Paolo Albani
IN FAVORE DI UNA LUDO-ENIGMISTICA



                                                     

gioco di parole
Ciò cui i saggi indulgono e gli stolti vanamente aspirano.

                                                                                
Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo


    Comunque la si voglia definire, «un insieme strutturato di diversi giochi linguistici» (Stefano Bartezzaghi), «una pratica che vive della demolizione di quei presupposti che la rendono possibile» (Enrico Viceconte) oppure «una tecnica creativa che consiste nella pratica estetica dell'arte di giocare con il codice dei segni» (Màrius Serra), l'enigmistica, come del resto ogni tipo di gioco di parole e con le parole, soggiace a delle regole, funziona e si sostanzia grazie ad un insieme ben preciso di regole, seguendo le quali si arriva, dopo un labirintico processo costellato di errori e successi, alla liberatoria soluzione.
Ora, le regole sono importanti e belle (di un «bello» produttivo), perché dal loro rispetto possono scaturire effetti imprevisti, inattesi, ed anche (o forse soprattutto) perché le regole si possono evadere e rimettere in discussione per crearne di nuove. Questo ci hanno insegnato, fra gli altri, Georges Perec e Italo Calvino.
Ma attenzione! Se non si vuole produrre soltanto degli automatismi formali di mera tradizione manieristica spingendo il pedale delle permutazioni molteplici, bisogna proporsi sempre di «ordire una burla» alla ricerca dell'imprevisto, sosteneva Giambattista Vicàri in un articolo apparso su il Caffè del 1969.
Arte combinatoria, ambiguità e ironia: ecco la miscela formidabile che accende di una luce espressiva i rapporti fra enigmistica e letteratura, dicevo nel mio breve intervento al 54° Congresso Enigmistico Nazionale di Campitello Matese, portando a sostegno di questa tesi l'esperienza letteraria di alcuni «grandi magnetizzatori del linguaggio» come François Rabelais, Teofilo Folengo, Ludovico Lepòreo, Lewis Carroll, Alphonse Allais, Raymond Queneau, ecc.
    L'idea della «messa in burla» delle regole c'introduce dritti dritti nel campo fertile di quella che potremmo chiamare «ludo-enigmistica» che si fa gioco di se stessa, che accentua e privilegia gli aspetti comici della sperimentazione linguistica, di una meta-enigmistica che ironizza sul proprio agire enigmistico.
  Vediamo insieme alcuni esempi di queste «burle» enigmistiche, limitando il nostro orizzonte, per economia di discorso, all'orticello delle sole sciarade.
    Partiamo così da questi versi in rima attribuiti al poeta e giornalista Ernesto Ragazzoni:

C'erano prima l'acque
poi sopravvenne il dotto
e allor come a Dio piacque
si ebbe l'acquedotto

per scivolare verso le pseudosciarade con questo canto dei sette nani nella versione italiana di Biancaneve (1937):

Io chiamo bergamaschi
solamente quelli maschi
perché se sono donne
io le chiamo bergadonne 

e quest'intervento del grande Petrolini:

Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare... per esempio, dicono orologio... ma orologio quando è d'oro ma quando è d'argento, argentologio, e quando è di nichel, nichelologio. Tutto sbagliato, tutto un mondo da rifare. Per esempio, miope quando sono io miope ma quando è lui, luipe, e quando sono loro, lorope. Ti ha piaciato, eh? Questi che abbiamo nella pancia li chiamiamo intestini, ma intestini quando sono in testa; quando stanno qui, impancini.

    Traggo questi esempi dall'ottimo Dizionario dei giochi con le parole (Vallardi, 1994) di Giampaolo Dossena, mentre quest'altre «amenità» sono contenute nel libro Galileo e il pendolare (Longanesi, 1990) di Giorgio Calcagno:

L'on. Pietra
Un politico
un po' litico.

Il criminologo suscettibile
L'ombroso
Lombroso.

Francesca da Rimini
Dannata
d'annata.

    Per una buona sciarada bisogna che non vi sia omogeneità etimologica, ovvero equipollenza, tra il primo ed il secondo termine e l'«intero». Ecco allora che la «ludo-enigmistica» si prende gioco di questa regola e si abbandona alle fantastiche scorribande delle «false etimologie», parenti prossime dei falsi derivati (sul tipo di «burro-burrone»), in virtù delle quali «essere di buona coscienza» - come sosteneva Angelo Poliziano - «vuol dire avere buone cosce». Poiché le «false etimologie» sono dei piccoli, dolci inganni, Gino Patroni metteva in guardia gli sprovveduti precisando che «la scogliòsi / non è una malattia / che si contrae / sugli scogli».
    Ne Il piccolo Zingarello (Theoria, 1993) di Roberto Lombardi troviamo questa definizione di «acchiappare»:

Afferrare improvvisamente, e con destrezza - ma anche con la sinistra, se lo si preferisce - un sedere.

mentre dall'Etimologiaro (Longanesi, 1988) di Maria Sebregondì ricaviamo questa spiegazione della parola «dogma»:

s-m. (dall’ingl. “dog”: cane) - inconfutabile verità canina. Gli scambi e le metatesi tra etologia e teologia rivelano che i cani hanno indiscutibilmente ragione: il cane è lo specchio di dio (dog/god).

    Vorrei concludere mostrando un esempio di «ludo-enigmistica» visiva dedicato ai solutori miopi di parole incrociate. Il cruciverba che segue presenta una griglia composta da due caselle quadrate, di cui una sola vuota (la definizione in orizzontale dice: È il principio della monade). Come si noterà la definizione in verticale (L'èmme l'èmme) è una sciarada:

 


"La Sibilla", 5, settembre-ottobre 1995, pp. 120-121.


Il concetto qui espresso di "ludo-enigmistica" è ripreso da Giuseppe Aldo Rossi nel suo Dizionario Enciclopedico di Enigmistica e Ludolinguistica (Zanichelli 2002).


Alla voce Enigmistica, Rossi scrive:

"Paolo Albani ipotizza anche una 'ludoenigmistica' che si fa gioco di sé stessa. Ne sono esempi l'Etimologiario di Maria Sebregondi e certe sciaradine di presa in giro degli enigmisti tutti d'un pezzo, come questa dello scrittore e politico F.D. Guerrazzi:

il primo è calzo, il secondo è laio,
l'intero fa le scarpe - a dieci lire il paio

o questa del poeta e giornalista Ernesto Ragazzoni:

C'erano prima l'acque - poi sopravvenne il dotto
e allor, come a Dio piacque - si ebbe l'acquedotto.


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