UN IMBROGLIONE, MA CON SPIRITO
All’inizio del secolo scorso, c’è
qualcuno, persino acculturato, che crede possibile fotografare i fantasmi, ovvero
impressionare su una lastra fotografica, grazie a doti soprannaturali, il volto
o anche scritture calligrafiche di persone scomparse, arrivando con ciò a
dimostrare l’immortalità dell’anima, un’impresa che non è proprio una bazzecola. Fra i
sostenitori della «fotografia spiritica o psichica» c’è un grande scrittore, nientepopodimeno
che l’inventore di Sherlock Holmes, uno degli investigatori più amati della
letteratura poliziesca, vale a dire Arthur Conan Doyle (1859-1930) che dal 1902
si fregia del titolo di baronetto. Doyle
è un fervido spiritista; la sua passione per le entità “impalpabili” lo porta a
credere anche nell’esistenza delle fate. È membro ordinario della Society for Psychical
Research il cui scopo è studiare gli eventi e
le capacità comunemente definite “medianiche” o “paranormali”. Non stupisce
perciò che Doyle nutra una forte simpatia per il Crewe Circle, un gruppo di
fotografi spiritualisti con sede a Crewe, città della contea del Cheshire in
Inghilterra. Il gruppo è fondato da un
certo William Hope (1863-1933), un falegname considerato il pioniere della
fotografia spiritica che nel 1905 realizza la sua prima foto che
mostra uno spirito, diventando ben presto famoso nell’ambiente del paranormale. Poi un giorno, esattamente il 4 febbraio 1922, succede
che il parapsicologo Harry Price (1881-1948), un detective specializzato nello
smascheramento d’imbrogli spiritistici, prova che Hope è un truffatore impunito.
Durante un test, Price contrassegna segretamente le lastre fotografiche consegnate
a Hope apponendovi il marchio della Imperial Dry Plate Co. Ltd. All’oscuro della
manomissione, Hope si mette a catturare immagini di spiriti, ma nessuna pellicola
da lui esibita riporta il logo della Imperial Dry Plate, il che dimostra che il
falegname-spiritista ha cambiato il materiale fornitogli da Price con altro preparato
per creare appositamente false immagini di spiriti. Foto spiritica di Vanni Zani, 2022
Per
difendere l’onorabilità (dubbia) di Hope, Doyle scrive The Case for Spirit
Photography, una sorta di instant book stampato a Londra il 14 dicembre
1922 per i tipi di Hutchinson & Co., e che ora fortunatamente esce in
edizione italiana a cura di Alessandro Giammei, assistant professor di
Italianistica e Letteratura comparata al Bryn Mawr College della Pennsylvania. Il
libro è un documento straordinario, almeno per due motivi. Il primo è che contiene
molti esempi di «fotografie spiritiche», foto su sfondo nero in cui figurano, messe
in posa, persone viventi alle cui spalle s’intravedono i volti, sfumati, ma pur
sempre ben riconoscibili, di parenti defunti, quasi sempre racchiusi in una nuvoletta
vaporosa o «intercapedine ectoplasmatica». Il
secondo motivo che rende sorprendente il libro è che la difesa dell’attività
soprannaturale di Hope è condotta da Doyle usando lo stesso metodo scientifico,
fatto di meticolose deduzioni e controdeduzioni, tipico delle indagini di Sherlock
Holmes. Il «razionalismo deduttivo tardoromantico» di Doyle, come lo chiama Giammei,
rende la ricostruzione del «caso della fotografia spiritica» una lettura avvincente,
per quanto alla fine il tentativo di attestare l’innocenza di Hope non si sciolga
in una verità inconfutabile. Alle
accuse infamanti di Price, Doyle contrappone due obiezioni di fondo: 1) le
esposizioni prolungate, al pari di quella effettuata da Hope nel suo test di
«fotografia spiritica», possono far svanire i marchi delle lastre, nel caso in
questione quello dell’Imperial
Dry Plate; 2) le lastre contrassegnate da Price rimangono incustodite per
ventiquattro ore, chiuse dentro un cassetto nella sede della Society for Psychical
Research, così che chiunque avrebbe potuto manipolarle; non è da escludere perciò,
afferma Doyle, che Hope sia rimasto vittima di un complotto, ordito dai suoi nemici
«adusi alla prestidigitazione». Sebbene
i sensitivi non siano esenti dal produrre osservazioni imperfette e spiegazioni
scorrette (lo stesso Hope è dipinto come «un fanatico»), Doyle giudica un
insulto all’intelligenza ravvisare un comportamento truffaldino negli
esperimenti di Hope, specie di fronte alle precise e scrupolose testimonianze (documentate
nella seconda parte del libro) di numerosi personaggi, spiritisti e non, che adducono,
a giudizio di Doyle, schiaccianti prove sull’autenticità del fenomeno delle
«fotografie spiritiche», depurandolo dal sospetto di trucchi e raggiri.
Elementare, Watson! Fotografare
gli spiriti Arthur Conan Doyle a cura di Alessandro Giammei Marsilio, pagg. 183, € 15
Domenica - Il Sole 24 Ore, N. 139, 22 maggio 2022, p. XI.
______________________________________________ Per andare o ritornare al menu delle mie collaborazioni alla Domenica de Il Sole 24 Ore cliccate qui. _________________________________________ HOME PAGE TèCHNE RACCONTI POESIA VISIVA ENCICLOPEDIE BIZZARRE ESERCIZI RICREATIVI NEWS |