IL LIBRO D'ARTISTA
a cura di
Eugenio Miccini, Arrigo Lora-Totino
e Annalisa Rimmaudo
Meta, Firenze, 1999
Artisti presenti:
Paolo Albani, Maria Cristina Antonini, Arrigo Lora-Totino,
Marlène Mangold, Eugenio Miccini, Bonella Parrini,
Lamberto Pignotti, Rendel Simoni
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LIBRO D'ARTISTA:
MOTIVI E ORIENTAMENTI DI UNA
PRATICA di
Annalisa Rimmaudo
C'è chi
recentemente sostiene (cfr. Anne Moeglin-Delcroix, Esthétique du livre d'artiste) che il libro d'artista sia nato
nel 1963 quando Edward Ruscha pubblicò a Los Angeles Twentysix gasoline stations. L'opera costituì una novità per la
fattura e le intuizioni che vi si manifestavano.
Si tratta di
un libro povero prodotto con i mezzi della stampa industriale, riproducibile ad
alta tiratura, di valore economico esiguo e di facile diffusione. Ruscha vi
raccoglie le immagini di 26 stazioni di servizio dell'ovest degli Stati Uniti,
accompagnate da legende esplicative che informano della marca del carburante,
della città e dello Stato in cui la fotografia è stata scattata. La successione della pagina tipografica scompare
lasciando il posto a una progressione di "flash" di luoghi e oggetti.
Da supporto per un messaggio, il libro si trasforma in opera in sé. L'artista
ne adotta la forma abituale per creare un'opera che contenga gli elementi plastici,
la serialità e l'ironia, un'opera autonoma, libera dalle eredità
letterario-artistiche.
Fissare le
origini di un genere è
sempre un compito
arduo che non ammette largo consenso. Sintesi delle molteplici obiezioni
sollevate è che tale teoria risulti azzardata
in un campo quale quello del libro d'artista in cui i problemi terminologici,
la superficialità delle analisi compiute, favoriscono il germogliare di
opinioni e illazioni. Ma è indubbio che la produzione degli anni Sessanta si
distingua da quella avanguardistica non solo per i nuovi mezzi editoriali
presenti sul mercato ma anche per il dilagare di un atteggiamento contestatario
nei confronti di teorie artistiche elitarie. Due motivi che si giustificano
reciprocamente.
Inglobando
tutte le nuove tecniche di riproduzione (fotografia, fotocopia, offset), il
libro d'artista si stacca dalle eredità della Letteratura e delle Belle Arti e
sopratutto dalla tradizione del libro illustrato. L'obiettivo è di creare un supporto più adeguato alla diffusione
di opere, fuori dai circuiti specializzati, sfruttando un mezzo capace di
coinvolgere diversi linguaggi e raggiungere, per il basso costo e per la
facilità divulgativa, diversi strati sociali.
Del resto, questa "spaccatura", favorita dal
contesto socio-culturale
degli anni '60, più volte sottolineata, è emersa a suo tempo persino nel campo specifico del libro d'artista. Due
esposizioni nel 1972: I denti del drago (Galleria L'uomo e l'arte di
Milano) e la sezione della Biennale di Venezia, Il libro come luogo di ricerca, attestano, anche se in ritardo,
questa rivoluzione di intenti. Il libro, luogo privilegiato della conoscenza,
dell'erudizione, più di ogni altro supporto s'impegna in una battaglia contro
il settarismo culturale e la teoria dell'unicità dell'opera d'arte divenendo
oggetto di meditazione di se stesso, elemento e non veicolo di comunicazione.
Il fenomeno più eclatante è l'intermedialità:
tutti i linguaggi (la musica, la fotografia, il corpo), qualsiasi oggetto
partecipano in egual misura all'espressione.
Come ogni
luogo sacro della cultura, il libro perde il proprio potere istituzionale per
diventare solo luogo di se stesso. Ed è allora, quindi, che il libro d'artista assume una propria identità
rendendosi indipendente non solo dal sistema precostituito delle Arti, ma anche
da quello del mercato ad esso subordinato.
Se non fu
Ruscha l'artefice, se non fu il 1963, poco importa, sta di fatto che una
creazione originale emerge proprio in quegli anni un po' ovunque nel mondo, pur
con caratteristiche locali diverse. La poesia visiva, concreta, sonora, fluxus,
l'arte concettuale, la land art, la body art, la narrative art, senza contare i
personaggi più isolati, tutti hanno fatto uso, con varianti particolari, del
libro d'artista.
Oggi, a
trent'anni di distanza, tra le miriadi di supporti comunicativi che ci
circondano, il libro d'artista rimane uno strumento di indagine. Certo non è più materia di manipolazione dissacratoria, o
almeno non appare più tale: le operazioni che lo coinvolgono, risultano più
meditate. Si riscopre l'unicità dell'opera come valore artigianale e non certo
classista. Lo scopo non è più
distruggere per creare, bensì fare crescere e sviluppare quegli stessi impulsi
vitalistici che ne hanno sbaragliato i confini.
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INTRODUZIONE AI MIEI LIBRI-OGGETTO
I miei libri-oggetto muovono da un'intenzione-tensione ludica.
L'elemento linguistico (fra cui il titolo dell'opera) e quello visivo
interagiscono suggerendo un corto circuito denso di rimandi bizzarri. Per
Marcel Duchamp i giochi di parole sono dei "ready-made”. Anch'essi sono
delle presenze concrete, "trovate". Al di là dell'apparenza banale
hanno un senso che va ricavato e che, pur restando latente, ha la forza di
conferire all'oggetto-parola quell'aura che lo nobilita. Alla luce di queste
riflessioni duchampiane non mi dispiace l'idea di considerare i miei interventi
degli "irready-made".
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I MIEI LIBRI-OGGETTO IN MOSTRA
Assolo, 1990 due volumi rilegati con solo lettere "a" in ogni pagina
e una pagina di errata corrige a parte, cm 26x18 ciascuno
esemplare unico Collezione Marco Carminati
Equilibri, 1997-1999 bilancia con libri in contenitore di plexiglas,
(cm31x31x21)
Collezione Carlo Palli
Ex-libro, 1987 libro tagliato su tavoletta di legno, cm45x55 donato alla Biblioteca Nazionale di Firenze
Semiotica del testo, 1985 libro, radiografia e lettere d’ottone su tavoletta
di legno, cm60x50 _____________________________________
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