Paolo Albani
UN NUOVO RAMO 

DELLA ZOOLOGIA PARALLELA



Negli annali di storia della scienza il 1984 è ricordato, fra le altre cose, per una curiosa scoperta. All’epoca esce un libro di Stefano Benni, corredato di molte illustrazioni. I professori Achilles Kunbertus e Stephen Lupus dell’Università di Edimburgo, perlustrando le selve tropicali di Stranalandia, l’isola su cui sono naufragati, un vero laboratorio della fantasia della natura dove nulla somiglia a ciò che è stato fino ad ora classificato nella zoologia, nella botanica, nella biologia e nella chimica tradizionale, incontrano molti strani animali, che registrano nel loro diario. Fra questi il Leometra, un incrocio tra un leone e un geometra, feroce predatore che attacca tutti gli altri animali, non per mangiarli, bensì per misurarli; il Cantango, un cane ballerino di tango; il Cockruth, un cocker gigantesco, con folto pelo e zanne da mammuth; la Bancaruga, un tipo di tartaruga che registra debiti, crediti e affari, proprio come una banca, e poi ancora due bizzarri felini: il Gattacielo, bellissimo gatto dal lungo collo, e il Pappagatto, animale dai colori vivacissimi che ricorda un po’ il pappagallo e un po’ il gatto.
Dopo qualche tempo, corre l’anno 1992, sulla rubrica di un noto settimanale italiano appaiono per la prima volta i «finneghismi» di Umberto Eco. Il nome di questi esercizi deriva da Finnegans wake [La veglia di Finnegan] (1939), un libro di James Joyce disseminato di giochi di parole («puns»), dal suo stesso autore definito un «Meandertale», racconto a meandri, labirintico, risalente agli inizi della razza umana, e cioè ai tempi dell’Uomo di Neanderthal. I «finneghismi» sono parole composte accompagnate da una definizione plausibile e divertente. Alcuni di essi si riferiscono ad animali fantastici come il Colibrie, piccolo uccello che si nutre solo di formaggio francese; il Cetaccio, balena che sprizza getti d’acqua da tutti i buchi procuratigli dagli arpioni; il Pipistrullo, topo volante di Alberobello; il Rubicondor, rapace che gode di ottima salute; il Griffone, rapace firmato; la Tartarucola, rettile ghiotto di erbe aromatiche; il Kamaleonte, piccolo rettile esperto di arti amatorie; il Cannarino, piccolo uccello dedito all’uso di droghe leggere; il Bramantide, insetto che corrode le facciate dei templi rinascimentali; la Velocìta, scimmia rapidissima amica di Tarzan.
E così, svoltando verso il terzo millennio, arriviamo ad oggi, ovvero al bestiario immaginario di Gianni Zauli, ampio e godibilissimo strumento di ricognizione surreale in ambito zoologico. Un vero e proprio repertorio di animali insoliti, con particolari qualità che li rendono più umani e simpatici di quelli inventariati dagli zoologi di professione. Qui, in uno spericolato e affascinante incastro di trovate fantasiose, incontriamo farfalle notturne che tagliano e segano rami ed alberi in continuazione (Falegna), camelidi con una sola gobba gelatinosa dal dolce sapore di zucchero caramellato (Crèm Camel) come anche cavalli apprensivi per la propria salute (Ippocondriaco) e piccoli anfibi di color verde olivastro, incapaci di leggere e di scrivere (Ranalfabeta).
Ciò che accomuna le esplorazioni ricordate è, per restare in tema, un’«animalia linguistica», cioè, al di là dell’invenzione strettamente zoologica, il ricorso ad un procedimento combinatorio noto come «parola-valigia», traduzione del termine inglese portemanteau word usato da Lewis Carroll nel capitolo sesto di Attraverso lo Specchio. Una «parola-valigia» (o «parola-macedonia» o «parola-giardiniera») si ottiene saldando la testa di una parola con la coda di un’altra (TOPo + sAZIO = TOPAZIO). 
Del resto, che la tecnica della «parola-valigia» sia un formidabile artificio per nominare fiere inesistenti, non è fenomeno recente, se si pensa che una delle prime creature fantastiche, rinvenuta sulle iscrizioni egizie e babilonesi, bizzarra e aggraziata, simile per forma e dimensioni ad un cammello, ma con la pelle di leopardo, si chiama Camelopardo.
La parentela linguistica con Lewis Carroll rende più saporosa e nutriente la zoologia fantastica di Zauli, con i suoi illustri precedenti. E forse non è azzardato sostenere che questo libro apre una strada inedita alla ricerca scientifica. Una nuova disciplina, o meglio una branca vitale dell’ormai affermata «zoologia parallela», si affaccia dignitosamente all’orizzonte: la zoogiocologia.

Prefazione al libro di Gianni Zauli, Bestiario dell'impiegatto, Russi (Ra), Vaca edizioni, 2001,  pp. 7-9.

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