In
un romanzo del 1931, un estroso scrittore di Roma manifesta
l’intenzione di fondare l’Associazione tra quelli che non han voglia di
far niente, il cui scopo è difendere, di fronte a ogni esortazione
all’attività, la categoria degli sfaccendati. L’Associazione si
preoccupa di nominare una commissione per presentare al governo i
desiderata dei suoi membri che necessitano di facilitazioni: biglietti
gratis, ribassi in ferrovia, prestiti, sconti, eccetera. Ogni tanto si
riunisce l’assemblea generale in cui ognuno riferisce sull’opera che non
ha svolto e espone il programma che si propone di non attuare. Infine
non si procede alla votazione di o.d.g. Nell’Associazione bisogna non
dividersi i compiti e non fare presto, perché chi non ha tempo deve
aspettare tempo.
Il romanzo si chiama In compagnia è un’altra cosa, lo scrittore è Achille Campanile.
Detto così sembra tutto facile, uno scherzo (e lo è). In realtà “non far
niente”, ovvero l’attività del riposo (suona quasi come un paradosso,
un ossimoro), insomma riposarsi, è un’arte per nulla facile e comoda,
per quanto alla fine risulti utile alla mente e al corpo.
Alcuni anni fa venne avviato un sondaggio online sul riposo, Rest Test (rest significa “riposo” in inglese), da parte di un team multidisciplinare, chiamato Hubbub
(baccano), composto in buona parte da ricercatori dell’Università di
Durham (Inghilterra), da storici, poeti, artisti, psicologi,
neuroscienziati, geografi e persino un compositore (scelta non peregrina
per quanto emergerà dalle risposte degli intervistati). Il sondaggio
tiene impegnati i ricercatori per due anni e viene lanciato nel corso di
due programmi alla radio della Bbc – All in the Mind su Radio 4 e Health Check sul World Service – coinvolgendo 18.000 persone, non una bazzecola.
Fra i coordinatori del sondaggio c’è Claudia Hammond,
giornalista e conduttrice radiofonica, che raccoglie i risultati del Rest Test in un libro intitolato L’arte di riposare. Come trovare sollievo dal mondo contemporaneo
(traduzione di Libero Carbone, il Saggiatore, Milano, pp. 307). Nel
libro – “un appello al riposo”, dice l’autrice, dato che il relax aiuta a
prendere decisioni migliori, riduce il rischio di depressione, migliora
la memoria e la salute – le dieci attività considerate più riposanti
(attenzione: non le più piacevoli) sono presentate in ordine
decrescente, cioè si parte da quella che ha ottenuto meno punteggio per
arrivare alla più sostenuta, che, vedremo, è una felice sorpresa. Ogni
capitolo è ricco di riferimenti a seri studi scientifici e in certi casi
si compiace di affermazioni alla Francesco Alberoni, tipo: «va bene
tutto quello che per te funziona», «le vacanze fanno bene», «anche la
noia ha un lato positivo», «il suono più riposante di tutti è il
silenzio».
La meno votata delle attività dedicate al riposo,
fenomeno più complesso del sonno, avverte la Hammond, è la cosiddetta mindfulness
(n. 10), in sintesi una pratica di meditazione buddhista con cui, se ad
esempio siete in attesa alla fermata di un bus, dovete concentrarvi
sulla connessione tra piedi, suole delle scarpe e marciapiede.
Seguono guardare la tv (n. 9) (la forma di cultura
che piace di più alla nostra Hammond, il metodo principale che lei usa
per rilassarsi, i gusti sono gusti, del resto molti usano la tv come una
specie di Valium); sognare a occhi aperti (n. 8), ovvero lasciar libero
il cervello di seguire le proprie divagazioni; un bel bagno caldo (n.
7), forse, dice la Hammond, il riposo nella sua forma più pura; una
bella passeggiata (n. 6), attività semplice, capace di cambiare la
nostra percezione del tempo e di darci l’opportunità di pensare; non
fare niente in particolare (n. 5), e qui torniamo agli sfaccendati di
Campanile e anche alle figure storiche di pigri, come Oblomov o
Bartleby, lo scrivano di Melville, che “preferiva dire no” alle
richieste del capoufficio; ascoltare musica (n. 4): scegliete quella che
vi piace, suggerisce la Hammond; voglio stare da solo (n. 3),
condizione che, fra le altre cose, facilita la creatività: quando scoprì
la teoria più inquietante e psichedelica della fisica (parole di Carlo
Rovelli), cioè la «teoria dei quanti», il ventitreenne Werner Heisenberg
era completamente solo sull’isola di Helgoland nel Mare del Nord;
trascorrere del tempo nella natura (n. 2), cioè fare, come dicono i
giapponesi, un “bagno di foresta”.
E infine, udite udite, chi troviamo al top del Rest Test,
scelta dal 58% degli intervistati? Niente meno che l’attività di
leggere (n. 1): un’anziana paziente di una clinica statunitense,
alludendo ai personaggi dei libri, rilascia questo commento: «Non sono
sola. Ho il mondo intero qui con me».
Guardando ai risultati del Rest Test mi sorge
una domanda (maliziosetta). Possibile che nessuno dei 18.000
intervistati (non pochini, eh?) abbia indicato fra le dieci attività più
riposanti quella legata al sesso, le coccole che i partner si scambiano
durante un rapporto amoroso, il più naturale che ci sia al mondo? O
forse il sesso per la (puritana?) Bbc rimane un argomento troppo spinto?