Paolo
Albani
I LIBRI-PLACEBO
Al concetto di
«libro-placebo» è dedicato Le
texte autre (Éditions Candide, Paris, 2007, pp. 68, €
10,00),
un pamphlet dello scrittore e filosofo francese Jean-Paul Lacroix,
allievo
di Deleuze e dagli anni novanta insegnante alla Sorbona.
I libri-placebo, scrive Lacroix, sono quelli che
assolvono
in modo nascosto, senza lasciarlo intendere, una funzione consolatoria,
rassicurante; libri che in buona fede uno crede siano fatti di idee
balsamiche,
mentre in realtà non contengono alcuna sostanza rigenerativa,
ardimentosa.
La vera finalità dei libri-placebo è
rabbonire
gli animi, acquietare e non inquietare. Sono libri che non hanno niente
di vizioso, di arbitrario, che in fondo esprimono l'esatto opposto di
quell'idea
di letteratura come gesto disubbidiente, come fenomeno ambiguo,
innaturale
e un poco mostruoso (Giorgio Manganelli).
Insomma i libri-placebo sono libri che si leggono per
soddisfare un desiderio inconscio di rilassamento, quasi di
annullamento,
libri che, all'insaputa del lettore, finiscono per intorpidirgli la
mente,
che inclinano verso il mellifluo, il troppo facilmente inquadrabile in
un genere, che allentano e rallentano le tensioni emotive, e invogliano
apertamente, in virtù della loro azione sedativa, al
posizionamento
in un equilibrio statico, confortevole.
Una delle caratteristiche dei libri-placebo, forse la
più perfida, sostiene Lacroix, è la capacità
d'istillare
astutamente nel lettore l'impressione di aver letto un capolavoro, un
libro
importante, epocale, formativo, specie poi se il libro ha avuto un
grande
successo, confermato dalle copie vendute e dalle recensioni di critici
autorevoli. E che si tratti di un libro straordinario, sia pure in
apparenza,
lo testimonia anche la quarta di copertina che è tutta
un'esaltazione,
un fuoco d'artificio sulle virtù del libro, enfatizzate in molti
casi da una fascetta che lo abbraccia energicamente.
Una funzione importante dei libri-placebo, prosegue
Lacroix,
è aiutare il lettore a prendere coscienza di sé,
ovviamente
in modo distorto, il che si traduce nel propinargli l'idea che a lui,
al
lettore, sia riservato un ruolo attivo di co-protagonista, di
re-inventore
del libro scelto in lettura.
Per la verità questo fatto - del lettore-protagonista
che attualizza un testo che altrimenti resterebbe incompleto - vale un
po' per tutti i libri. La differenza è che i libri-placebo
soddisfano questa regola attraverso un meccanismo perverso:
l'autosuggestione,
una tecnica esibita furbescamente da un lato per indurre il lettore a
credere
che il libro sia stato scritto per lui, solo ed esclusivamente per lui,
dall'altro per convincerlo che sta leggendo proprio quel libro
lì,
il libro che tiene aperto davanti a sé (un libro x),
mentre
in modo sleale, tradendone la fiducia, è un altro libro che gli
viene somministrato (un libro y), sebbene confuso nello stesso
spazio
tipografico, dentro le stesse pagine.
Un'altra dote dei libri-placebo è l'abilità
d'insinuare nel lettore il dubbio che se qualcuno si è preso la
briga di toccare le corde che gli stanno a cuore, se ha parlato
diffusamente
dei suoi problemi sfoderando, com'è abitudine degli scrittori,
il
vecchio, consumato trucco d'inventarsi delle storie, animate spesso da
personaggi improbabili che si muovono in situazioni altrettanto
fasulle,
forse lo ha fatto per venire incontro alle sue aspettative.
L'autosuggestione indotta dai libri-placebo è una
forma sottile di lusinga, di adulazione studiata di proposito per
abbindolare
il lettore: in realtà lo si vuole condurre, senza che ne abbia
la
percezione, a introiettare l'effetto provocato dal libro-placebo,
effetto che lo dispone a leggere un libro ignorandone il vero
contenuto,
che è sempre un qualcosa di diverso da ciò che luccica in
superficie, ma poiché il lettore, essendo sotto l'effetto
placebo,
non avverte questa diversità, alla fine, per quanto può
sembrare
assurdo, è come se stesse leggendo un altro libro, un libro
parallelo.
In breve, conclude Lacroix, è questa l'essenza, la
filosofia
del placebo nel mondo dei libri: si legge un libro-placebo,
la cui natura ci sfugge, supponendo si tratti di una certa cosa, mentre
invece, senza sospettarlo, è una cosa profondamente diversa.
il Caffè illustrato, 35, marzo/aprile 2007, p. 6.
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