Paolo Albani
L'ASSURDITÀ DIFFUSA
Signore e Signori,
il
tema che affronterò in questa conferenza, come avrete letto sull’invito della Fondazione
che ci ospita, è estremamente complicato e scivoloso, ostico per alcuni versi,
ma si presta a riflessioni stimolanti, almeno mi auguro. Ho intitolato la mia conversazione L’ASSURDITÀ DIFFUSA IN UN MONDO ASSURDO
perché non c’è dubbio che tutti noi viviamo in un mondo che non è azzardato
definire assurdo, pieno com’è di fenomeni illogici, irrazionali, e le occasioni
che dimostrano le assurdità che ci circondano e ci condizionano sono ben
rintracciabili ogni giorno che passa, e in ogni dove. Sono assurdità che si manifestano
con una frequenza paurosa, sempre più intensa, a cui è difficile sfuggire e non
vedere. L’ampiezza delle manifestazioni assurde che abbiamo di fronte e con cui
ci scontriamo nel nostro quotidiano si allarga costantemente, senza che abbiamo
la forza morale di contrastarle e qualvolta perfino di riuscire a individuarle
e smascherale. Paradossalmente qualcuno potrebbe contestarmi la liceità
del tema da me scelto e ritenere assurdo il fatto stesso che si parli di
assurdità, mettendo in dubbio che esista la possibilità teorica di discernere
fra ciò che è assurdo e ciò che non lo è. Chi può arrogarsi il diritto di
etichettare come assurdo, insensato, un certo episodio, una certa idea, un
certo comportamento? Da qui la scivolosità dell’argomento che ho intenzione di esaminare, già messa in evidenza all’inizio. A parte il fatto che esiste una lunga tradizione
filosofico-letteraria sull’assurdo (dal latino absŭrdu(m), cioè «dissonante») che va da Parmenide, prodigatosi
nell’evidenziare l’assurdità di certe espressioni linguistiche adoperate
normalmente come sensate, alla mistica ebraica che ritiene le soluzioni
incomprensibili quelle che assurgono al più alto livello della riflessione
umana, dalle filosofie dell’irrazionalismo ontologico che considerano la vita
dell’uomo dominata dal caso e dall’imprevedibilità, e dunque da un’essenza
irrazionale, fino ai romanzi e alle opere teatrali di scrittori come Sartre, Camus,
Ionesco e Beckett, tanto per citarne alcuni, in cui l’assurdo è ritenuto un
dato implicito nell’esistenza umana.
Albert Camus (1913-1960)
«L’assurdo – afferma Arthur Schopenhauer – fa molto
facilmente fortuna nel mondo». Ma non voglio parlarvi del concetto di assurdo per come è
stato trattato storicamente. Come molti di voi immagino sanno, non sono uno
storico delle idee. Al riguardo lasciatemi soltanto citare la tesi di fondo
contenuta in La filosofia dell’assurdo
(1937) di Giuseppe Rensi, filosofo solitario e inattuale per eccellenza: «La
storia non è che lo sforzo per allontanarsi dal presente, perché questo è
sempre assurdo e male». (*) Dunque se mi concedete qualche minuto della vostra
pazienza, vorrei concentrare il mio discorso su un’assurdità particolare, di
una rilevanza per certi versi inquietante; si tratta dell’ASSURDITÀ DI ADDORMENTARSI IN MODO RIPETUTO E COMPULSIVO DAVANTI A UN
TELEVISORE ACCESO. È un fenomeno sempre più frequente nel nostro paese, e non
solo da noi, che dilaga nel tessuto sociale coinvolgendo trasversalmente tutte
le classi, le età e i generi. Per quanto nota, sarà bene ricordare per sommi capi
l’azione assurda in questione che ha un protocollo ormai collaudato e si
articola nelle seguenti modalità: 1. il soggetto-assurdo
(lo chiamo così per convenzione) si siede su un divano, generalmente nel tardo
pomeriggio, ma gli orari possono cambiare da un soggetto-assurdo a un altro, a
seconda delle inclinazioni personali e delle fasce orarie dei lavori svolti; 2. che il divano sia di stoffa o di pelle,
con il poggia piede o senza, con il letto incorporato o ne sia privo, non fa
alcuna differenza: l’importante che sia comodo e confortevole per ciò che il
soggetto-assurdo si presta a compiere; 3. una volta pronto, il soggetto-assurdo
prende il telecomando e accende il televisore posizionato davanti a lui; dopo
di che si spaparanza sul divano, assumendo la posizione più comoda e rilassata
possibile, dato lo spazio disponibile offerto dal divano; in questi frangenti
il soggetto-assurdo è quasi sempre fornito di copertina protettiva; 4. più grande e tecnologico è l’apparecchio
televisivo, e più efficace risulterà l’uso ai fini della realizzazione della
fase di addormentamento; 5. senza troppi convenevoli o ricerche
prolungate, il soggetto-assurdo sceglie un canale qualsiasi, meglio se un film
o una serie televisiva; nei talk show c’è troppa confusione, si urla, si
sbraita, i discorsi si sovrappongono e non si capisce niente (non che
quest’ultima circostanza impressioni più di tanto il soggetto-assurdo, perché capire il meno possibile è un fattore
che aiuta l’intorbidimento celebrale); 6. non appena inizia il programma
selezionato, il soggetto-assurdo entra piano piano, vinto da una forza
irresistibile, in uno stato di assopimento strisciante, di catalessi che, nel
giro di pochi minuti (mediamente 30 o 45), lo porta a dormire di botto,
rilasciando il tipico rumore che si produce quando si russa, un rumore rauco
prodotto nel naso e nella gola, accompagnato in certi casi da fischi e sibili
prolungati. L’ultima azione – quella
dell’addormentarsi con annesso effetto di russamento – avviene a televisore
acceso, e è questo, mi preme sottolineare, il motivo principale ammanta di
assurdità la situazione descritta. Ciò che rende assurdo il nostro soggetto è
che si trova davanti a un televisore funzionante, perfettamente operativo, con
l’audio regolato su un’altezza di buona ricezione, mentre lui, il
soggetto-assurdo, se la dorme beato, tranquillo, non vede e non sente niente di
quello che la televisione sta tramettendo in quel momento. Alcuni soggetti-assurdi, interrogati
su questo loro comportamento improprio (absurd
behavior lo chiamano i ricercatori statunitensi che si sono occupati del
fenomeno), hanno confessato candidamente di aver sviluppato un’attività onirica
durante il sonno vissuto sul divano di fronte a un televisore accesso, in certi
casi raccontando di aver sognato di guardare un film in tv, di cui ricordano
perfettamente la trama, le scene più importanti, i colori della fotografia, le
ambientazioni. La televisione, strumento per
eccellenza della comunicazione umana, nuovo veicolo sociale di informazione e
intrattenimento, si trasforma assurdamente
in altro, assume una funzione che non le è propria, incongrua, vale a dire la
funzione di sonnifero, di surrogato del tranquillante, che stride e contrasta
con il ruolo, educativo e culturale, che la televisione dovrebbe (deve)
assolvere nella società. L’assurdità di addormentarsi davanti
a un televisore, con l’aggravante di essere un televisore acceso, insieme e più
ancora della nevrotica e deleteria pratica dello zapping, cioè del saltellare senza
sosta da un programma all’altro per l’intera serata, è l’ennesima prova di
quella serie di comportamenti irrazionali, contradditori che, come dicevo,
stanno sempre più diffondendosi fra la popolazione a una velocità preoccupante. Esistono valide alternative a questo
comportamento “dissonante” di addormentarsi davanti a un televisore acceso? Non
mi sento di formulare rimedi, che a prima vista potrebbero suonare moralistici
e generici, come il leggere un libro, ascoltare della musica, uscire con gli
amici, farsi una passeggiata, andare al cinema o al teatro, e cose del genere,
al limite, perché no, fissare lo sguardo sul soffitto e fantasticare, ottima
prassi di benefico perdigiornismo. La mia filosofia, se così la si può definire, è che ognuno
– lo sostengo senza pormi nella posizione presuntuosa dell’osservatore
distaccato e con ciò al di sopra degli altri, ben cosciente di quanto
l’attrattiva di un divano, per di più in presenza di un televisore acceso, sia
difficile da contrastare e respingere – è libero di scegliersi le assurdità che
crede più consone e compatibili al proprio modello di vita. Nel concludere, spero che le mie
brevi considerazioni, per quanto frettolose e focalizzate su un aspetto circoscritto,
siano riuscite in qualche modo a suscitare in voi, che avete avuto la bontà di
ascoltarmi, un qualche stimolo alla riflessione seria e costruttiva sulla
problematica dell’ASSURDITÀ DIFFUSA IN UN
MONDO ASSURDO suscettibile – è facile intuirlo – di una serie di ulteriori approfondimenti,
impossibili da affrontare in questa sede per ovvie ragioni di tempo. Grazie per la vostra partecipazione. (Applausi
che risvegliano alcuni partecipanti alla conferenza che si sono appisolati).
(*) Giuseppe Rensi, La
filosofia dell’assurdo, Adelphi, Milano, 1991, p. 121.
maggio 2020 _________________________________________
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