Paolo Albani
QUANTE STORIE
IN UN PEZZO DI STOFFA

   

   

   
In un aforisma del 26 novembre 1945, Leo Longanesi avanza una proposta: «La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia». Forse il sarcasmo di Longanesi, che vorrebbe quella frase cucita sulla bandiera italiana, non è molto lontano da una rappresentazione realistica dello spirito degli italiani.
    Certo è che il motto longanesiano, per valori etico-politici, si differenzia non poco da quelli più nobili che Dmytro Dubilet, giornalista e scrittore per uno dei più importanti blog ucraini, ricorda nella sua Storia avventurosa delle bandiere del mondo (Utet) dove racconta la nascita e le disavventure, a volte travagliate e funeste, delle bandiere di molti paesi del mondo.




    Con i loro simboli e i loro colori sulla stoffa tremolante al vento, le bandiere incarnano motti significativi, come quello greco Eleftheria i thanatos, «Libertà o morte» (gridato contro il nemico turco), agitando la bandiera composta da una croce bianca in alto a sinistra e da nove strisce bianche e azzurre (nove come le sillabe del motto e come le muse della mitologia greca), oppure quello, famoso, dell’URSS, che recita: «Proletari di tutto il mondo, unitevi!» (poi ridicolizzato, come scrive Dubilet, da una barzelletta in cui il redivivo Karl Marx, in diretta sulla radio sovietica, implora: «Proletari di tutto il mondo, vi prego, scusatemi!»), motto rivoluzionario a suggello di una bandiera rossa, ispirata a quella della Comune di Parigi, con falce e martello in giallo, o il motto «Unità, Pace, Giustizia» riportato sulla bandiera della Guinea equatoriale, sotto sette stelle che sormontano un albero di kapok, dentro tre strisce orizzontali colorate di verde, bianco e rosso e un triangolo laterale di color azzurro.
A proposito della Guinea equatoriale, Dubitel scrive che nel 1973 Francisco Macías Nguema, dittatore sanguinario mentalmente instabile (fa giustiziare numerosi oppositori da soldati vestiti da Babbo Natale), decide di cambiare la bandiera nazionale raffigurando sulla nuova un pollo rosso e nero con una gamba bianca, al di sopra di una spada e di svariati utensili sovrapposti (tra cui un piccone e una zappa).
    Appassionante, anche se abbastanza nota, la storia della bandiera francese, che apre il libro di Dubitel. I suoi colori derivano dai berretti dei rivoluzionari – una coccarda blu e rossa, i colori della città di Parigi – che nel 1796, al grido di «Liberté, égalité, fraternité», presero la Bastiglia. In origine la bandiera francese ha solo due bande colorate, una blu e una rossa (in rappresentanza del “popolo”) tra le quali viene inserita una terza banda bianca (colore della monarchia borbonica). Il significato, spiega Dubitel, è chiaro: il popolo, con il potere di una costituzione, riuscirà a tenere sotto controllo il sovrano.
    Quanto al tricolore italiano, esso appare per la prima volta alla fine del XVIII secolo, quando Napoleone (all’epoca solo un generale) fonda la Repubblica cisalpina come stato satellite della Francia e si limita a sostituire il blu della bandiera francese con il verde delle divise della milizia cittadina di Milano. Sono colori, quelli della bandiera italiana, che rappresentano le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, o forse il verde simboleggia la vegetazione mediterranea, il bianco le Alpi innevate e il rosso la sanguinosa lotta per l’unificazione nazionale, o chissà, data l’importanza della cucina italiana, in un’ulteriore fantasiosa interpretazione, il verde, il bianco e il rosso corrispondono al basilico, alla mozzarella e al pomodoro.
    C’è un capitolo del libro di Dubitel dedicato alle più stravaganti bandiere africane, come quella dell’Uganda, un paese scosso da numerosi colpi di stato militari, la cui bandiera ha al centro una gru (l’animale) coronata di colore grigio con una zampa alzata, simbolo del progresso, mentre quella dell’eSwatini, piccola monarchia nel cuore dell’Africa meridionale, contiene uno scudo bianco e nero con due lance e un bastone da guerra.
    Il libro, un vero e proprio trattato di vessillologia che riproduce a colori le bandiere esaminate, si pone come un valido approfondimento del senso e della logica dietro l’estetica di una specifica bandiera, così da farci scoprire, tramite quel pezzo di stoffa che sventola altero in cima all’asta, informazioni interessanti sulla storia, la geografia e la cultura di un paese. In questa ottica, mi sento di dire onestamente che il motto longanesiano Ho famiglia oggi farebbe la sua bella figura sulla bandiera italiana.



Dmytro Dubilet

Storia avventurosa delle bandiere del mondo
traduzione di Alfredo Goffredi
Utet, pagg. 256, € 29


«Domenica - Il Sole 24 Ore», N. 311,
10 novembre 2024, p. XVIII.


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