado e immorale sia rimasto nella vita dei popoli nonostante venti secoli di cristianesimo, perché lasciando il patrimonio dei beni economici, cioè gli elementi materiali della produzione, alla mercé dell’egoismo sempre sfrenato o comunque squilibrato del singolo, la società sarà sempre tormentata dalle ingiustizie, dai soprusi criminosi, quindi dalle lotte fra oppressi e oppressori, con il conseguente regresso morale e civile, vittime del quale sono tanto gli uni che gli altri. Ogni sana e onesta economia nazionale è soffocata dal gigantesco soverchiamento del capitale fittizio che va eliminato per risanare l’economia: bisogna distruggere anzitutto la peste di quella partita doppia del debito e del credito degli altri. I debiti sono di vario tipo: quelli dello Stato per qualsiasi titolo; la massa dei risparmi che non hanno una vera e propria contropartita; tutti i diversi tipi di azioni e obbligazioni; tutta la massa dei debiti cambiari; infine ogni altro titolo che circola come un parassita per succhiare i profitti, cioè la ricchezza prodotta dal lavoro in collaborazione con il vero capitale. L’idea che, fuori di certi limiti, il risparmio sia assurdo e immorale e che non abbia nulla a che vedere con la parsimonia di ciascun uomo, farà di sicuro girare il capo a molti, afferma Gialetti nel suo libro. A proposito dei rapporti tra economia politica e religione, argomento di sociologia, Gialetti ritiene che la massa popolare ha la necessità di accordare le proprie esigenze rivoluzionario-economiche ai precetti, e ancor più, alla morale cristiani. Non esistono strade di destra, di sinistra e di centro: esiste solo la via della ragione, della morale e della scienza. Un partito, per avere serio diritto di esistenza, deve avvicinarsi il più possibile alla giustizia sociale e poggiare su una dottrina capace di abbracciare tutto il problema politico dello Stato che è il problema del governo di una nazione che sia degno di tale nome. Un partito che non abbia queste basi fondamentali sarà sempre un mero movimento di buffoni, di cialtroni ambiziosi o comunque di gente che, in barba alla scienza e alla morale vere, mira a scopi e interessi personali in antitesi con gli interessi della nazione e della collettività. Per Gialetti esistono solo due metodi, antitetici fra di loro, che hanno ragione di chiamarsi economici e di dar luogo a movimenti degni di definirsi partito: il liberistico e il controllistico. Il primo affida all’egoismo e all’anarchia del singolo l’amministrazione dei beni materiali, cioè politici e economici; il secondo affida invece l’amministrazione all’intera nazione, cioè alla comunità che, essendo interessata alla buona e giusta amministrazione, eviterà il più possibile che prevalgano l’anarchia e l’egoismo del singolo e quindi la disarmonia che tali cupidigie arrecano al benessere e al progresso dell’umanità. Se talvolta vi sembrerà che io abbia mancato di ossequio a persone o a cose, dichiara Gialetti ai suoi lettori, vogliate credere il contrario. Prima che alle persone e alle loro cose il mio ossequio va alla verità che appartiene a Dio. In tutti i casi confesso di non essere partito con alcuna ostilità preconcetta e tanto meno in malafede. Diplomato in ragioneria, Gialetti è per sua ammissione amante delle lettere e dell’economia politica; le sue letture preferite sono: il Vangelo, I promessi sposi, le poesie di Carducci, Parini, Foscolo, Leopardi e il trattato di Economia politica di Charles Gide; il suo giornale politico è l’Osservatore romano, il quale tuttavia non sempre gli appare un ottimo osservatore. In Che cos’è la Verità? (1945) premette al libro questo pensiero: «Ho cercato con affanno la Verità e l’ho trovata in Cristo. / Se fossi stato costretto a cercarla solo negli uomini, l’avrei trovata unicamente in me stesso».
Bibliografia
Augusto
Gialetti, Squarci di
sereno. Novelle, Edizioni
«Vedetta», Milano, 1938; Nell’oasi. Novelle, Casa Ed.
«Quaderni di Poesia», Milano,
1939; Che cos’è la
Verità?, Gastaldi Editore,
Milano-Roma, 1945; Come governerei gli uomini. Opera
Politico-Sociale-Economica, Gastaldi
Editore, Milano-Roma, 1946.Domenica - Il Sole
24 Ore, 235, 26 agosto 2012, p. 31.
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