MARCELLO BARLOCCO, FARMACISTA "QUERULOMANE" E SCRITTORE DA RISCOPRIRE Sul numero 1 del marzo 1964 de «Il
delatore», rivista di belle lettere e storia, diretta da Bernardino Zapponi,
compare il racconto Un’avventura a Genova,
firmato M.B., «una personalità psicopatica a prevalente orientamento
paranoicale e querulomane», spiega una nota redazionale che aggiunge: «È un
racconto che ci ricorda Jarry e il suo straordinario Faustroll». Il
protagonista del racconto è un uomo dall’altezza impressionante, dentatura
d’oro, che ha fatto una scoperta sensazionale: la vita è una carica elettrica
che, fissata e fatta oscillare in un determinato campo magnetico, trasforma il
corpo degli organismi viventi in un’entità non più indispensabile, addirittura
trascurabile. Per dimostrare la sua teoria, il gigante compie una serie di
operazioni incredibili: si conficca un lunghissimo chiodo nel collo senza far
uscire una goccia di sangue; suona il flauto facendo danzare una pelle d’orso;
dialoga con uno scheletro uscito da una grande valigia. Un altro racconto, L’amante delle parabole, appare sul
numero 3 del settembre 1964, sempre de «Il delatore», questa volta firmato per
esteso Marcello Barlocco. L’io narrante è un individuo che un giorno, da uno
spiazzo, raccatta un sasso e lo lancia in mare, affascinato dalla parabola che
quel sasso compie, poi ne lancia altri, fino a quando non ha il braccio
indolenzito. I giorni successivi, sempre attratto dallo spettacolo delle
parabole, lancia dal medesimo spiazzo un gattino privo di un occhio e altri
animali (conigli, caprette, galline), quindi, non ancora soddisfatto, lancia in
mare un giovinetto rapito, una vergine quindicenne e il nipotino Loris di
undici anni. Alla fine, dopo aver lanciato l’anziano padre durante un
plenilunio di primavera, l’uomo lancia se stesso schiantandosi sul tubo di una
fogna a pelo sotto il mare. Come si deduce da questi brevi
riassunti, i racconti di Barlocco sono grotteschi, allucinati, surreali, attraversati
in alcuni punti da una vena di umorismo nero. Esce ora presso la casa editrice
Giometti & Antonello di Macerata Un
negro voleva Iole. Racconti scelti e aforismi inediti (pp. 157, € 22,00),
una raccolta di alcuni fra i più significativi racconti di Barlocco, insieme a
una manciata di aforismi e un’appendice con foto dell’autore e ritagli di
giornali riguardanti la sua vita avventurosa. Chi è Marcello Barlocco? Presentato
nella nota degli editori come un autore che potrebbe evocare Poe, l’espressionismo
tedesco, Kafka o il romanzo dadaista, Barlocco rientra in quella categoria di
scrittori irregolari, non classificabili in un –ismo preciso, «inevitabilmente
trascurati», per certi versi un “mattoide”, nell’accezione studiata da Cesare
Lombroso (una specie intermedia tra vera pazzia e mente sana), tanto cari a
Carlo Dossi. Nel 1950 Barlocco pubblica i Racconti del babbuino (molti dei quali inseriti
nella raccolta edita da Giometti & Antonello, cui va il merito di aver
riscoperto questo bizzarro scrittore, nato a Genova nel 1910 e morto nel 1972,
figlio di un rinomato farmacista e farmacista lui stesso) che hanno una
menzione al Premio Viareggio di quell’anno, e nel 1952 pubblica Veronica, i gaspi e Monsignore, uno
strano romanzo che ha per protagonista un farmacista alcolizzato con una doppia
personalità, tipo Dr. Jekyll e Mr. Hyde, che, in uno dei suoi stati
allucinatori, chiama gaspi (una
parola-valigia: ga-lline + ro-spi) i figli nati dall’accoppiamento di
una gallina, il cui nome è Veronica, lo stesso di una signora bianca nel corpo,
e un grosso rospo che gli ricorda Monsignor Nicola, detto «il viola peloso»,
amante della dissoluta signora. A un certo punto della sua vita,
Barlocco viene accusato di essere un trafficante d’hashish, è arrestato e
finisce nel manicomio criminale di Reggio Emilia dove denuncia, oltre a riti
sacrileghi e omicidi, di essere stato sottoposto a esperimenti di
«imbalsamazione vivente» che gli avrebbero «mineralizzato l’organismo», togliendoli
la voglia di mangiare e di bere e di provare altri stimoli. Secondo Barlocco gli
esperimenti sarebbero opera del medico nazista Martin Bormann che agirebbe
indisturbato all’interno del manicomio di Reggio Emilia. Barlocco è anche autore di testi
teatrali, tre «atti unici» andati perduti, di cui resta una testimonianza nel
romanzo del regista Tonino Conte L’amato
bene (Einaudi 2002). Nel primo di questi atti unici, il protagonista è ancora
una volta un farmacista che inietta il carburo di una lampada, mescolato a
acqua, dentro lo stomaco di galline, che si gonfiano e deflagrano; l’uomo ripete
l’esperimento su altri animali da cortile, compresi un coniglio e un maiale, e
infine su sua madre. Il secondo, Prigionieri
del cinque, racconta di una famiglia di cinque persone ossessionata dal
numero 5. Del terzo testo, scrive Conte, non ricordo assolutamente nulla, ma
doveva essere una grande porcata. Nel maggio 1961 i Tre
atti unici di Barlocco vengono rappresentati da Carmelo Bene al Teatro
Eleonora Duse di Genova, con scarso successo e delusione di Barlocco.
Domenica - Il Sole 24 Ore, 5 aprile 2020, p. V.
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