pagina del sito di Paolo Albani

Oplepo
ESERCIZI DI STIME

ACRONIMI ELOGIATIVI

Biblioteca Oplepiana
, plaquette n. 17
(2000)


Nel decennale della sua nascita (3 novembre 1990), Oplepo si autocelebra con una plaquette (n. 17) di elogi scritti da Elena Addomine, Paolo Albani, Raffaele Aragona, Alessandra Berardi, Luca Chiti, Brunella Eruli, Sal Kierkia, Maria Sebregondi, Giuseppe Varaldo.



Introduzione

La storia dell’Elogio come genere letterario ha radici molto lontane. 

Già tra il IX e X secolo Ucbaldo, un benedettino calvo del monastero di Saint-Amand presso Tournai (Belgio), dedica a Hatto, arcivescovo di Magonza, un elogio della calvizie in centosessantaquattro esametri tutti composti di parole inizianti con la lettera 'c'. In epoche diverse molti autori si sono cimentati con l’elogio affrontando i temi più insoliti, generalmente “bassi” e “negativi”, come la peste, il malfrancese, la zanzara, il fango, la stupidità, la mosca, l’avarizia, l’uovo sodo, la carestia, il pidocchio ed altre amenità del genere.

Un elogio degli uccelli è uscito dalla penna di Giacomo Leopardi, un elogio di «alcuni valentuomini» ha scritto Carlo Emilio Gadda, un elogio del serpente Guido Ceronetti, uno dello scrivere oscuro Giorgio Manganelli, di Franti Umberto Eco, tanto per ricordare solo alcuni fra gli esempi più famosi a noi vicini. 

Lodare cose che ragionevolmente andrebbero biasimate e cose che, per la loro pochezza, non meriterebbero alcuna attenzione celebrativa, è un esercizio caro agli autori burleschi di ogni tempo e latitudine. Si è detto che questo tipo di scrittura “paradossale”, capace di scoprire l’altra faccia della luna, muove dal piacere dell’eversione delle “opinioni comuni”e dal gusto dell’argomentare alla rovescia.

Come «nel paradosso è la forza di una redenzione delle cose», così nell’elogio in quanto scommessa di celebrazioni assurde si agita non di rado il desiderio di riscattare la realtà là dove appare più negativa, immobile, insieme all’aspirazione di creare delle possibilità ovvero, per dirla oplepianamente, delle potenzialità.

Ecco perché Oplepo ha scelto la forma dell’elogio per celebrare il decennale della sua nascita, avvenuta a Capri il 3 novembre 1990. In primo luogo per compiacere il carattere “divertente” della sua attività di sperimentazione con un gesto impunemente singolare (l’elogio di se stessi, autoreferenziale, procedimento atipico fino ad oggi) e poi per indagare sulle potenzialità poetiche e narrative celate al suo interno, in senso stretto, visto che l’argomento, il plot dei singoli elogi (questa è la regola, l’unica costrizione richiesta) è vincolato al rispetto dell’acronimo di Oplepo.

In un palpito di filologia spicciola potremmo aggiungere che anche in questo caso il tema dell’elogio è canonicamente “basso”, trattandosi di un gruppo (l’Oplepo, appunto) dedito al gioco (in prevalenza letterario), attività carnascialesca e viscerale per eccellenza, e “negativo” essendo gli esercizi dell’opificio poco raccomandabili ai benpensanti, devianti e fuori dalla norma.



Paolo Albani
Oscurità Poetica Laureata Esibendo Parole Oblique

                                                                L’oscurità è nelle nostre anime, non vi pare?
                                                                                                   James Joyce, Ulisse.

Perché non può esistere una chiarezza della letteratura?
 Per Giorgio Manganelli il fatto è che la chiarezza di un testo letterario convive con la qualità più segreta e specifica del linguaggio: la complessità.
 Prendiamo un verso del Petrarca come: «Quanta aria dal bel viso mi diparte». Sarebbe facile farne la parafrasi, argomenta Manganelli, darne un riassunto fedele; esso “è chiarissimo, e insieme di una tale sottile complessità che è impossibile, non dico riassumerlo, ma anche solo toccarlo; un verso è simile ad un fantasma: tutto quel che si può fare è vederlo, e paventarlo”.

 Consideriamo ora i versi di un’altra famosa poesia, Fisches nachtgesang (Canto notturno del pesce) (1905) di Christian Morgenstern:


Qui il senso dell’affermazione manganelliana trova un riscontro seducente e dissennato, e l’oscurità della poesia in questione si esalta nel “fulmineo abbagliamento della complessità”.
 In questo esempio come altrove aleggia, cristallina e provocatoria, la sentenza del Manganelli: «La poesia non dice nulla: è».

Riferimenti: Paolo Albani, Esercizi di stime. Acronomi elogiativi, Biblioteca Oplepiana n. 17, Edizioni OPLEPO, Napoli, 2000, fuori commercio, pp. 11-14.

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Questo mio elogio è citato in Texte nach Bauplan. Studien zur zeitgenössichen ludisch-methodischen Literatur in Frankreisch und Italien (Universitätsverlag Winter, Heidelberg, 2012, p. 180) di Astrid Poier-Bernhard, docente di letteratura presso l'Institut d'études romanes di Graz (Austria).





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