Paolo Albani
PAULIN GAGNE,
"CANDIDATO UNIVERSALE
E PERPETUO"
Fra le figure di “utopisti eccentrici” quella di Paulin Gagne è
certamente una delle più inquietanti.
Nato a Montoison (Drôme) il 9 giugno 1808, Gagne esercita la
professione di avvocato a Montélimar, una piccola città nei
pressi del Rodano, non lontana da Avignone. Soltanto una volta difende
nel foro di Parigi un giovane “perverso”, accusato di trentadue furti e
di un tentativo di assassinio, che avrà il massimo della pena. A
Montélimar Gagne è consigliere municipale, vice sindaco e
presidente dell’ordine degli avvocati. Il viso emaciato, lo sguardo ardente,
Gagne ostenta dei lunghi capelli bianchi ed una barba bianca.
Gagne, che si autodefinisce “poeta, avvocato dei pazzi e candidato
universale, soprannaturale e perpetuo alla carica di deputato e all’Académie
française”, è autore prolifico; i suoi innumerevoli scritti
sono quasi sempre stilati in versi. La sua azione può riassumersi
in questo distico: «Per tutta ambizione, nell’amore che m’inonda,
/ Aspiro a diventare il lustrascarpe del mondo».
I suoi primi poemi sono dedicati al tema delle catastrofi (ferroviarie,
in mare, terremoti, incendi) e all’annuncio dell’arrivo di una “donna messia”
che Gagne chiama la Philosofluide (cfr. A tous les peuples du
monde. L’Unitéide ou la Femme Messie, Montélimar, impr.
Bourron, 1857).
A Parigi, presso l’editore Rousset, nel 1843 pubblica La Gagne-Monopanglotte
ou Langue unique et universelle formée de la réunion radical
et substantielle de toutes les langues mères, un progetto di
lingua artificiale composta di parole prese da venti lingue (tedesco, inglese,
arabo, cinese, danese, spagnolo, francese, greco, ebraico, indostano, italiano,
latino, malgascio, persiano, polacco, portoghese, russo, sanscrito, svedese
e turco) proporzionalmente all’importanza dei popoli che le hanno parlate
o le parlano. Nella Monopanglotte i verbi sono all’infinito, tempo
che infonde più forza e chiarezza al discorso; sono abolite le declinazioni
restando solo il nominativo singolare; gli aggettivi sono al maschile;
esiste una pronuncia uniforme per tutte le lettere e le sillabe delle lingue;
l’alfabeto universale è quello francese; viene aggiunta una “s”
per indicare il plurale dei nomi, ecc.
Nel 1853 Gagne sposa Élise Moreau de Rus, scrittrice, con la
quale fonda Le Théâtre du monde, journal et cours littéraires
et artistiques. Fra gli altri periodici fondati da Gagne ricordiamo:
L’Espérance,
L’Archi-Soleil
e L’Unité, “journal universel et pantoglotte, organe de l’archi-congrès
de l’unité universelle, religeuse, littéraire, scientifique”.
Nel 1860 subisce un attacco di spiritismo e viene internato per qualche
tempo in manicomio dove si rivela il migliore aiutante dei medici e degli
infermieri: “lenisce, tranquillizza e allieta tutti gli altri dementi”.
Durante la carestia che, nel 1867, miete numerose vittime in Algeria,
Gagne espone sul numero 5 de L’Unité il “famoso” progetto
della Filantropofagia, “il solo fatto nuovo comparso sotto il sole”, ovvero
“l’amore dell’uomo per l’uomo dato in alimento”. Nel sacrificio volontario
di uomini e donne che si danno fraternamente e religiosamente in nutrimento
alle vittime della fame che divora il mondo, Gagne individua la definitiva
soluzione del “problema sociale”. «L’arcifilantropofagia, che rovescerà
la barbarie e tutti i crimini, solo lei può pronunciare la santa
parola fine alla carestia universale che, se nessuno si sacrifica, ci divorerà
tutti sul grande vascello della terra senza più viveri».
Il progetto di Gagne, di cui parlano diversi giornali del tempo (Le
Figaro, Le Pays, Le Nain jaune, ecc.) prevede l’erezione
di quattro croci in Place de la Concorde; le braccia e le gambe dei “cristi
salvatori dell’umanità” saranno appesi ad “anelli dorati”, “le loro
teste verranno infilate in lacci diamantati o in rasoi circolari, secondo
le preferenze; i sacrificatori, posti dietro le croci, si armeranno di
garrote destinate a stringere lacci e i ferri taglienti, e, nel momento
in cui si faranno suonare a distesa le campane del sacrificio e in cui
gli spettatori cadranno in ginocchio, si compirà l’esecuzione in
un minuto eterno, che riempirà i cieli e la terra d’amore, di gloria
e di benedizioni”. Da parte mia, afferma Gagne, “preferisco diventare il
sacro alimento dei miei simili, che mi venereranno, piuttosto che essere
la stupida e ignobile pastura dei vermi”. Così si dice pronto a
inviare una delle sue gambe in Algeria, un’altra in America, un braccio
in Irlanda, il tronco del suo corpo al mondo intero.
Gagne muore a Parigi nell’agosto del 1876, in miseria.
"Posse", 1, aprile 2000, pp. 214-216.
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