Paolo Albani
RECENSIONE A
Carlo M. Cipolla
ALLEGRO MA NON TROPPO
Bologna, il Mulino, 1988
apparsa su "Economia Politica", Anno VI, 1, aprile 1989, pp. 185-188.
Una storia delle idee bizzarre in economia ancora non è stata
scritta. Ed è lacuna di cui dispiacersi. Anche perché materiale
per compilarla ve ne sarebbe a sufficienza e tale da formare un libro di
godibile lettura. Basti pensare alla teoria dell'"ultima ora" di Nassau
William Senior su cui ironizzò Marx nel primo libro del Das Kapital
oppure a quella, altrettanto stravagante, delle "macchie solari" di Stanley
William Jevons, tanto per citare alcuni fra gli esempi più noti.
In questa ipotetica, oltre che auspicabile, storia delle idee fantasiose
in economia certo dovrebbero figurare quelle sviluppate nel primo dei due
brevi saggi che compongono l'"allegro" pamphiet scritto da Cipolla, saggio
iniziale il cui titolo significativo è: "Il ruolo delle spezie (e
del pepe in particolare) nello sviluppo economico del Medioevo".
Si tratta di una divertente parodia del modo di fare storia sociale
antica. L'autore riannoda i fili di una nuova, plausibile (qui si misura
la sua abilità di scrittore ironico) interpretazione di alcuni avvenimenti
caratterizzanti le vicende che vanno dalla caduta dell'Impero romano all'apice
del "capitalismo medievale". Nel costruire la sua trama narrativa, egli
evidenzia il ruolo di motore della storia giocato durante quell'arco di
tempo dal pepe, oltre che dal vino e dalla lana in quanto principali ingredienti
della prosperità generale.
La storia di quel periodo ci appare allora sotto una luce diversa,
inconsueta. Si apprende, ad esempio, che lo scrupolo che spinse Pietro
l'Eremita, amante dei cibi pepati, a promuovere la sua infelice crociata
per liberare la Terra Santa dall'oppressione musulmana, non fu soltanto
di natura strettamente religiosa. In realtà, con quella spedizione,
egli intendeva riaprire le vie di comunicazione con l'Oriente, rifornire
l'Europa di pepe, forte afrodisiaco divenuto un bene scarso e costoso in
Occidente.
Cipolla sottolinea poi come l'avvio delle crociate determinò,
fra le altre cose, una fase di notevole espansione della metallurgia europea
in conseguenza dell'aumento della domanda di cinture di castità.
Fenomeno testimoniato dalla crescente frequenza del cognome Smith (= fabbro)
in Inghilterra, Schmidt in Germania, Ferrari o Ferrario o Ferrero o Fabbri
in Italia, Favre, Febvre, Lefevre in Francia.
Anche la "Guerra dei Cento Anni" si presta a una chiave di lettura
più disincantata. Nulla ci vieta di credere infatti che a scaternarla
sia stata la disputa nata fra il Re d'Inghilterra e il Re di Francia per
il controllo delle zone viticole francesi, essendo il vino inglese notoriamente
di pessima qualità.
Insomma, senza dilungarci in minuziosi ragguagli che per altro non
restituirebbero il piacere di una scrittura affabile e coinvolgente, già
da queste piccole perle esemplificative, si sarà compreso lo spirito
che pervade la rivisitazione storica operata da Cipolla: un divertissement
che fa il verso alle pieghe del discorso di certa letteratura che privilegia
il campo delle microstorie, di cui Cipolla stesso è insuperabile
maestro.
Nel secondo saggio viene affrontato un tema di grande interesse e attualità,
in tempi come i nostri segnati da rinnovate "debolezze" dell'intelligenza.
Con esso entriamo nel mondo inquietante, misterioso e poco esplorato
della Stupidità.
Dell'insufficiente attenzione dedicata all'argomento ebbe a lamentarsi
a suo tempo perfino José Ortega y Gasset. "Mi sono posto spesso
la domanda seguente: Com'è possibile - dato che il contatto, l'urto
con la stupidità deve essere sempre stato per molte persone una
delle pene più tormentose della loro vita - che finora, a quanto
io sappia, non sia mai stato scritto uno studio, un 'Saggio sulla stupidità'?".
In verità, qualcosa sulla pregnanza del concetto di stupidità
è stata scritta e il ricercatore interessato, volendo, oggi dispone
di una preziosa, sebbene minima, bibliografìa. Sia pure limitandosi
alla sola saggistica, a parte gli ormai classici testi di Erasmo da Rotterdam
(Elogio della stoltezza, Milano, Tea, 1988) e di Musil (Discorso
sulla stupidità, Milano, Shakespeare and Company, 1980, ove
si trova citata anche la conferenza Della Stupidità tenuta
nell'anno 1866 da Johann Eduard Erdmann, discepolo di Hegel e professore
all'università di Halle), e le varie notazioni sparse sulla morìa
(vocabolo con cui i greci designavano la "stoltezza") in opere di filosofi
come F. Schiller, S. Kierkegaard, A. Schopenhauer, F. Nietzsche, G. Bataille
ecc., esistono altri saggi sulla materia, fra cui spiccano quello del professor
Horst Geyer (Über die Dummheit; trad. it., Milano, Bompiani,
1957) e quelli sulle virtuose doti della bétise recentemente
pubblicati nella rivista francese Recuel (n. 10, 1988) e nella collana
Le temps de la réflexion delle Edizioni Gallimard di Parigi
(De la bétise et des bètes, IX, 1988).
Tuttavia, data la complessità e l'ampiezza del problema, si
tratta ancora di poca cosa, di schegge frammentarie. Perciò, i cultori
della materia - fra cui l'estensore di questa nota - non possono che salutare
con gioia la pubblicazione di: "Le leggi fondamentali della stupidità
umana", secondo dei saggi contenuti nel libro di Cipolla (e come il precedente
apparso originariamente in inglese negli anni settanta in edizione ristretta
riservata agli amici).
Forte dell'insaziabile propensione alla scoperta di uniformità,
tipica degli economisti, l'autore individua alcune (cinque per l'esattezza)
Leggi Fondamentali riguardanti la stupidità umana.
Definito lo stupido "una persona che causa un danno ad un'altra
persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio
per sé od addirittura subendo una perdita", emerge in sostanza da
queste Leggi una certa sottovalutazione sia del numero di stupidi in circolazione
nel mondo sia della loro pericolosità. Si evince inoltre che la
stupidità è prerogativa indiscriminata di ogni gruppo umano
e fenomeno che si distribuisce uniformemente secondo una proporzione costante.
Purtroppo, Cipolla non porta nessun dato statistico a sostegno delle
sue tesi. Diversamente da A. Bierce che verso il 1865 scriveva nel Dizionario
del Diavolo (Milano, Longanesi, 1985), alla voce stupido: "secondo
le statistiche più attendibili, il numero di adulti Stupidi negli
Stati Uniti è di poco inferiore ai trenta milioni, numero che include
ovviamente anche gli estensori delle suddette statistiche".
Comunque, la mancanza di elementi di quantificazione non pregiudica
affatto il livello analitico assolutamente pregevole della ricerca di Cipolla.
Il limite (serio) delle sue teorizzazioni ci sembra piuttosto quello
d'aver considerato solo un aspetto - negativo, e perciò stesso banale
- della stupidità.
Artista silenziosa come la chiamò Musil, la stupidità
presenta, al contrario, una gamma imprevedibile di potenzialità
creative dissacranti. È, per dirla con Oscar Wilde, "la Bestia
Trionfans che immancabilmente fa uscire la saggezza dalla sua tana".
Insomma non si può dimenticare che esiste anche una stupidità
assennata, non malvagia ("gli stupidi non avrebbero inventato le bombe
atomiche né la polvere da sparo"), una stupidità capace di
trasformarsi in arma critica rivolta contro la falsa saggezza dei potenti
e di lasciarsi usare da figure d'antieroi quali Don Chisciotte, Bouvard
e Pécuchet, il buon soldato Švejk ecc., o da movimenti d'avanguardia
come Dada.
Ed è proprio con questo tipo positivo di stupidità che
ognuno di noi deve fare i conti, in modo intelligente.
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