CSPI
Centro Studi Patologie Inapparenti

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La psicologia cacopedica

L'idea di una Psicologia Cacopedica muove dal progetto della Cacopedia, disciplina nata nelle pizzerie di Bologna agli inizi degli anni Ottanta, per opera di un divertito gruppo di studiosi capitanato da Umberto Eco. «La Cacopedia doveva configurarsi come una summa negativa del sapere ovvero come una summa del sapere negativo». Partendo da un titolo che rappresentasse possibilmente un rovesciamento simmetrico di una voce dell’enciclopedia normale, si prefiggeva di dedurre paralogisticamente conclusioni sbagliate, oppure da una premessa sbagliata dedurre sillogisticamente conclusioni inoppugnabili. L'operazione doveva servire, ricattatoriamente e terroristicamente, a prevenire almeno per i successivi dieci anni sviluppi scientifici che si volessero seri, ovvero impedire che qualcuno svolgesse effettivamente un tema cacopedico proponendolo come attendibile (Umberto Eco, Il secondo diario minimo, Bompiani, Milano 1992). Di fatto successe che quell'enciclopedia seria da cui partire per l'elaborazione di una voce cacopedica, non contemplasse ambiti come la psicoanalisi e la sociologia della cultura, «perché tutto era già stato fatto sul serio». In verità, chi avesse seguito anche soltanto negli ultimi dieci anni l'evoluzione delle «scienze psicologiche», si accorgerebbe oggi di quanto lavoro cacopedico ormai infattibile sia andato perduto, peraltro con la compiacenza, in quel settore specifico della psicologia rappresentato dalla clinica, di tutti quelli specialisti della mente che con idee cacopediche in testa ormai assorbite per serie, hanno fatto e fanno tuttora la propria fortuna professionale. Così la psicologia versa oggi in uno stato cacopedico preoccupante, da rendere senz'altro urgente l’esercizio cacopedico in regress, tale per cui i cacopedisti odierni come già quelli della vecchia generazione, oltre a scrivere nuove voci della loro enciclopedia, debbono preoccuparsi di smascherare quelle già esistenti ma celate dietro la formula della scientificità; nondimeno, vale pure che costoro, consapevoli dell'esperienza cacopedica ormai perduta, inizino a realizzare adesso nuovi lavori cacopedici secondo lo spirito originario, quello di mettere in scacco le nuove idee balzane presentate come serie, quando arrivassero.
L'esperienza della Psicologia Cacopedica nasce nel 2006 con la costituzione del Centro Studi Patologie Inapparenti (CSPI), durante un pomeriggio domenicale in cui chi scrive, con la compagnia di Patrizia Barchi, che diverrà successivamente la segretaria del CSPI, decise da far qualcosa per contrastare uno specifico problema che alligna nella psicologia, o meglio nella nosografia psichiatrica, cioè l'espansione delle categorie diagnostiche utilizzate dagli psichiatri per designare il disagio mentale; basti ricordare che nel 1880 esistevano soltanto sette categorie psicopatologiche (mania, melanconia, monomania, paresi, demenza, dipsomania, epilessia) contro le trecento attuali. Di fronte a tanta volontà classificatoria - che certamente paga: le case farmaceutiche, gli psicologi, gli psichiatri, gli psicoanalisti - venne da domandarsi se non fosse possibile l’elaborazione di nuove etichette diagnostiche da attribuire (per scherzo) a taluni «pazienti» prima che la medicina ufficiale potesse farlo sul serio e con intenti non semplicemente propagandistici [...].


Il testo è tratto da Psicologia cacopedica, divertissement, citazioni, cultura cacopedica, 3, febbraio 2008, p. 3.

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