Paolo Albani
L'ASSOLUTO SCOPERTO
SU UN COMODO DIVANO



DIVANARI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI! Così, parafrasando lo slogan di un noto manifesto politico dell’Ottocento, potrebbe aprirsi questa recensione se a scriverla fossero stati il proprietario terriero Il’ja Ilič Oblomov, vissuto senza compiere alcuna attività in particolare, figura chiave dell’omonimo romanzo di Ivan A. Gončarov (1812-1891) insieme al trentenne Čulkaturin, che nel proprio diario si autodefinisce un «uomo superfluo», segnato da stanchezza mentale e passività, secondo quanto racconta Ivan S. Turgenev (1818-1883).
    Chi sono i divanari? Sono coloro che amano il divano, luogo di riflessione e di ozioso piacere, rifugio prediletto che induce al rallentamento, al sogno, tenendoci lontani dalle frenesie e dalle illusioni del mondo moderno. Come ha detto Émil Cioran: «Molti spiriti hanno scoperto l’Assoluto perché c’era un divano nei dintorni».



    La nobile figura del perdigiorno, dello scansafatiche, è centrale in molti testi letterari; oltre ai due campioni di pigrizia già citati, si pensi ad esempio al protagonista del romanzo Vita di un perdigiorno (1826) di Joseph Freiherr von Eichendorff (1788-1857) o all’intrigante Autobiografia di un perdigiorno (1964) di Evelyn Waugh (1903-1966).
    Il divano ricrea plasticamente lo spazio del nostro pensiero, scrive Stefano Scrima, filosofo e studioso di cultura popolare, in un saggio, provocatorio e intrigante, dedicato alla Filosofia da divano, in estrema sintesi un’appassionata esortazione a fare ciò che ci piace, compreso ovviamente il non far nulla, restando inoperosi, sdraiati sul divano, preso a simbolo del rilassamento esistenziale contro ogni tipo di azione imposta.
    Il divano stimola la lettura e la scrittura: Nabokov scriveva sul divano, mentre Proust sul letto, Capote sulla poltrona, ma il succo non cambia. Al riguardo mi piace ricordare l’inchiesta, Letteratura a sedere, curata da Guido Ceronetti, con interventi di Italo Calvino, Giorgio Manganelli e Goffredo Parise, uscita su «il Caffè», 3, 1970.
    In quanto promotore di letture e scritture, il divano aiuta la conoscenza di noi stessi, contro il dilagante e devastante «lavorismo compulsivo».
    Intendiamoci, spiega Scrima, non tutti gli sfaccendati sono isole felici, esiste anche un divanaro indifferente, nichilista (o stupido), un soggetto che «quando non lavora non sa cosa fare, non ha mai imparato a godersi la vita, e si lascia guidare passivamente dai consigli dei programmi domenicali e compra le cotolette sponsorizzate in televisione o nelle storie di Instagram dal suo attore preferito».
  Vero e proprio cultore delle tematiche sulla felicità procurata dal non-lavoro – nell’«elogio del divano» è citato Giuseppe Rensi (1871-1941), pensatore purtroppo dimenticato, e il suo significativo Contro il lavoro. Saggio sull’attività più odiata dall’uomo (2012) –, Scrima è autore di un nutrito campionario di ricerche filosofiche “curiose”: Filosofia di Fantozzi (2022), Filosofi all’Inferno (2019), Il filosofo pigro (2017).
    Ribaltando un pensiero dominante, secondo il quale «l’ozio è il padre di tutti i vizi», Scrima, da perdigiorno impenitente, sostiene il contrario, ovvero che sia l’ozio il padre di tutte le virtù, su questo trovandosi in buona compagnia, se pensiamo al famoso pamphlet Il diritto all’ozio (1887) di quella testa calda di Paul Lafargue, genero di Karl Marx, o a Balzac che nel riposo individua lo scopo della vita, al pari del pittore Malevič che ribadisce il concetto balzachiano ne L’inattività come verità effettiva dell’uomo (1921).
    È oziando sul divano, filosofeggia argutamente Scrima, che nascono alcune domande fondamentali: perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla? Perché vivo, a che scopo? C’è vita dopo il lavoro?
    Sì, perché, non dimentichiamoci che non esiste solo il lavoro, l’homo oeconomicus, c’è anche il gioco, l’homo ludens. Lo sa bene Johan Huizinga (1872-1945), storico e linguista olandese che pone il gioco, attività libera con finalità proprie, a fondamento di ogni cultura dell’organizzazione sociale. Le occupazioni oziose “da divano” sono un gioco, precisa Scrima, e subito dopo aggiunge a scanso di equivoci: «Anche questo stesso libro è un gioco».
    L’importanza del divano, e di ciò che di speciale vi accade sopra, ha la sua consacrazione nel romanzo libertino Il sofà (1742) del poeta e drammaturgo francese Jolyot de Crébillon (1674-1762). La storia è questa: l’anima del cortigiano Amanzéï, condannata dal dio indù Brahma a soggiornare in una serie di divani, non si reincarnerà in un corpo umano fin quando due amanti, entrambi vergini, non consumeranno la loro passione sul divano “abitato” dallo stesso Amanzéï.
    Stravaccati sul divano, in stato di quiete, è meglio passare il tempo leggendo Crébillon, suggerisce Scrima, invece che abbrutirsi guardando la tv.
    Ogni capitoletto della Filosofia da divano ha un esergo, piccoli camei di frasi tratte dai libri di Charles Bukowski, considerato da Scrima il suo maestro di divaneria ribelle. Frasi come questa: «Solo le persone noiose si annoiano».





Stefano Scrima
Filosofia da divano

il melangolo, pagg. 96, € 10,50


   

 
Domenica - Il Sole 24 Ore
, N. 194, 1 ottobre 2023, p. XVIII.
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