Paolo Albani
STRANO MA VERO
QUELL'ANIMALE

 

Nei bestiari, libri di carattere allegorico e moraleggiante, tipici della letteratura medievale, sono descritti, insieme a animali veri, anche bestie immaginarie come l’unicorno, il pegaso, il drago e la sirena. L'origine dei bestiari va ricercata, per il mondo occidentale, in antichi testi come il Physiologus (il fisiologo, studioso che spiega la natura alla luce delle Sacre Scritture), opera in lingua greca di autore ignoto composta tra il II e il IV secolo d.C., che interpreta gli animali e le loro caratteristiche in chiave simbolica e religiosa (così il leone, re degli animali, capace di resuscitare i propri cuccioli soffiando loro sul volto, è associato a Cristo). Altre opere di riferimento dei bestiari medievali sono la Storia degli animali di Aristotele (IV secolo a.C.) e la Storia naturale di Plinio il Vecchio (77 d.C.).

In epoca moderna, fra gli autori che hanno descritto animali fantastici, c’è Henri Michaux che nelle sue «Note di zoologia» in Mes propriétés (1929) parla della Cartìvila dalla testa a forma di pera, dell’Emeuro col pus nelle orecchie, della Cortiplana dall’andatura da eunuco, degli Iperdruzzi dalla coda nera, delle Burracce con tre file di tasche ventrali, dei Pèffili dal becco a coltello, delle Dàraghe dalle piume damascate, dei Purpiassini dall’ano verde e fremente, dei Babluiti con le loro tasche d’acqua, ecc.

Uno dei manuali più famosi di zoologia fantastica si deve a Jorge Luis Borges, con la collaborazione di Margarita Guerrero, intitolato Il libro degli esseri immaginari (1957), dove troviamo creature immaginarie come il centauro con testa e busti umani e corpo di cavallo; l’anfisbena, un serpente con due teste, e il ruc, un’amplificazione dell’aquila o dell’avvoltoio.

     Un nuovo, affascinante bestiario del XXI secolo è appena uscito da Adelphi, opera di Caspar Henderson, documentarista della BBC e collaboratore del «Financial Times» e «New Scientist». Tradotto da Massimo Bocchiola e illustrato magistralmente da Roberto Abbiati, il testo di Henderson riprende nel titolo quello di Borges: Il libro degli esseri a malapena immaginabili. Un titolo molto bello, borgesiano appunto, che ha la sua peculiarità nell’espressione «a malapena» («barely»), perché Henderson racconta sì di animali strani, dalle forme bizzarre, poco conosciuti, a volte mostruosi, ma i suoi sono tutti animali esistenti, reali, animali che non avrebbero sfigurato in quelle che nei secoli XVI e XVII si chiamavano Wunderkammern, «camere delle meraviglie».

     Il libro, precisa Henderson, non vuol essere un compendio di storia naturale. Il ricercatore inglese si è concentrato principalmente sugli aspetti più belli e interessanti, almeno ai suoi occhi, degli animali recensiti, sulle loro qualità e sui problemi che sollevano. La struttura del libro ricorda, per ammissione dello stesso Henderson, quella dell’«Emporio celeste di conoscimenti benevoli», un’enciclopedia cinese immaginata da Borges nel racconto L’idioma analitico di John Wilkins, in cui gli animali si dividono in appartenenti all’Imperatore, imbalsamati, ammaestrati, lattonzoli, sirene, favolosi, cani randagi, che s’agitano come pazzi, che hanno appena rotto il vaso, che da lontano sembrano mosche, eccetera.

    Il libro è contrassegnato da varie tematiche o fili conduttori: 1) la biologia evolutiva ci offre un senso della natura dell’esistenza più ricco e appagante delle visioni basate sui miti e sulle tradizioni (e qui, a dire il vero, Henderson sfonda porte aperte); 2) due terzi delle creature raccontate sono marine, dato che il mondo oceanico è l’ambiente più vasto della Terra; 3) il ruolo giocato dall’attività umana nel causare i grandi mutamenti cui assistiamo sul territorio terrestre è decisivo.

   Alcuni degli animali narrati da Henderson hanno nomi strambi, curiosi: Axolotl, o assolotto, che ha gli occhi a capocchia di spillo e il corpo da lucertola provvisto di braccine, che lo fanno sembrare una creatura aliena; Mystaceus, un ragno saltatore con due coppie di occhi frontali, più piccolo dell’unghia di un mignolo, in grado di fare balzi prodigiosi; Iridogorgia, una sorta di ventaglio di mare che vive oltre i mille metri di profondità, la cui struttura elicoidale formata da rami piumati ricorda a Henderson da un lato il ready made di Marcel Duchamp noto come «lo scolabottiglie» e dall’altro il modello del DNA. È singolare, ma forse non troppo, che Henderson abbia scelto di dedicare un capitolo del libro a una creatura del tutto speciale, ovvero all’Essere umano, definito, da autori diversi, un animale politico, religioso, che fabbrica strumenti, che cucina, ingannatore, musicale, incline all’umorismo, che ha un linguaggio strutturato in regole ben definite.

   Nel capitolo conclusivo Henderson afferma che al termine della costruzione del suo bestiario, durata circa quattro anni, una cosa gli è sembrata più chiara riflettendo sul nostro rapporto con gli animali: «siamo del tutto umani solo quando agiamo avendo a cuore la vita diversa dalla nostra».

   

Domenica - Il Sole 24 Ore, 33, 3 febbraio 2019, p. 30.

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