Paolo Albani

DUE GAMBE IN PIÙ

 


                                                                                     Quante orecchie deve avere un uomo
                                                                               perché possa sentire la gente  piangere?
                                                                                                                            Bob Dylan


Perché siamo fatti come siamo fatti, noi umani? Due occhi, due orecchi, la bocca, il naso, una testa, due gambe e due braccia, alcuni orifizi. Inutile che stia qui a aggiungere altri particolari, sappiamo tutti quale forma ha il nostro corpo.
    Chi l’abbia determinata, questa forma, non ha importanza adesso. Non voglio impelagarmi in disquisizioni sui massimi sistemi. Non prenderò posizione sul dibattito se il nostro corpo sia da imputare a un’entità sovrannaturale, Dio, come sostengono i creazionisti, o non sia piuttosto il risultato di un processo evolutivo, come vogliono i seguaci della teoria di Darwin sull’origine della specie, per i quali siamo «scimmie evolute». Metto fra parentesi queste interpretazioni, non perché non abbia una mia personale opinione, ma perché l’identità dell’artefice – il Padre eterno o un processo biologico – cui attribuire la forma del nostro corpo non è essenziale al mio discorso.
    Parto da un dato di fatto: il nostro corpo ha la conformazione che tutti conosciamo, un aspetto standard, quello e non un altro, tale che lo distingue dalle altre specie animali. Ciò significa che l’uomo – «mammifero caratterizzato dalla stazione eretta, dallo sviluppo straordinario del cervello, delle facoltà psichiche e dell’intelligenza, dall’uso esclusivo del linguaggio simbolico articolato e dalla conseguente capacità di fondare, trasmettere e modificare una cultura» – è palesemente diverso, per struttura, da un gorilla o da un moscerino.
     Rispetto alla figura normale del corpo umano, stabilita in natura (pensate all’uomo di Vitruvio), è pur vero che esistono delle eccezioni, che si allontanano dall’anatomia ordinaria. Mi riferisco alle deformazioni, agli «scherzi della natura», come vengono chiamate le mostruosità che affliggono l’aspetto fisico dell’uomo (individui con due teste, nani orribili, donne ricoperte di peli), su cui si è scritto molto sia dal punto di vista medico-scientifico che letterario (1).
Joaquim Alberto Pires de Lima (1877-1959), medico, professore di medicina e etnografo, membro dell’Accademia delle Scienze di Lisbona, riporta in As anomalias dos membros nos Portugueses (1927) alcune immagini di corpi deformi (2). Ad esempio c’è un giovane nato con due membri, che figura anche nel numero 40 del «Cabinet de curiosités», catalogo francese di libri antichi e rari, edito da L’intersigne, libreria creata da Alain Marchiset a Parigi nel 1985.
    Negli Stati Uniti e in Inghilterra, a partire dal XIX secolo, i «freak show» erano spettacoli circensi in cui si esibivano «fenomeni da baraccone», persone o animali con aspetto insolito. Su queste «mostruosità viventi» sono stati realizzati una serie di film, il primo dei quali diretto da Tod Browning nel 1932.
    A parte queste deviazioni, mi chiedo cosa saremmo se il nostro corpo presentasse – non come fenomeno da baraccone, ma come morfologia tipica dell’essere umano – caratteristiche diverse da quelle che ha. Il mio è un esercizio di pura speculazione fantastica, di «anatomia potenziale», simile alle descrizioni del corpo degli alieni fatte dagli scrittori di fantascienza.
    Tuttavia non intendo parlare degli abitanti di altri pianeti, marziani o lunatici che siano. Oggetto della mia fantasia è l’Uomo, l’uomo contemporaneo nella sua attuale fisicità.
    L’ipotesi da cui muovo (l’esistenza di quattro gambe) non è irrealistica. Esistono davvero degli individui imperfetti con organi «aggiunti» (due gambe in più, piccole rispetto alle originali) (3).
    Supponiamo che l’uomo, invece delle due gambe normalmente omologate, ne abbia quattro, ovvero due gambe sinistre e due destre, perfettamente identiche, in tutto e per tutto, a quelle che abbiamo in dotazione. In che modo muterebbe il suo comportamento?
  In primo luogo, con quattro gambe uguali, l’uomo aumenterebbe la velocità di camminata, il che gli consentirebbe di effettuare più rapidamente gli spostamenti a piedi. Risparmierebbe tempo e energie. Raggiungerebbe agevolmente ogni destinazione, evitando, in spazi non troppo lunghi, l’uso di mezzi di trasporto a motore. Ne deriverebbe una diminuzione, almeno nelle città, di macchine, autobus, moto, ciclomotori, vespe, furgoni, e dunque dell’inquinamento atmosferico.
   Un altro effetto si avrebbe sul calcio. Il gioco del calcio, lo sport più seguito al mondo, grazie alle quattro gambe, diventerebbe più emozionante. Le corse dei calciatori sarebbero più travolgenti, i dribbling più fantasiosi, i cross più inattesi, data la difficoltà di prevedere la gamba con cui si effettuano; sarebbero più estrosi anche i rigori e i calci di punizione, avremmo una maggiore stabilità nei contrasti, forse meno infortuni, e ne godrebbe la fluidità del gioco.
   Un calcio praticato con quattro gambe (il discorso si può estendere a altri giochi a squadre) sarebbe uno spettacolo più irresistibile, porterebbe più spettatori negli stadi, più gente davanti alla tv, incrementando gli introiti delle società calcistiche e delle piattaforme televisive a pagamento, con una ricaduta positiva sul PIL che, in un circolo virtuoso, farebbe aumentare il benessere della nazione (l’incremento del PIL sarebbe favorito anche dalla maggiore produzione di calzature).
   Se l’uomo avesse quattro gambe, potrebbe inoltre razionalizzare i propri movimenti. Le azioni motorie dei lavoratori nelle fabbriche sarebbero coordinate al meglio, rendendo più efficiente la produttività aziendale, favorendo una crescita dei profitti e degli investimenti che, per via del moltiplicatore keynesiano, si tradurrebbe in maggiore occupazione e salari più alti. In definitiva l’aggiunta di due gambe al corpo umano influirebbe in modo tangibile sull’economia.
    Detto questo, estendendo la casistica sull’aumento di organi del corpo umano, mi chiedo quali conseguenze si verificherebbero sulla nostra vita se avessimo quattro occhi, magari due collocati dietro la testa, sulla nuca, ampliando a 360 gradi la nostra visuale. In questo caso certamente risulterebbe più complessa la tecnica del pedinamento investigativo, e però sarebbe più sicura la guida delle auto, più capillare, da parte delle mamme, il controllo sui bambini che giocano nei giardini pubblici.
   Con due occhi in più, messi dietro la testa, sarebbe possibile leggere due libri nello stesso istante, vedere due pareti di quadri in un museo o in una galleria, assistere a due spettacoli, teatrali e cinematografici, su palcoscenici e schermi situati l’uno di fronte all’altro, sincronizzando l’audio in modo che non si sovrapponga. Tutto con un enorme beneficio sul nostro background culturale.
  Ragionando di questo passo, cosa succederebbe se avessimo quattro mani, o più, come la dea Kālī? Quanto la proliferazione delle mani favorirebbe, in negativo, le azioni dei borsaioli, dei palpeggiatori sui bus, dei facinorosi nelle scazzottature, degli schiaffeggiatori di donne, e quanto, in positivo, stimolerebbe l’invenzione di nuovi strumenti musicali, più creativi? Quali diavolerie avrebbe compiuto Paganini con quattro mani?
   E se avessimo due cuori, come i polpi, di quanto potremmo amplificare il grado d’intensità delle nostre emozioni? Fin dove arriverebbe il nostro udito se possedessimo quattro o sei orecchi, quali distanze coprirebbe oltre la nostra comune percezione sonora, quali fruscii e battiti d’ali riuscirebbe a catturare? Quali e quanti odori sentiremmo con due nasi piazzati al centro del nostro volto?
  Forse un giorno, non possiamo escluderlo, l’ingegneria genetica renderà familiari questi scenari, e allora pettinarsi o farsi lo shampoo avendo due teste diventeranno operazioni più dispendiose, come pure raggiungere il piacere, da soli, guardando un filmino porno, con due membri a disposizione come il giovane citato da Pires de Lima.



(1) Ne Il libro dei mostri (Adelphi, Milano, 1978), Rodolfo J. Wilcock espone brevi ritratti di personaggi mostruosi, come il dottor Arrigo Plaz che a un certo punto diventa sempre più piccolo e si riduce al nulla, finendo per nulleggiare e null’altro (vedi pp. 116-117).


(2) Joaquim Alberto Pires de Lima, As anomalias dos membros nos Portugueses, Araujo & Sobrinho, Suc.RES, Porto, 1927.


(3) È il caso di Josephine Myrtle Corbin (1868-1928), statunitense, nata con quattro gambe di cui due più piccole (riprodotta nella foto). All’età di tredici anni la Corbin entra nel mondo dei fenomeni da baraccone, con il soprannome di “Four-Legged Girl from Texas”; lavora per Phineas Taylor Barnum e il Ringling Brothers Circus. Il suo successo è così strepitoso che alcuni, per imitarla, si costruiscono delle gambe finte. All’età di 19 anni, la Corbin sposa Clinton Bicknell, con cui ha quattro figlie e un figlio.

 

 

settembre 2020

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