Paolo Albani
IMPEGNARSI A NON FAR NIENTE


 In un romanzo del 1931, un estroso scrittore di Roma manifesta l’intenzione di fondare l’Associazione tra quelli che non han voglia di far niente, il cui scopo è difendere, di fronte a ogni esortazione all’attività, la categoria degli sfaccendati. L’Associazione si preoccupa di nominare una commissione per presentare al governo i desiderata dei suoi membri che necessitano di facilitazioni: biglietti gratis, ribassi in ferrovia, prestiti, sconti, eccetera. Ogni tanto si riunisce l’assemblea generale in cui ognuno riferisce sull’opera che non ha svolto e espone il programma che si propone di non attuare. Infine non si procede alla votazione di o.d.g. Nell’Associazione bisogna non dividersi i compiti e non fare presto, perché chi non ha tempo deve aspettare tempo.
  Il romanzo si chiama In compagnia è un’altra cosa, lo scrittore è Achille Campanile.
Detto così sembra tutto facile, uno scherzo (e lo è). In realtà “non far niente”, ovvero l’attività del riposo (suona quasi come un paradosso, un ossimoro), insomma riposarsi, è un’arte per nulla facile e comoda, per quanto alla fine risulti utile alla mente e al corpo.
    Alcuni anni fa venne avviato un sondaggio online sul riposo, Rest Test (rest significa “riposo” in inglese), da parte di un team multidisciplinare, chiamato Hubbub (baccano), composto in buona parte da ricercatori dell’Università di Durham (Inghilterra), da storici, poeti, artisti, psicologi, neuroscienziati, geografi e persino un compositore (scelta non peregrina per quanto emergerà dalle risposte degli intervistati). Il sondaggio tiene impegnati i ricercatori per due anni e viene lanciato nel corso di due programmi alla radio della Bbc – All in the Mind su Radio 4 e Health Check sul World Service – coinvolgendo 18.000 persone, non una bazzecola.
    Fra i coordinatori del sondaggio c’è Claudia Hammond, giornalista e conduttrice radiofonica, che raccoglie i risultati del Rest Test in un libro intitolato L’arte di riposare. Come trovare sollievo dal mondo contemporaneo (traduzione di Libero Carbone, il Saggiatore, Milano, pp. 307). Nel libro – “un appello al riposo”, dice l’autrice, dato che il relax aiuta a prendere decisioni migliori, riduce il rischio di depressione, migliora la memoria e la salute – le dieci attività considerate più riposanti (attenzione: non le più piacevoli) sono presentate in ordine decrescente, cioè si parte da quella che ha ottenuto meno punteggio per arrivare alla più sostenuta, che, vedremo, è una felice sorpresa. Ogni capitolo è ricco di riferimenti a seri studi scientifici e in certi casi si compiace di affermazioni alla Francesco Alberoni, tipo: «va bene tutto quello che per te funziona», «le vacanze fanno bene», «anche la noia ha un lato positivo», «il suono più riposante di tutti è il silenzio».
     La meno votata delle attività dedicate al riposo, fenomeno più complesso del sonno, avverte la Hammond, è la cosiddetta mindfulness (n. 10), in sintesi una pratica di meditazione buddhista con cui, se ad esempio siete in attesa alla fermata di un bus, dovete concentrarvi sulla connessione tra piedi, suole delle scarpe e marciapiede.
    Seguono guardare la tv (n. 9) (la forma di cultura che piace di più alla nostra Hammond, il metodo principale che lei usa per rilassarsi, i gusti sono gusti, del resto molti usano la tv come una specie di Valium); sognare a occhi aperti (n. 8), ovvero lasciar libero il cervello di seguire le proprie divagazioni; un bel bagno caldo (n. 7), forse, dice la Hammond, il riposo nella sua forma più pura; una bella passeggiata (n. 6), attività semplice, capace di cambiare la nostra percezione del tempo e di darci l’opportunità di pensare; non fare niente in particolare (n. 5), e qui torniamo agli sfaccendati di Campanile e anche alle figure storiche di pigri, come Oblomov o Bartleby, lo scrivano di Melville, che “preferiva dire no” alle richieste del capoufficio; ascoltare musica (n. 4): scegliete quella che vi piace, suggerisce la Hammond; voglio stare da solo (n. 3), condizione che, fra le altre cose, facilita la creatività: quando scoprì la teoria più inquietante e psichedelica della fisica (parole di Carlo Rovelli), cioè la «teoria dei quanti», il ventitreenne Werner Heisenberg era completamente solo sull’isola di Helgoland nel Mare del Nord; trascorrere del tempo nella natura (n. 2), cioè fare, come dicono i giapponesi, un “bagno di foresta”.
    E infine, udite udite, chi troviamo al top del Rest Test, scelta dal 58% degli intervistati? Niente meno che l’attività di leggere (n. 1): un’anziana paziente di una clinica statunitense, alludendo ai personaggi dei libri, rilascia questo commento: «Non sono sola. Ho il mondo intero qui con me».
    Guardando ai risultati del Rest Test mi sorge una domanda (maliziosetta). Possibile che nessuno dei 18.000 intervistati (non pochini, eh?) abbia indicato fra le dieci attività più riposanti quella legata al sesso, le coccole che i partner si scambiano durante un rapporto amoroso, il più naturale che ci sia al mondo? O forse il sesso per la (puritana?) Bbc rimane un argomento troppo spinto?


Domenica - Il Sole 24 Ore, 4 ottobre 2020, p. XVII.

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