Paolo Albani
Per
mantenermi economicamente, in prospettiva, pensando al mio futuro, ho scelto di
fare l’indovino. Vi domanderete: che razza di mestiere è? Esiste un albo
professionale degli indovini, in cui uno si iscrive, versa i contributi, come
gli architetti o i medici, a tutela delle persone che si rivolgono a un
indovino, che è un soggetto giuridico che lavora, si spreme le meningi per
indovinare il futuro, un servizio di pubblica utilità di cui oggi c’è sempre
più bisogno? Pagano le tasse gli indovini, rilasciano regolare fattura, o
evadono il fisco, come quasi tutti i liberi professionisti? Hanno degli studi
in cui ricevono i clienti, ambulatori assistiti da segretarie zelanti, e
rilasciano le loro previsioni su ricettari legalmente riconosciuti? Quanti sono
gli indovini censiti al momento dalle statistiche ufficiali? Calma, se avete un po’ di pazienza, vi spiego tutto. Intanto il mestiere d’indovino non
ha nulla a che vedere con quello praticato dalla massa di ciarlatani che si
affida alle sfere di cristallo, vestiti in modo ridicolo, giacche di seta e
turbanti da maghi da strapazzo, Alì Babà di periferie abbandonate, o
chiromanti, cartomanti, lettori di fondi di caffè che mortificano la
professione e hanno un unico obiettivo: fregare la povera gente, intascare
soldi e fare la propria fortuna, non il bene dei clienti, come invece ci
prefiggiamo noi indovini, seri specialisti delle previsioni. Quindi un consiglio disinteressato:
tenetevi alla larga dalla schiera degli improvvisatori che millanta doti
straordinarie, paranormali, truffatori che basano il proprio potere persuasivo
sulla suggestione di chiacchiere vuote, senza fondamento, aria fritta, fandonie
indimostrabili. La prima regola di un bravo indovino
è non mentire, il che significa non prendere per i fondelli il prossimo,
verrebbe meno la fiducia e addio lungimiranza. Un indovino deve limitarsi a
indovinare il futuro, e basta, senza allargarsi troppo, attenersi alla
fenomenologia degli eventi da predire, non vendere fumo, evitare di
abbandonarsi a vibrazioni emotive o a facili letture dell’andamento futuro del
mondo, come quelle che ci propinano negli oroscopi, congetture per shampiste e
donnette di servizio (con tutto il rispetto per queste categorie),
prefigurazioni che dicono e non dicono, che restano nel vago così che,
qualunque cosa accada, non si sbaglia mai. È un giochetto di prestigio, con cui s’illudono, e
tradiscono, migliaia di persone.
Una volta gli indovini erano tenuti
in auge, godevano di un enorme prestigio perché si credeva avessero un rapporto
diretto con il mondo soprannaturale delle divinità. Oggi le cose sono cambiate,
le uniche divinità riconosciute sono il denaro e il sesso. La gente si rivolge
al primo imbroglione disponibile sulla piazza, che si spaccia per indovino,
chiedendogli lumi solo su due questioni: gli affari e le pene d’amore. Non si
sgarra. Fine. Gli argomenti toccati sono sempre quelli: le corna e i conti
correnti, le eredità e gli adulteri. Mai uno che si preoccupi di problemi
più elevati, culturali, che voglia riscattarsi e volare più in alto, sapere per
esempio quali romanzi usciranno nei prossimi trent’anni, quali film saranno
prodotti e girati, quali scoperte scientifiche ci aiuteranno a combattere le
malattie che ci affliggono. Nessuno, che io sappia, va dal cartomante o dal mago di
turno, trovato magari su internet, per farsi dire quali saranno i futuri premi
Nobel nelle varie discipline o se i problemi climatici, il buco dell’ozono e il
riscaldamento atmosferico, saranno risolti in un futuro non troppo lontano, se
la pace mondiale, così fragile e instabile, durerà ancora o al contrario il
destino del pianeta andrà incontro a una guerra atomica, come paventa Noam
Chomsky. A chi volete che interessino questi affarucci da poco. Gli unici che hanno a cuore le sorti del mondo, che non si
lasciano impelagare in controversie di piccolo cabotaggio, in fenomeni svianti,
dal respiro corto, siamo noi, gli indovini, meteorologi degli accadimenti che
si preparano all’orizzonte, sensori capaci di captare le varianti e i
cambiamenti che ci aspettano, di descrivere gli scenari del domani, invisibili
ai più solo perché la miopia umana li ignora non riuscendo a vederli. Non sarebbe male che il Parlamento
votasse una legge per istituire la presenza di un indovino ogni 100 mila
abitanti, minimo, consultabile periodicamente. Un servizio gratuito da offrire
alla popolazione con l’obiettivo di tracciare le linee guide per l’orientamento
delle scelte migliori da compiere negli anni a venire. L’indovino – che non è un racconta-balle, un imbonitore
come quelli che strombazzano in tv – sarà scelto nell’albo ufficiale della
categoria, in cui sono iscritti gli allievi più in gamba usciti con un
punteggio soddisfacente dalla scuola di formazione per indovini. Né sarebbe una cattiva idea che
sempre il Parlamento decidesse di affiancare al governo del paese, in qualità
di organo consultivo, rinnovabile su richiesta della maggioranza semplice dei
deputati, un CTI, Comitato Tecnico Indovini.
dicembre 2021
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