Tempo
fa, sfogliando l’Almanacco Bompiani 1966,
un bel numero su «arte e gioco», mi sono imbattuto in un articolo di J. Rodolfo
Wilcock sui giochi letterari. A proposito dei vari modi di introdurre il gioco
nella letteratura, Wilcock evoca la possibilità di scrivere un «Dizionario
Romanzato», con la definizione di ogni voce, corredata da brevi passi narrativi
collegati tra loro a modo di romanzo. E riporta questo breve esempio: «Indistinto:
non distinto, confuso. Nella penombra indistinta, Giulia smise di piangere:
“Ieri ancora parlavi del tuo amore…”»; «Indistruttibile: che non può essere
distrutto. L’uomo rispose: “Può darsi”». E così fino alla Z.
Fantastico.
Ecco una nuova idea per la forma del romanzo. Dopo il romanzo epistolare (Le relazioni pericolose di Laclos),
teatrale (solo dialoghi, o giù di lì), diaristico, flusso-di-coscienza (tipo Il male oscuro di Giuseppe Berto),
memorialistico (La coscienza di Zeno
di Svevo), la graphic novel o romanzo
grafico e persino la Twitter novel, il
romanzo costruito su Twitter, ecco il Dizionario Romanzato: Wilcock non finisce
mai di sorprenderci. Qualcuno l’avrà sperimentata questa forma-romanzo? Detto
ciò mi viene subito in mente un libro che ho letto anni fa, un romanzo di Milorad
Pavič (1929-2009), scrittore serbo che da professore universitario si è occupato
in particolare del barocco letterario serbo.
Il
libro è il Dizionario dei Chazari (Hazarski rečnik), tradotto in italiano
da Branka Ničija per Garzanti nel 1988, con un sottotitolo: Romanzo lessico che non lascia alcun spazio
a fraintendimenti sulla sua struttura. I Chazari sono un popolo turco, di cui oggi si
sono perse le tracce, che tra il VII e il X secolo si stabilì
sulle rive del Mar Caspio convertendosi a una
delle tre grandi religioni: secondo i cristiani al Cristianesimo, secondo i musulmani all'Islam, secondo gli ebrei all'Ebraismo.
Il
romanzo di Pavič è
molte cose: romanzo d'avventura, d'amore, storico, collezione di versi e racconti, manuale cabalistico, puzzle, libro dei sogni, giallo, gioco enigmistico, cubo magico, rebus. Ha una serie di parole d'ordine, rimandi, fonti, appendici e si compone di un libro cristiano, uno islamico e
uno ebraico e poi esiste in due versioni, maschile e femminile. Il libro si può leggere dal principio alla fine, ma si può iniziare dove càpita o leggerlo in diagonale o a ritroso e una volta giunti all'inizio rileggerlo fino alla fine.
Non
so se Pavič sia un caso isolato. Mi chiedo ad esempio: il Dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini (Mondadori 2012) non è forse un
romanzo sulla nostalgia del passato?
E ancora. Un romanzo in forma di «dizionario
enciclopedico», le cui voci avrebbero dovuto essere gli oggetti
(una radio, un orologio a muro, un accendino…), i luoghi (un palazzo,
piazza Taksim, il Pelür Bar…) e i concetti (l’amore, la pazienza,
il nervosismo…), aveva concepito di fare Orhan Pamuk quando inizialmente
pensò di scrivere il suo romanzo Il Museo dell’innocenza.
«I miei amici – scrive Pamuk – mi dicevano: “Orhan, dovresti
scrivere un romanzo enciclopedico, forse si venderebbe”. Come giovane
scrittore con velleità sperimentali prendevo in molta
considerazione queste proposte, anche se erano formulate dai miei amici
tra il serio e il faceto» (Orhan Pamuk, L’innocenza degli oggetti. Il Museo dell’innocenza, Istanbul, traduzione di Barbara La Rosa Salim, Einaudi, Torino, 2012, p. 17).
Dunque intrecciare l’idea di romanzo, biecamente
losca e mutevole, a quella di dizionario, rassicurante e perecchianamente
classificatoria, ci ricorda che sono molti a sostenere che un dizionario si può
leggere «come un romanzo» e credo che ciò dipenda dal fatto che, vagabondare
fra le pagine dei dizionari, sterminati dormitori di parole, per dirla con Manganelli,
dove le parole stanno appese come i pipistrelli e si staccano e cominciano a
svolazzare quando uno le chiama a voce, è una cosa gradevole, che procura
piacere, «dilettosa» scrive testualmente Manganelli, appunto come leggere un
(buon) romanzo.
Testo uscito su pagina99, sia sul mio blog intitolato Meglio tarli che mais il 9 novembre 2014, sia nella versione cartacea del giornale sabato 15 novembre 2014, p. 47.