Paolo Albani
LA BIBLIOTECA NASCOSTA
DI SIR THOMAS BROWNE


 

            1. Fra gli esempi più interessanti di cataloghi fantastici, per altro sfuggiti all’occhio attento di Gustave Brunet, uno degli studiosi più autorevoli del secolo XIX nel campo delle «biblioteche immaginarie» (1), il Musaeum Clausum, or Bibliotheca Abscondita: Containing Some remarkable Books, Antiquities, Pictures and Rarities of several kinds, scarce or never seen by any man now living del medico e scrittore inglese Thomas Browne (1605-1682) esce postumo nel 1684 a Londra presso l’editore Charles Mearne (2).

            Il catalogo redatto da Browne si apre con una premessa al lettore in cui il Musaeum Clausum viene accomunato a altri gabinetti naturalistici e di oggetti d’arte, molto diffusi a quei tempi, come quelli di Ulisse Aldrovandi, di Francesco Calceolari, di Lodovico Moscardo, di Ole Worm o come la Casa Abbellita a Loreto, il Tesoro di Saint Denis custodito dal vescovo Suger, la Collezione del Duca di Toscana e di quello di Sassonia e gli Archivi Rudolfini a Praga e Vienna.

            Il catalogo comprende 20 titoli in tutto, fra cui il poema Ab pudet & scripsi Getico sermone Libellum di Ovidio Nasone, scritto in lingua getica durante il suo esilio a Tomi: avvolto in una tela cerata, il poema è stato ritrovato sul confine ungherese a Sabaria, là dove, secondo la tradizione, Ovidio sarebbe morto mentre rientrava dal suo esilio sul Mar Nero; un frammento del testo redatto dal navigatore Pitea di Marsiglia e citato dal geografo greco Strabone in cui si racconta che nell’estremo Nord, al di là di Thule, l’aria è cosi vischiosa da ricordare il corpo gelatinoso delle meduse e dei polmoni di mare (particolari specie di medusa) e così concentrata da togliere il respiro; un erbario sottomarino dove sono descritte piante trovate in rocce, colline, valli, prati sul fondo del mare; l’Oneirocritica del re Mitridate; i lavori di Confucio tradotti in spagnolo. Nella terza sezione, dedicata alle «Antiquities and Rarities of several sorts», Browne registra una serie di curiosa naturalia e artificialia, tipici dei gabinetti di curiosità o wunderkammer, come la miniaturizzazione della battaglia di Alcazar incisa su un uovo di struzzo o quella della Batracomiomachia raffigurata sulla mascella di un luccio; un gioiello ricavato dalla testa di un avvoltoio; una croce tratta dal cranio di una rana; una polvere contro lo scorbuto prodotta facendo essiccare le piante sarmentose del mar dei Sargassi (porzione di Oceano Atlantico compresa fra gli arcipelaghi delle Grandi Antille e le Azzorre, nota per le alghe che vi proliferano); un barattolo di vetro a chiusura ermetica contenente un’essenza ottenuta da sali eterici, così altamente volatile alla luce del giorno che la si può studiare solo durante i mesi invernali o al lume di un carbonchio, o pietra bononiana (Bononia è l'antico nome di Bologna). Vi sono anche molti disegni come quello a matita del grande mercato di Almachera in Arabia che si teneva di notte per sfuggire alla canicola o una serie di schizzi raffiguranti i più spaventosi sistemi di tortura: lo scafismo dei Persiani (il condannato veniva messo dentro il tronco di un albero bucato in cinque punti da cui uscivano la testa, le braccia e le gambe del poveretto che, esposte al sole, erano cosparse di miele e latte per attirare vespe e mosche), il progressivo scorciamento del corpo praticato in Turchia, le feste patibolari dei Traci e la scorticatura della vittima ancora viva a iniziare da un taglio in mezzo alle scapole, descritta nei minimi dettagli da Thomas Minadori (3).

           

            2. La Bibliotheca Abscondita ha avuto grandi estimatori. Ne ha scritto ad esempio Winfried G. Sebald spiegando come il catalogo, «un tesoro di pura immaginazione», sia stato rinvenuto in un plico del lascito di Browne contenente una miscellanea di scritti che hanno per oggetto l’orticoltura e il giardinaggio, il cimitero di urne cinerarie nei pressi della città canadese di Brampton, la creazione di colline e montagne artificiali, le piante menzionate dai profeti e dagli evangelisti, l’Islanda, l’antica lingua sassone, i responsi degli oracoli di Delfi, i pesci mangiati dal nostro Redentore, le abitudini degli insetti, la falconeria, un caso di crapula senile e molto altro (4).

            Nella sua “lectio doctoralis” durante il conferimento della laurea Honoris Causa in Lingue e Letterature Moderne il 5 febbraio 2013 nell’aula magna di Palazzo Murena a Perugia, Roberto Calasso racconta di essersi dedicato, quando si trovò a scegliere l’argomento della tesi di laurea, a «Sir Thomas Browne, insieme scienziato e letterato, che annovera fra i suoi scritti l'esile catalogo di una biblioteca immaginaria, dal titolo Musaeum Clausum ovvero Bibliotheca Abscondita: biblioteca così nascosta da poter essere consultata soltanto in sogno» (5).

            Appassionato collezionista di antichità, reperti naturali, monete e curiosa (6), Browne vanta fra i suoi cimeli il corno di un unicorno, vendutogli da Arthur Dee, figlio dell’alchimista John Dee. Molti dei libri (la biblioteca di Browne, una delle più notevoli del tempo, comprende libri di anatomia, alchimia, botanica, astrologia, filosofia, storia, teologia, geologia, teologia) e degli oggetti collezionati dal medico inglese e dal figlio Edward furono acquistati dal presidente della Royal Society Hans Sloane in un’asta del 1711 e in seguito diventarono il nucleo fondante del British Museum.

            Studioso dei sistemi mnemonici, Browne è afflitto - scrive Elisabetta De Toni - dall’idea che in un mondo in costante espansione sia impossibile trovare qualcosa (un cabinet, una biblioteca, un sistema di memoria) che includa ogni possibile conoscenza. Con la sua Bibliotheca Abscondita, Browne intende denunciare “la vanità delle vanità”. Che cos’è la collezione? Uno strumento di sopravvivenza alla morte o qualcosa che ci ricorda costantemente la nostra inesorabile fine? La collezione di Browne, frutto della sua fervida immaginazione, svolge il ruolo di un teatro della memoria (7).

 

            3. L’arte di scrivere cataloghi di libri che non esistono, simili a quello composto da Browne, è molto antica. Forse il primo risale al 1590, anno in cui a Strasburgo Johann Fischart (1546 o 1547-1590), soprannominato Mentzer, uno dei poeti più originali nel panorama letterario del tardo Cinquecento tedesco, grande manipolatore di parole e creatore di giochi linguistici, fa stampare dal cognato Bernhard Jobin (che nel 1567 ha sposato la sorella di Fischart, Anna) un volumetto in 8° di 33 pagine non numerate, intitolato Catalogus Catalogorum perpetuo durabilis, catalogo i cui titoli, in latino e tedesco, fanno spesso il verso a titoli di pubblicazioni reali, in primo luogo di letteratura giuridica e teologica, parodiandone lo stile pedante e sussiegoso; alcuni dei libri citati da Fischart sono ripresi dal catalogo della biblioteca dell’abbazia di San Vittore contenuto nel Gargantua e Pantagruele di Rabelais (8).

           

            4. Più in generale il catalogo di Browne rientra in quel curioso genere letterario che tratta di biblioteche immaginarie o pseudobiblia (termine quest’ultimo coniato da Lyon Sprague De Camp in «The Unwritten Classics» apparso sulla The Saturday Review of Literature del 29 marzo 1947) (9) di cui Rabelais, con il già menzionato burlesco catalogo della biblioteca dell’abbazia di San Vittore, è notoriamente il caposcuola.

            Limitando lo sguardo alle più recenti (dal 2010 a oggi) collezioni di libri immaginari uscite in Italia (dunque senza considerare quegli autori che si sono limitati all’invenzione di uno o pochi libri sparsi qua e là in un proprio testo, senza però avere la parvenza della biblioteca) vanno in primo luogo segnalate le meritorie ristampe di due volumi ormai classici per i cultori di questo genere letterario ovvero Vuoto assoluto di Stanisław Lem, un’antologia di quattordici recensioni a libri mai scritti, e La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño, un portentoso falso manuale redatto per descrivere una letteratura che non esiste (10).

            Fra le ultime entrée c’è un libro dello scrittore belga Bernard Quiriny (1978), un testo davvero singolare, fantasioso e pieno di umorismo. Ne La biblioteca di Gould. Una collezione molto particolare (11) sono esibiti libri a dir poco curiosi che Pierre Gould ha diviso in varie sezioni. Di questa inconsueta biblioteca fanno parte: libri superbamente noiosi, sia volontari che involontari, così detti perché trasudano noia a ogni pagina e a ogni riga, come L’uovo di Albert Mégamnaz, milleduecento pagine in cui si contempla un uovo di gallina messo in un portauovo su una scrivania e sostituito ogni due settimane da un uovo fresco delle stesse dimensioni; libri “matrioska” che proprio come le bambole russe contengono più di quanto danno a vedere; libri rinnegati dai propri autori: fra questi un quaderno completamente bianco su cui Gould avrebbe voluto scrivere un proprio romanzo che però, ritenendolo brutto, ha rinnegato in nuce, cioè prima ancora di scriverlo; libri “dress code”, ovvero che, per un inspiegabile procedimento, si possono leggere solo indossando un abito adeguato: ad esempio per leggere Il freddo di Arthur Letrousseux du Longjean bisogna mettersi in ghingheri; libri di cucina con ricette impossibili come ali di lumaca con spinaci saltati a crudo in crosta di nocciole; fondente di cioccolato con crema di quercia da sughero; carpaccio di trota al burro saltato con vinaigrette al miele di tartaruga; ecc.; libri che si correggono da soli, senza bisogno di intervento umano: assecondando la tendenza alla perfezione di Alfred Benders, il suo romanzo psicologico Oltraggio alla morale si è sbarazzato da solo di centinaia di parole inutili, continuando a dimagrire verso il suo peso forma; libri che hanno salvato delle vite: nel 1900 Vincent Marceau, affetto da una malattia rara, scopre un trattatello anonimo pubblicato a Parigi nel 1701, Discorso sopra un orribile morbo e sui suoi rimedi, che descrive una malattia simile alla sua e spiega che si può curarla con un complicato decotto a base di piante rare; Marceau prepara il beverone e piano piano guarisce; libri assassini: la maggior parte delle vittime di questi libri sono gli autori stessi: in questa sezione c’è anche il primo romanzo (vero) di Enrique Vila-Matas L’assassina letterata dove un libro uccide i suoi lettori (12); e ancora “libri pila” in quanto contenenti energia, scritti da autori che hanno messo tanto ardore nella scrittura e vi si sono dedicati con tanta energia che l’hanno trasferita nei loro libri; “libri tombe”, creati da autori che li hanno scritti chiusi in una stanza senza mai uscirne; in seguito i libri hanno continuato a scriversi da soli e i loro autori vi sono caduti dentro; e alla fine “libri sileni”, cioè libri da nulla, romanzetti mal confezionati, baggianate di ogni specie, senza valore, ma che racchiudono piccoli tesori come dieci righe sublimi, un paragrafo memorabile, un dialogo spassoso o una battuta esilarante; il termine “sileni” è ripreso da Rabelais che chiama così le scatolette decorate che si vedevano un tempo nelle botteghe degli speziali: all’esterno erano dipinte con figure allegre e scherzose che inducevano la gente a credere che anche il loro contenuto fosse ameno e banale, invece quando le si apriva si restava sorpresi scoprendovi ingredienti rari, pietre preziose e altri prodotti di grande valore (13).

            Un altro insolito catalogo di libri inventati uscito di recente è Il libro dei libri di Luca Giorgi, pubblicitario di professione, dove sono raccolte ottanta recensioni di volumi “introvabili”, definiti «emblematici capolavori ancora sconosciuti», per ciascuno dei quali si riportano copertina, rassegna stampa, note biografiche e foto dell’autore. I titoli sono volutamente (e forse un po’ troppo furbescamente) ironici: Sado-maso per timidi; Zozzo, romanzo grammaticalmente scorretto; Curarsi con il letame; Venti posti nel mondo dove andare a soffrire; È stato Morris, primo giallo in cui il colpevole è già in copertina (14).

            Un’ultima segnalazione riguarda l’Enciclopedia degli scrittori inesistenti, a firma di un autore chiamato Homo Scrivens (pseudonimo dietro il quale si cela un laboratorio di scrittura), uscita a Napoli nel 2009: si tratta di oltre 250 schede (diventate circa 500 in un aggiornamento del 2012) compilate da una folta squadra di collaboratori e riferite a scrittori, con tanto di data e luogo di nascita e morte, movimenti, generi, riviste e premi letterari di cui non c’è traccia in nessuna biblioteca del mondo (15). Si va dal poeta finlandese Aabaco Hilic Abel Herman fino al poeta, mistico e enologo brasiliano Zuvel Alves de Almeida Glauco Bernardino. Nella prefazione Aldo Putignano, uno dei curatori del libro, avverte il lettore (qualora si fosse distratto) che sta per sfogliare un’enciclopedia in cui tutto è falso: falsi gli scrittori come pure false sono le loro opere, in omaggio alla «nobile causa della Scrittura Inesistente», vagheggiamento che in un certo qual modo fa venire in mente l’auspicio formulato da Manganelli di elaborare una Teoria del non-scrivere o di redigere un libro sui Princìpi finali della letteratura inesistente (16).

 

            5. Che senso ha (sempre che ve ne sia uno) scrivere cataloghi di libri che non esistono come hanno fatto Browne e molti altri scrittori più di cinquecento anni dopo lui? Domanda forse un tantino ingenua e oziosa di cui potremmo sbarazzarci ribadendo che la letteratura in quanto tale, e quindi anche quella che parla di libri immaginari, è fragorosamente e positivamente inutile (17).

            Ma a parte il divertimento nell’inventarsi, come ha fatto Rabelais, libri dai titoli affascinanti: Il Culo spelato delle vedove, Il Pissi-pissi dei Padri Celestini o De modo cacandi, e a parte il fatto che molti di questi libri inventati «sarebbero stati meglio di tanti altri esistenti o esistiti» (18), e ancora a parte il fatto inconfutabile che un libro perché esista, basta che sia possibile (19), non sarebbe del tutto improprio e azzardato includere i libri immaginari fra quelli che Italo Calvino, rivolto al lettore del suo ultimo romanzo, elenca perecchianamente nella tipologia dei libri non ancora letti, e più esattamente fra i libri che uno ha sempre fatto finta di aver letto mentre sarebbe ora si decidesse a leggere davvero (20).

 

Note

 

(1) Gustave Brunet, Essai sur les bibliothèques imaginaires, Imprimerie de Ch. Lahure et Cie, Paris, 1851.

(2) Ora in The Works of Sir Thomas Browne, a cura di Geoffrey Keynes, 6 voll., Faber & Faber, London, 1928-1931. Fra i tanti che l’hanno celebrato c’è uno scrittore molto sensibile alle bibliografie fantasiose come Jorge Luis Borges: «Sir Thomas Browne», in Inquisizioni, a cura di Antonio Melis, trad. di Lucia Lorenzini, Adelphi, Milano, 2001, pp. 31-37.

(3) Questa esposizione della Bibliotheca Abscondita di Browne è in gran parte tratta da Winfried G. Sebald, Gli anelli di Saturno, trad. di Ada Vigliani, Adelphi, Milano, 2010, pp. 281-284.

(4) Winfried G. Sebald, op. cit., p. 281.

(5) Nel febbraio 1966 Calasso si è laureato in Letteratura inglese all’Università La Sapienza di Roma con Mario Praz, correlatore Sergio Donadoni, discutendo una tesi su I geroglifici di Sir Thomas Browne, pubblicata nel 2010 in Messico presso Sexto Piso e Fondo de cultura económica. Nel 2008, presso Adelphi, i primi due capitoli della tesi di Calasso sono apparsi come introduzione a Religio Medici di Thomas Browne («Fisiognomica di Sir Thomas Browne», pp. 9-68). Di Praz si veda: «L’investigatore Thomas Browne», in Studi e svaghi inglesi, Sansoni, Firenze, 1937, pp. 3-26.

(6) Lo scrittore inglese John Evelyn (1620-1706) ha definito, dopo averlo visitato, il museo raccolto da Browne nella sua casa: «A Paradise and cabinet of rarities» (John Evelyn, The Diary, edited by Edmond Samuel De Beer, Oxford University press, London, 1959, p. 562).

(7) Elisabetta De Toni, «Congegni della meraviglia novecenteschi: l’immaginario della collezione nella contemporaneità», pubblicato su Prospero’s, rivista on line di cultura e attualità (http://prosperos.unibg.it) in data 17 dicembre 2012. In quest’articolo l’autrice discute delle incisioni dell’artista franco-marocchino Erik Desmazières (1948) realizzate per illustrare il Musaeum Clausum di Browne.

(8) Per una breve storia dei cataloghi di libri inesistenti mi permetto di rimandare al mio «I cataloghi a stampa di libri immaginari», L’oggetto libro, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano, 2001, pp. 200-215.

(9) Ristampato in Giuseppe Fumagalli e Leo S. Olschki, Biblioteche immaginarie e roghi di libri, a cura di Paolo Albani, Palladino Editore, Campobasso, 2007, pp. 125-149.

(10) Stanisław Lem, Vuoto assoluto, trad. di Valentina Parisi, Voland, Roma, 2010, e Roberto Bolaño, La letteratura nazista in America, trad. di Maria Nicola, Adelphi, Milano, 2013. Nel 2012 è uscito sempre da Adelphi, tradotto da Barbara Bertoni, un altro libro di Bolaño, Stella distante, che prende l’avvio proprio da La letteratura nazista in America.

(11) Bernard Quiriny, La biblioteca di Gould. Una collezione molto particolare, trad. di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, L’orma editore, Roma, 2013. Quiriny non parla solo della collezione di libri che Pierre Gould ha messo insieme; racconta anche molte altre storie bizzarre, come quella dello scrittore Robert Martelain che, dopo un grave incidente automobilistico, diventa letteralmente incapace di serbare memoria delle proprie opere per più di una giornata o quella di una vecchia macchina da scrivere programmata per stendere capolavori.

(12) Enrique Vila-Matas, L’assassina letterata, trad. di Danilo Manera e Elisabetta Pagani, Voland, Roma, 2004.

(13) François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, trad. di Mario Bonfantini, vol. I, Einaudi, Torino, 1983, p. 7.

(14) Luca Giorgi, Il libro dei libri, Mattioli 1885, Fidenza (Parma), 2011.

(15) Homo Scrivens, Enciclopedia degli scrittori inesistenti, a cura di Giancarlo Marino e Aldo Putignano, Boopen LED, Napoli, 2009 e Homo Scrivens, Napoli, 2012.

(16) Giorgio Manganelli, «La riga bianca», in Il rumore sottile della prosa, Adelphi, Milano, 1994, pp. 26-30. In «Apologo sul destino della letteratura» Manganelli si definisce autore di nonscritti, nonlibri, noninediti (ibidem, p. 48).

(17) Sul concetto d’inutilità si veda il libro di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani, Milano, 2013.

(18) Umberto Eco, «Libri distrutti e reinventati», L’Espresso, 17 maggio 2007, p. 250.

(19) Jorge Luis Borges, «La biblioteca di Babele», in Finzioni, Einaudi, Torino, 1995, pp. 69-78, alla nota 1 di p. 76.

(20) Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Einaudi, Torino, 1979. La lista completa stilata da Calvino a proposito dei libri non letti è questa: Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere; Libri Fatti Per Altri Usi Che La Lettura; Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’Essere Stato Scritto; Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono; Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri; Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo; Libri Idem Come Sopra Quando Verranno Ristampati Nei Tascabili; Libri Che Potresti Domandare A Qualcuno Se Te Li Presta; Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque È Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu; Libri Che Da Tanto Tempo Hai In Programma Di Leggere; Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli; Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento; Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza; Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest’estate; Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale; Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile; Libri Letti Tanto Tempo Fa Che Sarebbe Ora Di Rileggerli.


Fonte: Cantieri, 26, ottobre-novembre 2013, pp. 32-37.


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