Carlo Battisti
LA BIBLIOTECA DI BABELE
Venticinque lavori su un racconto di J.L. Borges
Galleria IL GABBIANO arte contemporanea
La Spezia
24 gennaio - 26 febbraio 2009
Catalogo bambinoeditore
Paolo Albani
VARIAZIONI
Le raffinate elaborazioni visive
di Carlo Battisti sul tema borgesiano
della biblioteca di Babele mi hanno fatto venire in mente - sarà
per una mia deformazione culturale - gli esercizi di stile di Queneau,
novantotto riscritture narrative in stili diversi (metafora, sogno,
lettera
ufficiale, comunicato stampa, onomatopee, ecc.) di un banalissimo
episodio
che ha inizio sulla linea S di un autobus, nell’ora di traffico.
Di fatto anche Battisti muove da una «Notazione» di
partenza,
e cioè un foglio 34x34 che racchiude, composto in versione
integrale
usando caratteri piccoli, il racconto La biblioteca di Babele
di
Borges e su tale notazione compie 25 mirabolanti variazioni, mettendo
in
gioco, sul filo di una grafica originale e corroborante, suggestioni,
riferimenti,
allusioni, passaggi contenuti nel testo dello scrittore argentino.
Sembra che Queneau abbia concepito l’idea dei suoi Exercices
ascoltando delle variazioni sinfoniche: e non c’è da stupirsene
perché la «variazione», intesa come modifica degli
aspetti
melodici, ritmici, ecc. senza però alterarne la
riconoscibilità,
è alla base di ogni musica elaborata, dal Canto Gregoriano fino
alla musica di oggi. Al riguardo si pensi, tanto per fare alcuni esempi
famosi, a certi brani musicali di Bach, Boccherini, Mozart, Strawinsky,
Schönberg.
Il processo costruttivo della variazione lo si ritrova anche nelle
arti visive, e qui ci limiteremo a ricordare la serie de Las Meninas
di Picasso, ciclo di dipinti e studi realizzati nel 1957, ispirati al
famoso
quadro di Diego Velázquez.
Le soluzioni geometriche escogitate da Battisti, le permutazioni
ottiche
che ha operato sul corpo (quadrato) del testo borgesiano sono come le
pagine
di un sorprendente libro d’artista che diventano ora una specie di
alveare
con celle esagonali che custodiscono le parole-nettare -
«L’universo
(che altri chiama la Biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e
forse
infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel
mezzo,
bordati di basse ringhiere»: è l’incipit del racconto di
Borges
- ora un intreccio di righe tipografiche o più esplicitamente un
vero e proprio tessuto cartaceo, un arazzo linguistico dove la trama –
è proprio il caso di dirlo – del racconto segue i ghirigori
ripetuti
di un disegno in bianco e nero.
Un altro espediente usato da Battisti – e anche qui, di nuovo, mi
verrebbe
da dire alla maniera di Queneau, pensando a quel meraviglioso
libro-oggetto
intitolato Cent mille milliards de poèmes – è la
riduzione
a striscioline del testo borgesiano, riproposto in monocromatiche
stelline
filanti che sembrano invitare l’osservatore a scoprire cosa si nasconda
dietro il linguaggio (la tentazione di toccarle, di sollevarle, quelle
striscioline, di sbirciarne il rovescio, è forte), e mettono in
evidenza, fisicamente, concretamente, l’idea di una sorta di autonomia,
di mondo a sé che ogni singola riga intrattiene con l’intera
struttura
narrativa.
Striscioline che in alcuni casi si dispongono in percorsi
dall’apparente
fisionomia labirintica.
Ci sono poi le cancellature, le abrasioni, la perdita di comunicazione
efficacemente espressa, fra l’altro, in una pagina costellata di
macchie
nere, vagamente memore di un tachisme letterario, le
dissolvenze;
in altri termini c’è la questione dell’illeggibilità del
mondo, di un mondo che a volte si manifesta in lingue remote,
impenetrabili,
segrete, tema estremamente caro a Borges, esaltato ancor più dal
fatto che gli occhi dello scrittore quasi non possono decifrare
ciò
che scrive.
In un’altra pagina del chimerico, seducente libro di Battisti, una
pagina accartocciata, microspazio di un disordine che va ben oltre i
suoi
confini, si coglie l’eco dell’affermazione borgesiana sulla
«natura
informe e caotica di quasi tutti i libri».
A esplorare nei minimi dettagli le tavole magistralmente costruite
da Battisti intorno alla scrittura borgesiana si resta affascinati
dalla
loro leggerezza geometrica, dalla magia architettonica che la piccola
dimensione,
la forma minuta contribuisce ulteriormente ad amplificare.
Battisti ha inventato un felice esercizio visivo di letteratura
combinatoria,
pervaso da una tensione poetica che appare calamitata verso una non mai
definita perfettibilità, costantemente in divenire, per fortuna
irrisolta, che davvero riempie di gioia il visitatore della sua
Biblioteca.
* * *
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