Paolo
Albani
Postfazione
al libro
ViaRegia in fase REM
di
Antonino Bove
Pezzini Editore, Viareggio,
2005, pp. 43-44.
In copertina una foto tratta dal libro di Bove:
Salvador Dalí funambolo
fra il Select Hotel e l'Excelsior di Viareggio
(1927).
Una fotografia vale
più di cento pagine, ha detto
Benjamin.
Anche le seducenti fotografie in bianco e nero di Antonino Bove,
narrazioni di un vissuto (potenziale) riportato felicemente alla luce,
valgono molte pagine. Sono fotografie di un archivio prezioso, dove si
respira l'aria di una Viareggio magica, inconsueta, una Viareggio da
ri-scoprire,
racchiusa in un'atmosfera dal sapore vagamente fin du siècle,
animata da figure storiche in posa davanti all'obiettivo della macchina
fotografica o impegnate in eventi bizzarri (come il funambolesco
Dalí
che cammina su un filo sospeso nel vuoto tra le sommità di due
palazzi),
volti noti del mondo artistico che vanno a comporre un'affascinante e
irripetibile
foto di gruppo, un cortocircuito di frammenti storici e visivi, un
accostamento
all'apparenza stravagante che certo non sarebbe dispiaciuto al conte
del
Mal d'aurora.
Di fronte alla visione di un Erik Satie che gioca a golf con
gli amici nella piazza del mercato di Viareggio o a quella di un Henri
Matisse intento a tracciare schizzi della passeggiata, maliziosamente
(ingenuamente)
ci si potrebbe domandare, titubanti: «L'immagine sarà
vera?»
Interrogativo nutriente, e allo stesso tempo incauto,
però.
Nutriente perché in fondo è di dubbi, incertezze,
perplessità che si alimenta il fantastico che, citando Todorov,
«dura soltanto il tempo di un'esitazione», e proprio in
quell'attimo
d'indecisione, irto di pericoli e sul punto di svanire in qualsiasi
momento,
trova motivo di distinguersi dallo strano e dal meraviglioso.
Incauto perché ci siamo fatti accorti, spettatori
disincantati
e ormai da tempo sappiamo bene che gli artisti - i poeti in particolare
- sono dei «fingitori» (Il poeta è un fingitore.
/ Finge così completamente / che arriva a fingere che è
dolore
/ il dolore che davvero sente, scrive Pessoa). La letteratura
stessa
è menzogna, un artificio, un artefatto di incerta e ironicamente
fatale destinazione che inventa universi e finge con le sue
proposizioni
«prive di senso», le affermazioni «non
verificabili»,
inesauribili cerimonie, possiede e governa il nulla (Giorgio
Manganelli).
E allora, perché non affidarsi allo straordinario catalogo
delle fotografie di Antonino Bove? Perché non lasciarsi
trasportare
nel mondo oniricamente verosimile della sua ViaRegia?
Del resto, Antonino Bove su questo versante è un
artista-ricercatore
attento, scrupoloso, imprevedibile, un sognatore che ispira fiducia, al
punto che nel marzo 1973 ha fondato la Società degli
Onironauti,
laboratorio internazionale per la materializzazione dei sogni, il cui
scopo
principale è favorire la promozione e la creazione
dell’attività
onirica (il sogno in quanto energia cerebrale e mentale è dotato
di massa), divulgare la conoscenza dell’universo dei sogni, agevolare
l’esplorazione
delle facoltà e dei poteri dei sognatori, oltre che l’analisi
scientifica
dei materiali onirici (oniroplasmi) e l’accertamento della
natura
ed entità delle creature oniriche materializzate.
A guardarle bene, le fotografie di Antonino Bove somigliano a
dei sogni materializzati. E proprio in questo, forse, risiede la loro
bellezza
e la loro reale forza persuasiva.
* * *
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