LA CITTÀ DEL BELGIO CHE ACCOGLIE I MATTI IN CASA Nella
regione belga delle Fiandre, a pochi chilometri da Anversa, c’è una cittadina,
Geel (o Gheel, che in germanico antico significa giallo), conosciuta come “la città dei pazzi”, per la secolare
accoglienza e integrazione nel tessuto sociale di persone con disagi psichici. Tutto ha origine dal culto di una ragazza irlandese con un nome impronunciabile, Dymphna, Dimpna o Dinfna, che nel VII secolo d.C. sceglie il martirio pur di non cedere alle mire incestuose del padre, re d’Irlanda. La giovane fugge dalla patria, arriva per vie traverse a Geel e qui, scovata dal padre, viene da lui stesso decapitata. Nel 1247 Dinfna è santificata, si erige un santuario a lei dedicato che diventa luogo di pellegrinaggio in cui i parenti portano i malati di mente nella speranza di una guarigione. Nella foto una piazza della città di Geel. Per settecento anni, senza
significative interruzioni, la cittadina fiamminga sviluppa e organizza una
pratica particolare nella storia della psichiatria: l’accoglienza e la tutela
di coloro che non sono in grado di intendere e volere; in altre parole gli
“innocenti”, o simpele, cioè
“semplici di spirito”, come li chiamano a Geel, cioè i malati di mente,
provenienti da paesi limitrofi e anche da altre nazioni, vengono ospitati e
assistiti, dietro pagamento di un contributo statale, presso le famiglie, con
cui instaurano un rapporto affettivo e lavorativo allo stesso tempo. La storia di Geel, “città dei
pazzi”, è raccontata in modo brillante e accurato, in un libro
documentatissimo, prezioso e straordinario, scritto da Renzo Villa, studioso
d’antropologia criminale, di storia della medicina e della psichiatria. A Geel, i “pazzi” non solo vengono impiegati in vari lavori
e in attività di arteterapia, dando vita al primo nucleo di quella che Jean
Dubuffet chiamerà Art brut, ma il
dato più significativo è che gli ospiti sofferenti di disturbi psichici, che si
manifestano a vari livelli (discorsi in lingue babeliche, stravolgimento di
occhi e membra, forza eccezionale, movimenti sguaiati, bestemmie, ecc.), sono
lasciati liberi, non hanno nessun divieto coercitivo o controllo, se non quello
costante dei medici adibiti al monitoraggio del loro stato di salute. L’ospite, o il malato affidato, s’integra nella famiglia
che lo accoglie, è considerato “uno di noi”, un compagno divertente, a volte un
formidabile inventore di giochi. A Geel, l’espressione “i nostri figli quando
crescono ci lasciano, lui, l’innocente, rimane con noi per sempre” è piuttosto
comune. A quaranta miglia a
nord di Geel, esiste Etten, paese in cui per un certo periodo ha vissuto
Vincent van Gogh. Sappiamo che il padre Theodorus e il fratello Theo avrebbero
voluto che Vincent soggiornasse a Geel, ma c’era bisogno di un certificato di
malattia mentale per internarlo in quel luogo, ma Vincent si rifiutò di
sottoporsi a ogni visita. La “questione Geel”,
cioè la possibilità di offrire ai malati di mente un’alternativa agli asili
chiusi sviluppando l’assistenza familiare sotto controllo medico, ha suscitato,
in epoche diverse, uno scontro vivace fra gli specialisti della cosiddetta
“medicina delle alienazioni mentali”. A fronte di medici entusiasti, convinti estimatori di Geel,
altri sottolineano come l’esperimento della cittadina belga rappresenti
un’esperienza non imitabile, inefficace sul piano terapeutico. Per lo stesso
Franco Basaglia, fautore, com’è noto, della chiusura dei manicomi, Geel è solo
una forma paternalistica di collocamento di cronici, presso famiglie mosse da
ragioni economiche. Il “modello Geel” è riproposto in altre realtà, in Francia,
in Germania e persino in Giappone, nel villaggio di Iwakura, sulle colline
boscose a otto chilometri dal palazzo imperiale di Kyoto. In un documento del 2001,
l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha definito Geel “il più antico
programma di salute mentale della comunità nel mondo occidentale”, un luogo dove
le famiglie affidatarie al momento si occupano di circa 550 pazienti, di cui almeno
la metà ha un lavoro in laboratori protetti. Renzo Villa Geel,
la città dei pazzi. Carocci editore, Roma, 2020, pp. 301, € 31,00
Domenica - Il Sole 24 Ore, N. 153, 6 giugno 2021, p. IX. Per la versione in pdf della pagina della "Domenica - Il Sole 24 ore" cliccate qui.
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